Ultimo Aggiornamento 30 Ottobre 2025
Il blocco intestinale è una condizione medica grave che, se diagnosticata e trattata tempestivamente, può essere risolta con buone probabilità di successo. Tuttavia, un ritardo nell’intervento chirurgico o nella diagnosi del blocco intestinale, può trasformare una situazione gestibile in un’emergenza fatale. In questi casi, se il decesso o il peggioramento delle condizioni del paziente è dovuto a negligenza medica, i familiari hanno il diritto di richiedere un risarcimento per malasanità.
L’avv. Gabriele Chiarini ha recentemente ottenuto un risarcimento di oltre 420.000 euro per i familiari di un paziente deceduto a causa di un blocco intestinale non tempestivamente trattato. Il caso, che analizzeremo in dettaglio, dimostra come il ritardo nell’intervento chirurgico per occlusione intestinale configuri una grave forma di malasanità con diritto al risarcimento integrale del danno.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Cos’è il blocco intestinale: definizione e quadro clinico
- § 2. Ritardo nel trattamento del blocco intestinale: quando diventa malasanità
- § 3. Ritardo nell’intervento chirurgico del blocco intestinale: il caso
- § 4. Ritardo trattamento del blocco intestinale: come dimostrare la responsabilità medica
- § 5. Sicurezza in sanità: il problema del ritardo negli interventi chirurgici e degli errori operatori
§ 1. Cos’è il blocco intestinale: definizione e quadro clinico
Il blocco intestinale, o occlusione intestinale, consiste nell’arresto del normale transito del contenuto attraverso l’intestino. Questa condizione rappresenta una delle emergenze addominali più frequenti, che richiede valutazione e trattamento in regime di urgenza.
§ 1.1 Tipologie di occlusione intestinale
L’occlusione intestinale si distingue in due categorie principali, ciascuna con caratteristiche cliniche specifiche:
- L’occlusione meccanica deriva da un ostacolo fisico al transito intestinale. Le cause più comuni includono le aderenze post-chirurgiche, le ernie incarcerate, i tumori intestinali e il volvolo. La diagnosi richiede generalmente conferma strumentale mediante radiografia dell’addome o TAC, e il trattamento è quasi sempre chirurgico.
- L’ileo paralitico rappresenta invece un arresto funzionale della motilità intestinale, senza presenza di ostacoli meccanici. Si osserva frequentemente nel periodo post-operatorio, in corso di peritonite, o come conseguenza di squilibri elettrolitici. Il suo approccio terapeutico è prevalentemente conservativo, con correzione delle cause sottostanti.
§ 1.2 Manifestazioni cliniche
Il quadro clinico del blocco intestinale presenta caratteristiche progressive. Il dolore addominale, inizialmente di tipo colico nell’occlusione meccanica o diffuso nell’ileo paralitico, costituisce il sintomo d’esordio. Segue la distensione addominale, più marcata nelle occlusioni del tratto distale. Il vomito compare precocemente nelle occlusioni alte, tardivamente in quelle basse, con caratteristiche che evolvono da alimentare a biliare, fino a fecaloide. L’alvo si chiude progressivamente a feci e gas.
Gli esami di laboratorio evidenziano leucocitosi, alterazioni elettrolitiche e, nei casi avanzati, segni di sofferenza d’organo. La diagnostica per immagini, attraverso radiografia diretta dell’addome o TAC con mezzo di contrasto, conferma la diagnosi e orienta il trattamento.
Il riconoscimento tempestivo di questi sintomi è essenziale: un ritardo diagnostico anche di poche ore può fare la differenza tra la vita e la morte.
§ 1.3 Evoluzione e complicanze
L’evoluzione del blocco intestinale dipende dalla tempistica del trattamento e dalla causa sottostante. Nelle prime 24-48 ore, se adeguatamente trattato, il quadro clinico può risolversi completamente, soprattutto nei casi di ileo paralitico o di occlusioni parziali.
Quando il blocco persiste, si innesca una cascata di eventi che può rapidamente precipitare. La distensione intestinale progressiva compromette la vascolarizzazione della parete intestinale, portando all’ischemia. Il tessuto intestinale, privato dell’apporto sanguigno, va incontro a necrosi con rischio concreto di perforazione.
Una volta che si verifica la perforazione, il contenuto intestinale si riversa nella cavità addominale causando peritonite. L’infezione del peritoneo evolve rapidamente in sepsi sistemica, una risposta infiammatoria generalizzata caratterizzata da febbre (o ipotermia), tachicardia, alterazioni dello stato mentale e anomalie della conta leucocitaria. Nei casi più gravi, la sepsi progredisce verso lo shock settico con ipotensione refrattaria e insufficienza multiorgano.
In ambito ospedaliero, particolare attenzione merita la presenza di germi multiresistenti come la Klebsiella Pneumoniae, frequentemente responsabile di infezioni nosocomiali che complicano ulteriormente il quadro clinico.
§ 1.4 Approccio terapeutico standard
Il trattamento del blocco intestinale segue protocolli consolidati che prevedono inizialmente un approccio conservativo: digiuno assoluto, decompressione gastrica mediante sondino naso-gastrico, correzione degli squilibri idro-elettrolitici e attento monitoraggio dei parametri vitali. L’antibioticoterapia viene instaurata quando compaiono segni di sofferenza intestinale o rischio di traslocazione batterica.
L’intervento chirurgico diventa imperativo in presenza di occlusione meccanica completa, segni di sofferenza vascolare intestinale, o fallimento del trattamento conservativo entro 48-72 ore. La tempistica è determinante: ogni ora di ritardo aumenta il rischio di complicanze irreversibili. La procedura chirurgica varia dalla semplice adesiolisi nei casi meno gravi, alla resezione intestinale quando il tessuto è ormai compromesso.
§ 2. Ritardo nel trattamento del blocco intestinale: quando diventa malasanità
La gestione di un blocco intestinale segue protocolli medici ben definiti. Quando questi standard vengono violati per negligenza, imprudenza o imperizia, ci troviamo di fronte a un potenziale caso di responsabilità medica.
Una volta diagnosticato il blocco intestinale, la tempistica dell’intervento diventa cruciale. Le linee guida internazionali raccomandano di eseguire con urgenza l’intervento chirurugico, qualora si riscontrino segni di sofferenza intestinale. Ogni ora di ritardo aumenta esponenzialmente il rischio di necrosi intestinale e perforazione.
Il caso del signor Ottavio, che esamineremo nel dettaglio, è emblematico. Nonostante la TAC avesse evidenziato un quadro occlusivo con necessità di trattamento urgente, l’intervento fu eseguito in ritardo per divergenze tra chirurgo e anestesista, oltre a difficoltà organizzative nel fine settimana. Questo ritardo di quasi un mese si rivelò fatale: quando finalmente si procedette all’intervento, la situazione era ormai irreversibilmente compromessa.
La giurisprudenza è costante nell’affermare che difficoltà organizzative o carenze di personale non possono giustificare il ritardo in interventi urgenti e non differibili. La struttura sanitaria risponde per difetto di organizzazione quando non garantisce la tempestiva esecuzione di interventi salvavita.
§ 2.1 La gestione post-operatoria inadeguata
Anche quando l’intervento chirurgico viene eseguito tempestivamente, una gestione post-operatoria inadeguata può configurare malasanità. Il monitoraggio insufficiente, la mancata identificazione di complicanze precoci, o il trattamento inadeguato delle infezioni post-chirurgiche rappresentano altrettante fonti di responsabilità.
Particolare attenzione merita il problema delle infezioni nosocomiali. Quando un paziente sviluppa un’infezione da germi ospedalieri multiresistenti, come la Klebsiella Pneumoniae nel caso che analizzeremo, sorge il tema della responsabilità della struttura per inadeguate misure di prevenzione e controllo delle infezioni.
§ 3. Ritardo nell’intervento chirurgico del blocco intestinale: il caso
Nel marzo 2018, in un piccolo paese del Nord Italia, il signor Ottavio (nome di fantasia per tutelare la privacy sanitaria), 75 anni, fu colpito da un dolore addominale acuto originato da un laparocele, un’ernia sviluppatasi su una precedente cicatrice chirurgica. Il quadro clinico era grave: un’ansa intestinale si era incarcerata nel sacco erniario, richiedendo un intervento chirurgico d’urgenza.
L’operazione iniziale riuscì tecnicamente, ma il decorso post-operatorio rivelò una complicanza drammatica. L’intestino di Ottavio non riprese la sua normale funzionalità. I valori ematici documentavano uno stato infiammatorio persistente, mentre l’alvo rimaneva chiuso. Una settimana dopo, gli esami strumentali (RX e TAC addome) confermarono ciò che il quadro clinico già suggeriva: un blocco intestinale completo che richiedeva un intervento chirurgico urgente.
§ 3.1 Il ritardo nell’intervento su blocco intestinale: un mese di attesa
A questo punto della vicenda si consuma l’errore medico che costerà la vita al paziente. Nonostante la chiara evidenza diagnostica del blocco intestinale e la necessità di un trattamento chirurgico urgente documentata dagli esami, l’intervento per risolvere il blocco intestinale venne rinviato. Le motivazioni addotte – divergenze tra chirurgo e anestesista, difficoltà organizzative nel fine settimana – non possono in alcun modo giustificare quello che accadde.
Per quasi un mese, Ottavio rimase in attesa dell’intervento necessario a risolvere l’occlusione intestinale. Durante questo periodo, le sue condizioni peggiorarono progressivamente. Si svilupparono gravi infezioni nosocomiali, con isolamento di germi particolarmente aggressivi: Staphylococcus hominis, Bacillus Clausii e soprattutto Klebsiella Pneumoniae carbapenemasi-produttrice, un batterio multiresistente tipicamente ospedaliero.
Quando finalmente, dopo quasi 30 giorni di ritardo, l’intervento venne eseguito, era ormai troppo tardi. Il blocco intestinale non trattato aveva causato danni irreversibili. La necrosi intestinale, la peritonite e la sepsi avevano compromesso ogni possibilità di recupero.
§ 3.2 L’accertamento della responsabilità medica per ritardato intervento
I familiari di Ottavio, assistiti dall’Avv. Gabriele Chiarini e dal suo team di consulenti medico-legali, hanno dimostrato che il decesso era diretta conseguenza del ritardo nel trattamento del blocco intestinale.
L’accertamento tecnico preventivo (ATP) disposto dal Tribunale ai sensi dell’art. 696-bis c.p.c. ha confermato in modo inequivocabile la responsabilità della struttura sanitaria. I consulenti tecnici d’ufficio hanno testualmente affermato:
“[…] qualora il soggetto fosse stato correttamente e tempestivamente trattato, in assenza cioè delle suesposte censure e sempre con la criteriologia civilistica, non sarebbe deceduto. […]”
Il nesso causale tra il ritardo nell’intervento per il blocco intestinale e il decesso risultava quindi pienamente dimostrato secondo il criterio del “più probabile che non”, standard richiesto in sede civile.
§ 3.3 Il risarcimento ottenuto: giustizia per una morte evitabile
Alla luce delle evidenze emerse, la struttura sanitaria e la sua compagnia assicurativa hanno accettato di definire la vertenza in via stragiudiziale. L’accordo transattivo ha previsto un risarcimento complessivo di 422.240 euro, comprensivo di:
- Danno parentale per moglie e figli;
- Interessi e rivalutazione monetaria;
- Spese legali e di consulenza tecnica;
- Rimborso delle spese sostenute.
Questo importo, quantificato secondo le tabelle per il danno da perdita parentale, rappresenta un giusto riconoscimento per una morte che poteva e doveva essere evitata con un tempestivo trattamento del blocco intestinale.
§ 4. Ritardo trattamento del blocco intestinale: come dimostrare la responsabilità medica
Per ottenere il risarcimento per malasanità in caso di blocco intestinale mal gestito, occorre dimostrare che i sanitari hanno violato i protocolli specifici per questa emergenza addominale.
§ 4.1 La documentazione clinica indispensabile
La prima cosa da fare è recuperare tutta la documentazione clinica: cartella clinica completa, referti di esami strumentali (RX, TAC), esami di laboratorio e diario clinico infermieristico.
Particolare attenzione va posta alle annotazioni temporali:
- Timing della diagnosi: quando è stato identificato il blocco (RX, TAC)
- Timing dell’intervento: quando è stato effettivamente operato il paziente
- Evoluzione clinica: deterioramento durante l’attesa
Nel caso di Ottavio, proprio la documentazione clinica ha permesso di dimostrare il gap temporale di quasi un mese tra la diagnosi del blocco intestinale e l’intervento chirurgico, elemento decisivo per l’affermazione della responsabilità.
L’analisi della documentazione deve essere affidata a un medico legale esperto affiancato da uno specialista chirurgo.
§ 4.2 ATP o mediazione: le vie obbligatorie
La Legge Gelli-Bianco impone, prima di avviare una causa, il tentativo obbligatorio di conciliazione attraverso:
- Accertamento Tecnico Preventivo (ATP ex art. 696-bis c.p.c.): un consulente nominato dal giudice valuta il caso nel contraddittorio tra le parti
- Mediazione: procedura più rapida ma senza obbligo di esperimento di una perizia tecnica ufficiale
Nel caso di Ottavio, l’ATP ha permesso di ottenere una valutazione tecnica autorevole che ha confermato la responsabilità per il ritardato trattamento del blocco intestinale, facilitando l’accordo transattivo.
§ 4.3 Quanto spetta di risarcimento per blocco intestinale dovuto a malpractice medica?
Il risarcimento varia enormemente in base all’esito:
- Se il paziente sopravvive ma con danni permanenti (stomia definitiva, sindrome da intestino corto), il risarcimento comprende il danno biologico permanente e temporaneo, il danno morale e le spese future di assistenza.
Se il paziente decede, come Ottavio, i familiari hanno diritto al danno parentale. Nel caso specifico: 422.240 euro liquidati a moglie e figli, quantificati secondo le tabelle giurisprudenziali proprio perché il blocco intestinale poteva essere risolto con un intervento tempestivo.
§ 5. Sicurezza in sanità: il problema del ritardo negli interventi chirurgici e degli errori operatori
Gli errori e i ritardi negli interventi chirurgici rappresentano una delle cause più rilevanti di responsabilità in ambito sanitario. Secondo le stime più recenti, costituiscono la principale tipologia di eventi avversi oggetto di denuncia per malasanità. L’errore chirurgico, inteso come procedura errata o complicanza evitabile connessa a un intervento chirurgico, è coinvolto in circa il 37% dei sinistri, mentre l’area chirurgica nel suo complesso genera oltre il 52% delle richieste di risarcimento danni. Un dato che, purtroppo, si mantiene stabile negli anni.
Ridurre l’incidenza di ritardi e complicanze chirurgiche deve essere una priorità assoluta. È noto che il rischio non potrà mai essere azzerato, ma la gestione del rischio clinico insegna che il primo passo per prevenire un errore è riconoscerlo e discuterlo apertamente, così che il sistema possa imparare dai propri sbagli. Tuttavia, è evidente che un medico difficilmente sarà propenso a segnalare un errore, come un ritardo nell’intervento per blocco intestinale o altra urgenza chirurgica, se teme di essere esposto a un’azione risarcitoria personale.
Come superare questo impasse?
Non certo con un sistema indennitario “no-fault compensation”, incompatibile con il principio fondamentale che garantisce a ogni cittadino la possibilità di ricorrere alla giustizia civile per la tutela dei propri diritti. La soluzione, più realistica e coerente con l’ordinamento, è quella di limitare l’azione diretta del paziente nei confronti del medico del Servizio Sanitario Nazionale, prevedendo che la domanda di risarcimento sia necessariamente proposta solo contro la struttura sanitaria (o la compagnia assicurativa, una volta completata l’attuazione della legge Gelli). È la stessa logica già prevista dall’art. 61 della legge 312/1980 per la responsabilità degli insegnanti statali.
È questo il criterio che seguiamo anche nella nostra pratica professionale. Come nel caso del compianto Ottavio, deceduto per un ritardo fatale nell’intervento chirurgico dovuto a blocco intestinale, in cui nessun operatore sanitario è stato coinvolto direttamente nella vertenza o nella definizione transattiva dei danni.
Hai subito danni per un blocco intestinale non tempestivamente trattato?
Il blocco intestinale è un’emergenza che non ammette ritardi. Se tu o un tuo familiare avete subito gravi conseguenze per una diagnosi tardiva o un intervento rinviato senza giustificazione, potreste avere diritto a un risarcimento sostanziale.
Lo Studio Legale Chiarini ha ottenuto giustizia per numerose vittime di malasanità, come dimostrato dal caso degli oltre 420.000 euro per il blocco intestinale fatale di Ottavio. Offriamo una valutazione preliminare scrupolosa e riservata per verificare la sussistenza di responsabilità medica e determinare l’entità del risarcimento spettante in base alle prove cliniche e ai criteri giurisprudenziali più aggiornati.
Qui puoi visionare l’atto di transazione e quietanza, debitamente oscurato per comprensibili ragioni di riservatezza, relativo a questo caso di decesso per un ritardo nell’intervento chirurgico su blocco intestinale:

