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Medicina Difensiva

Medicina difensiva: cosa significa

Cos’è e quali conseguenze determina la medicina difensiva (attiva e passiva)

Quando si parla di medicina difensiva ci si riferisce alla condotta del medico che, nel prendere decisioni in merito ad un paziente, si preoccupa prima di tutto di evitare il rischio di conseguenze giudiziarie, anteponendo questa finalità rispetto alla tutela della salute del paziente stesso.

La medicina difensiva può essere positiva, o attiva, se il medico eccede nelle prescrizioni, oppure negativa, o passiva, se il medico evita di eseguire una determinata cura o un esame al paziente, o addirittura quando si rifiuta di prenderlo in carico.

Il fenomeno delle cause legali per “malasanità” relative a vicende clinche correlate a una condotta, attiva od omissiva, del medico che abbia agito in ottica difensiva ha vissuto una significativa ascesa, con conseguenze negative su tutti i soggetti coinvolti: operatori sanitari, pazienti e servizio sanitario nazionale. Vediamo nei dettagli cosa sta succedendo.


INDICE SOMMARIO


§ 1. Cos’è la medicina difensiva?

La medicina difensiva, attiva e passiva, è un fenomeno che ha conosciuto una rapida ascesa, parallela all’aumento del contenzioso legale per malpractice medica. In pratica, la medicina difensiva si verifica quando il medico prende decisioni basandosi maggiormente sulle possibili conseguenze giudiziarie piuttosto che sulle effettive necessità del paziente. Dunque, il medico pensa alla propria incolumità giudiziaria prima che all’incolumità fisica del paziente.

In linguaggio medico, talvolta, si preferisce utilizzare l’espressione “medicina dell’osservanza giurisprudenziale”, piuttosto che “medicina difensiva” (in cui sarebbe insita una connotazione di colpevolezza). Ad ogni modo, il medico non si concentra tanto sulle esigenze di diagnosi e cura del paziente, ma fa di tutto per evitare di essere coinvolto in una possibile azione giudiziaria per colpa medica.

Dunque, il timore di conseguenze giudiziarie incide sulla condotta professionale dell’operatore sanitario e la tutela della salute del paziente può passare in secondo piano rispetto alla necessità di mettere in atto una strategia difensiva. Questo accade, per esempio, quando il medico si concentra sulla produzione di abbondante documentazione probatoria in vista di una possibile azione giudiziaria.

E’ chiaro che, così facendo, il medico viene meno al dovere di diligenza: la sua condotta risulta di per sé censurabile, anche se non porta alcuna conseguenza sullo stato di salute del paziente, perciò la medicina difensiva rappresenta comunque un rischio per l’operatore sanitario.

§ 2. Tipologie di medicina difensiva

Il medico può mettere in atto una strategia di tipo difensivo attraverso due atteggiamenti contrapposti.

Medicina difensiva attiva o commissiva

Il medico agisce con la massima cautela, abusando del ricorso a esami o accertamenti, che possono anche essere estranei alla sintomatologia del paziente e, per ciò stesso, inutili e clinicamente superflui.

Difficilmente l’atteggiamento eccessivamente prudente del sanitario porta conseguenze percepibili sullo stato di salute del paziente. Inoltre il paziente si sente rassicurato da un medico che si prende cura di lui in maniera sovrabbondante.

Solo se si hanno conoscenze approfondite in ambito medico si può arrivare a capire che il sanitario sta tenendo una condotta inadeguata, volta cioè a tutelare sé stesso invece del paziente.

Sebbene la medicina difensiva commissiva sia poco palesata, e possa difficilmente sfociare in una causa per malasanità, a livello globale ha conseguenze molto gravi: l’eccesso di premure provoca stress nei pazienti, che tendono ad evitare il più possibile di andare dal medico, quindi non fanno prevenzione. Inoltre, l’eccessivo numero di esami e cure che vengono prescritti hanno pesanti conseguenze sui costi a carico della sanità pubblica, quindi dei cittadini.

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Medicina difensiva passiva o omissiva

Il medico agisce con una condotta omissiva per timore di subire conseguenze giudiziare, quindi evita di prendersi le responsabilità. Il caso tipico è quello in cui un medico rifiuta di fare un intervento ad alto rischio o elude un paziente problematico. Non è necessario arrivare alla condotta limite di rifiutare di prendere in cura un paziente, per parlare di condotta omissiva del medico.

Affinché ci sia colpa medica può essere sufficiente che ci siano state omissioni, inesattezze, incompleti accertamenti medici. Pensiamo ai casi in cui un paziente viene dimesso dal pronto soccorso in maniera repentina e dopo pochi giorni decede. Anche quando il decesso è dovuto a cause completamente diverse, è opportuno intraprendere le opportune verifiche per stabilire se sia ravvisabile un caso di responsabilità professionale del medico.

Le azioni legali per malasanità intraprese in ambito di medicina difensiva omissiva sono, evidentemente, molto più numerose rispetto a quelle intraprese per le ipotesi di medicina difensiva commissiva.

Il panorama quindi è questo: da un lato si assiste alla crescita di azioni legali per condotta omissiva del medico, dall’altro lato la condotta commissiva sta cambiando il rapporto medico-paziente e si ripercuote sul sistema sanitario nazionale (e, in modo particolare, sui costi dell’assistenza).

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§ 3. Quali sono le cause e gli effetti della medicina difensiva?

La medicina difensiva è sia una causa che una conseguenza delle azioni legali per “malasanità”.

Il fenomeno del ricorso in tribunale per errore medico è esploso, ed ha spesso effetti negativi su tutti i soggetti coinvolti:

  • il medico è maggiormente sotto pressione, quindi ricorre alla medicina difensiva;
  • il paziente non riceve le giuste cure e perde fiducia nella sanità. Sono sempre di più le persone che non fanno prevenzione;
  • la società si accolla i costi della malasanità e delle numerose analisi e cure effettuate per eccesso di scrupolo.

Uno dei fattori che ha portato alla crescita del numero di casi di malasanità è indubbiamente correlato alla riduzione degli investimenti e al taglio della spesa sanitaria in Italia. Ciò ha avuto conseguenti e inevitabili effetti peggiorativi sulla qualità del sistema sanitario nazionale: le minori risorse economiche hanno deteriorato le condizioni di lavoro dei sanitari, com’è stato d’altronde messo in risalto anche dall’emergenza Covid.

Allo stress fisiologico del lavoro di medico si aggiunge il timore del sanitario di essere chiamato in causa. Si genera un circolo vizioso di causa-effetto il cui risultato è che la salute del paziente viene talvolta messa in secondo piano. Questo sistema ha pesanti conseguenze sia sul diritto alla salute del paziente, garantito dalla Costituzione, sia sul Servizio Sanitario Nazionale.

§ 4. Facciamo parlare i dati

Da oltre 10 anni si fanno indagini per capire quanto la medicina difensiva influenzi le decisioni dei medici e quanto incida sui costi delle sanità:

  • Circa il 70% dei medici ha messo in atto una strategia di medicina difensiva, almeno una volta nell’arco della carriera.
  • Oggi più del 10% dei medici è coinvolto in una controversia per errore sanitario.
  • Ci sono circa 35.000 nuovi casi di contenzioso per “malasanità” ogni anno.

All’indomani dell’approvazione della legge n. 24/2017, più conosciuta col nome del suo relatore alla Camera Federico Gelli, quest’ultimo la commentava riportando questi dati:

“[…] la medicina difensiva rappresenta circa tra l’11% e il 23% di tutte le prestazioni […]: nel dettaglio i medici dichiarano di prescrivere farmaci (53%), visite specialistiche (73%), esami di laboratorio (71%), esami strumentali (76%) e ricoveri (50%) anche per il timore di ricevere una denuncia da parte dei pazienti (78%). Per quanto riguarda l’impatto economico, la Medicina Difensiva incide sui costi del Servizio Sanitario Nazionale per il 10,5% circa, per una cifra pari a 10 miliardi di euro“.

F. GELLI et alii, La nuova responsabilità sanitaria e la sua assicurazione, Milano, Giuffrè, 2017, pp. 8-9

Una indagine italiana focalizzata sulla pratica della medicina difensiva in Pronto Soccorso ha sostanzialmente confermato questi dati. Sulla base di un questionario compilato da più di mille medici provenienti da tutte le regioni d’Italia, è emerso che uno o più comportamenti difensivi erano stati posti in essere almeno una volta nell’ultimo mese di pratica professionale da più del 50% del campione intervistato.

CONDOTTA DI MEDICINA DIFENSIVAPERCENTUALE
Enfatizzazione di dettagli clinico-anamnestici per difendere la propria diagnosi51,8%
Scelta del ricovero in luogo della gestione ambulatoriale61,2%
Richiesta di un ricovero non necessario63,3%
Richiesta di esami invasivi superflui64,1%
Richiesta di consulenze specialistiche inutili67,3%
Annotazioni non necessarie in cartella clinica72,8%
Richiesta di esami laboratoristici superflui77,7%
Fonte: M. CATINO et alii, La medicina difensiva: una ricerca sul Pronto Soccorso in Italia, in Pratica Medica & Aspetti Legali, 2011, pp. 35-43

I contenziosi per medicina difensiva omissiva, quelli cioè in cui si accusa il medico di non aver fatto qualcosa che andava fatto, sono più numerosi di quelli in cui si chiama in causa il medico perché ha ecceduto nelle terapie o nelle analisi. 

Ma questo è fisiologico: quando si ha una lesione o la morte a seguito di un intervento medico, ci si chiede cosa non è stato fatto per prevenire l’accaduto, non cosa è stato fatto di troppo.

Sta di fatto che tanto la medicina difensiva negativa quanto la medicina difensiva attiva possono avere effetti che ledono il diritto alla salute

§ 5. Come arginare il fenomeno della medicina difensiva

Nel 2017 è stata approvata la legge Gelli per tentare, tra l’altro, di ridurre il fenomeno della medicina difensiva. L’intervento ha avuto l’obiettivo da un lato di alleggerire la responsabilità del sanitario, affinché si senta meno esposto al rischio di esser messo sotto accusa, e dall’altro di garantire una maggior tutela del paziente attraverso, ad esempio, l’isituzione di un fondo per le vittime di malasanità.

Prima della Legge Gelli era intervenuto il decreto Balduzzi, ma questo provvedimento legislativo aveva avuto poco successo.

Azione civile

La legge Gelli, entrata in vigore nel 2017, introduce una responsabilità civile a doppio binario che ha conseguenze sulle azioni che si possono esperire in caso di responsabilità professionale.

La legge distingue la responsabilità medica in base al ruolo svolto dal sanitario:

  1. se il medico è dipendente di una struttura sanitaria, si avrà una responsabilità extracontrattuale;
  2. se il medico interviene come libero professionista, la sua responsabilità sarà contrattuale.

La struttura sanitaria è sempre soggetta a responsabilità contrattuale ed è obbligata ad avere l’assicurazione (salva la facoltà di “auto-assicurarsi”).

Questa biforcazione della responsabilità civile permette al paziente, o ai suoi congiunti, di agire per il risarcimento del danno con diversa azione e diverse regole di giudizio nei confronti di struttura sanitaria, medico e assicurazione. Prima di intraprendere l’azione giudiziaria è obbligatorio utilizzare uno dei mezzi conciliatori previsti dalla stessa legge Gelli (mediazione o ATP). 

La bipartizione della responsabilità, contrattuale per la struttura sanitaria ed extra-contrattuale per il medico dipendente, incide sull’onere della prova e sulla prescrizione. Tuttavia quando si parla di azione civile per malasanità non si può non tener conto degli indirizzi giurisprudenziali.

Di norma, infatti, in ambito di responsabilità sia contrattuale sia extra-contrattuale l’onere della prova del nesso causale fra condotta e danno ricade sul danneggiato. Però, in alcuni casi sono state introdotte vere e proprie presunzioni relative di sussistenza del nesso causale in favore del paziente vittima di malasanità.

E’ il caso, ad esempio, delle prestazioni mediche cd. “routinarie”, oppure anche della mancata o inesatta compilazione della documentazione medica o della cartella clinica. E’ evidente che questi orientamenti giurisprudenziali hanno un ruolo nella genesi del fenomeno “medicina difensiva”.

Azione penale

Le fattispecie penali più spesso coinvolte nei processi per colpa medica sono l’omicidio e le lesioni personali colpose. Tuttavia, nel codice penale mancava una disciplina esplicitamente dedicata alle condizioni di punibilità della condotta sanitaria. Dunque si applicavano le regole generali.

La legge Gelli-Bianco, anche nell’ottica di restringere il ricorso alla medicina difensiva, ha inserito un nuovo articolo nel codice penale, il 590-sexies, che introduce una causa di esclusione della responsabilità penale del medico per morte o lesioni: nel caso di imperizia, se il sanitario ha agito in conformità alle linee guida o, in mancanza di esse, seguendo le buone pratiche clinico-assistenziali, non è penalmente punibile quando versi in colpa lieve.

E’ stata introdotta, quindi, una vera e propria causa di non punibilità: quando il medico sceglie le linee guida corrette per il paziente e le applica, non può andare incontro a una sanzione penale anche se ha commesso un errore esecutivo (purché sia di tenue entità). La posizione del medico, pertanto, risulta decisamente “alleggerita” sul versante penale. Nello stesso tempo, restano garantite le azioni risarcitorie della vittima, che potrà essere soddisfatta dall’azione civile nei confronti della struttura responsabile dell’errore.

Del resto, è un dato di fatto che le sentenze di condanna nei confronti di un operatore sanitario sono piuttosto rare e vengono riservate, dalla giurisprudenza, alle vicende in cui ci sono state violazioni davvero macroscopiche delle leges artis. Del pari, le azioni civili vengono sempre più spesso indirizzate verso le strutture sanitarie, e non contro i singoli medici, quand’anche l’ipotesi di malpractice si fondi su un loro sbaglio.

Questo stato di cose ha giocoforza ridotto il fenomeno della medicina difensiva, che, come abbiamo visto, può avere effetti disastrosi su molti fronti, mettendo in grave pericolo il rispetto del diritto alla salute dei pazienti e comportando un grave dispendio di risorse per il S.S.N. Uno studio legale che si occupa di di malasanità è consapevole di come la pratica della medicina difensiva possa essere pericolosa per la salute dei pazienti. Grazie all’esperienza maturata sul campo, con il supporto del medico legale e dello specialista, si può capire quando ci sono gli estremi per agire in contenzioso.

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