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ATP conciliativo

ATP CONCILIATIVO nel contenzioso per malasanità: quanto è utile?

Responsabilità sanitaria ed ATP: istruzioni per l’uso[*]

L’accertamento tecnico preventivo (ATP) è un istituto previsto dall’art. 696 c.p.c., che permette di risolvere alcune controversie tra le parti in modo più veloce e meno costoso rispetto a un processo ordinario. Serve ad accertare la veridicità di fatti o ad acquisire elementi di prova che sono controversi, senza doverlo fare in modo definitivo attraverso un giudizio di merito.

Esiste un particolare tipo di ATP chiamato “Consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite” (detto anche ATP conciliativo), previsto dall’art. 696 bis c.p.c., che serve ad accertare o quantificare crediti che derivano da un illecito civile o contrattuale. Questo tipo di ATP è molto importante nell’ambito della responsabilità sanitaria. Anzi, è praticamente una scelta obbligata: la legge Gelli (la n. 24 del 2017) ha infatti stabilito che è obbligatorio passare attraverso questa via quando si deve proporre una domanda risarcitoria da medical malpractice, vale a dire danni da errori medici o sanitari.

Ma come funziona esattamente l’ATP conciliativo nell’ambito della responsabilità sanitaria? E cosa possono aspettarsi in concreto i pazienti o familiari delle vittime da questo strumento?

Qui vi forniamo una breve spiegazione di questo istituto, realizzata attraverso la lente di chi difende il danneggiato, che è il nostro lavoro. Per noi l’ATP è (quasi sempre) l’opzione migliore per risolvere le controversie in ambito di responsabilità medica, ma non tutti la vedono allo stesso modo.

[*] Questo articolo rappresenta una breve sintesi, rielaborata in chiave divulgativa, dell’intervento che il nostro Avv. Gabriele Chiarini ha tenuto al convegno organizzato da AMLA (Associazione Medico Legale Ambrosiana) con il patrocinio di SIMLA (Società Italiana di Medicina Legale e delle Assicurazioni), svoltosi a Milano e ed intitolato “ATP Conciliativa: missione possibile? Responsabilità professionale e ATP ai sensi del 696 bis” (per dettagli vedi qui).

La mediazione in responsabilità medica

ATP e Mediazione

Per un approfondimento tecnico focalizzato sulle differenze tra l’istituto dell’ATP e quello della mediazione, vi invitiamo a leggere anche questo articolo che sintetizza il testo dell’intervento che il nostro Avv. Gabriele Chiarini ha tenuto al convegno organizzato da “Istituto Medico Legale“, svoltosi presso la Camera di Commercio di Chieti ed intitolato “La mediazione in responsabilità medica“.


INDICE SOMMARIO


§ 1. L’ATP conciliativo: a cosa serve nell’ambito della responsabilità medica?

L’ATP serve, in concreto ad accertare, dal punto di vista tecnico, se la pretesa del danneggiato (la vittima di un errore medico e/o sanitario) abbia un fondamento.

Ma questo specifico ATP serve soprattutto per trovare una soluzione ottimale per entrambe le parti, senza andare avanti con la causa, in Tribunale. L’ATP ha una funzione, potremmo dire, pacificatrice (passateci il termine) che punta a mitigare quella conflittualità che oggi più che mai è sempre più accesa nel rapporto tra il paziente e il medico (o la struttura sanitaria).

Quindi, in buona sostanza, l’ATP conciliativo nell’ambito della responsabilità sanitaria, serve a:

  • Provare il fondamento della pretesa del danneggiato.
  • Evitare lungaggini tipiche della giustizia ordinaria di merito.
  • Mitigare i conflitti tra pazienti, strutture e professionisti sanitari.

§ 2. Le fasi principali dell’ATP

Ci sono alcune principali “fasi” che ruotano attorno all’ATP ex legge Gelli-Bianco ed alla sua finalità conciliativa.
Beninteso: non sono fasi in senso tecnico e non hanno alcun rilievo processual-civilistico.

Però sono passaggi utili (almeno secondo la nostra esperienza) per spiegare come funziona o dovrebbe funzionare questo strumento. Cioè cosa succede prima di decidere l’ATP, durante l’ATP, e dopo l’ATP, nel caso il tentativo di conciliazione abbia fallito. Queste fasi avvengono:

  • PRIMA” dell’ATP (si va dall’apertura del sinistro e dalla trattativa stragiudiziale, alla proposizione del ricorso, in alternativa alla mediazione, e si arriva fino all’adozione del provvedimento da parte del giudice, con l’eventuale udienza);
  • DURANTE” l’ATP (sono il giuramento e il conferimento dell’incarico; le operazioni peritali; il tentativo di conciliazione e i vari passi attraverso cui si arriva al deposito della relazione peritale);
  • DOPO” l’ATP (sono il giudizio di merito, l’assegnazione al giudice, l’eventuale conversione del rito e la sempre possibile chance di transigere la lite nel corso della causa di merito).

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§ 3. Cosa succede PRIMA dell’ATP

Questa fase, come detto, va dall’apertura del sinistro e dalla trattativa stragiudiziale, alla proposizione del ricorso, in alternativa alla mediazione, e arriva fino all’adozione del provvedimento da parte del giudice, con l’eventuale udienza.

La trattativa stragiudiziale è quella cosa che si dovrebbe fare prima di iniziare qualunque giudizio, e quindi anche un ATP in materia sanitaria.

Il legale del paziente (noi!), dopo aver terminato la sua doverosa istruttoria con il medico legale e lo specialista (o gli specialisti), se ritiene di non dover restituire le carte ai clienti per infondatezza del caso, deve iniziare a gestire questo fascicolo, che ha ad oggetto una richiesta di risarcimento danni da malasanità.

E allora cosa fa? Apre ufficialmente il sinistro, cioè invia una prima comunicazione ai presunti responsabili (il medico o la struttura sanitaria, o entrambi).

Questa prima comunicazione non è un atto di guerra, ma semmai ha come obbiettivo l’instaurarsi di un dialogo che, per quanto acceso, possa essere costruttivo. E che possa aiutare a raggiungere un’ intesa transattiva, che a sua volta permetta di chiudere la vicenda in tempi brevi e con un risarcimento magari un po’ inferiore a quello che i clienti potrebbero auspicare come liquidazione giudiziale, ma con l’indubbio vantaggio della certezza sui tempi e sui valori.

Spesso però questa fase colloquiale si trasforma in un teatro dell’assurdo costruito intorno al tema dell’attesa, con continui rimpalli e rimandi che dilatano i tempi. Se quindi questa fase si conclude con un nulla di fatto, a questo punto il legale predispone il ricorso per ATP. Che, lo ribadiamo, nel caso della responsabilità sanitaria (qualora i precedenti tentativi di interlocuzione abbiano fallito) è un passaggio obbligatorio, come sancito dall’art. 8 della Legge Gelli:

“Chi intende esercitare un’azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell’articolo 696-bis del codice di procedura civile dinanzi al giudice competente.

La presentazione del ricorso di cui al comma 1 costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento. È fatta salva la possibilità di esperire in alternativa il procedimento di mediazione […]”.

(art. 8 legge n. 24/2017)

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§ 4. Cosa succede DURANTE l’ATP

Questa fase va dal giuramento dei CC.TT.UU. (Consulenti Tecnici d’Ufficio) al conferimento dell’incarico ed alle operazioni peritali; al tentativo di conciliazione e a tutti i successivi passi attraverso cui si arriva al deposito della relazione peritale.

Saltiamo la fase del giuramento che qui non ci interessa approfondire, ci limitiamo a dire che prima della COVID-19 era un passaggio lungo e farraginoso, ora le cose vanno meglio e più spedite.

Arriviamo alle operazioni peritali.
Qui noi avvocati facciamo un passo indietro e, salvo eccezioni, lasciamo medici legali e specialisti discutere sugli aspetti tecnici della vicenda clinica.

E finalmente eccoci al tentativo di conciliazione.

I CC.TT.UU possono decidere di procedere in modi diversi:

  • a volte dimenticano di proporre la conciliazione (sic!) saltandola a piè pari (in contrasto con la lettera dell’art. 696 bis c.p.c., che prescrive almeno di farlo, questo tentativo);
  • si limitano a chiedere alle parti se c’è disponibilità alla conciliazione, e qui di solito la controparte (la struttura sanitaria) prende tempo, spesso facendo finire tutto in un nulla di fatto.

C’è poi la terza via, quella in cui i CC.TT.UU. tentano veramente la conciliazione, e fanno una proposta alle parti, il cui contenuto può essere di due tipi:

  • di natura tecnica: propongono alle parti di conciliare sulla base di un’ipotesi ricostruttiva della vicenda clinica, e poi saranno i legali a trattare gli aspetti economici della questione. Qui un esempio di un caso di infezione ospedaliera in cardiochirurgia chiuso con ATP conciliativa e una consulenza di natura prettamente tecnica. In questo caso i CC.TT.UU, dopo aver esaminato i documenti, ascoltato le rispettive posizioni dei CC.TT.PP. (i consulenti tecnici di ciascuna parte), hanno riconosciuto come l’infezione contratta dal paziente durante la degenza fosse causalmente correlata al decesso. Però, nell’ottica della conciliazione, hanno invitato a considerare che il paziente in questione, date le sue comorbilità, avesse un’aspettativa di vita ridotta (cinque anni in meno) rispetto ad un paziente privo di quelle comorbilità.
  • di natura economica: sono gli stessi CC.TT.UU. ad indicare quale debba essere la definizione monetaria del danno. In questo caso, ad esempio, una donna tracheostomizzata è deceduta in seguito a una decannulazione che non avrebbe dovuto essere fatta. Qui il nesso causale era chiaro, e i consulenti hanno proposto di conciliare in base alle tabelle di Milano: un certo numero di giorni di invalidità temporanea totale (con sofferenza di grado elevato) e danno da perdita del rapporto parentale ai congiunti superstiti. Qui la conciliazione è andata bene, ma ci sono stati casi in cui i CC.TT.UU hanno proposto risarcimenti che la controparte non ha accettato e la conciliazione è saltata.

Questo per dire che, nella nostra esperienza, forse sarebbe meglio se i consulenti si limitassero a fare analisi tecniche, lasciando la quantificazione del danno ai legali delle parti.

Infatti, quando gli avvocati, i consulenti tecnici ma anche la controparte lavorano in modo efficiente, si possono portare avanti ATP in modo snello, con un giusto risarcimento per le parti offese. Come ci è successo spesso, ad esempio in questo caso: i famigliari di un uomo, deceduto a causa di un ritardo nell’intervento chirurgico, hanno ottenuto un equo risarcimento (420.0000 euro) con ATP conciliativo, grazie all’autorevole impulso offerto dai CC.TT.UU., all’impegno profuso dalla difesa dei familiari di Ottavio e – va detto – anche all’onesta disponibilità manifestata dalla compagnia assicurativa dell’azienda sanitaria.

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§ 5. Cosa succede DOPO l’ATP

Quando non si concilia, i CC.TT.UU. trasmettono alle parti la cosiddetta “bozza” di relazione (che in realtà è la relazione stessa, seppur in versione – diciamo così – preliminare), rispetto alla quale le parti possono formulare osservazioni (critiche o adesive).

La relazione definitiva di C.T.U. non è altro che la “bozza” preliminare, alla quale si aggiungono le valutazioni che i Consulenti Tecnici d’Ufficio devono fare sulle osservazioni formulate dalle parti. Depositata questa relazione definitiva, l’ATP si può dire concluso.

A questo punto ci si attiva per il giudizio di merito che è bene iniziare entro il termine di 90 giorni di cui all’art. 8, comma 3 legge Gelli, norma che obiettivamente è stata scritta piuttosto male perché il procedimento si può iniziare anche dopo i 90 giorni, non c’è nessuna decadenza se si sfora questo termine, anche se noi comunque tendiamo sempre a rispettarlo, questo termine, quantomeno per il principio di precauzione.

Dunque, si deposita il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. e il procedimento viene assegnato al giudice che ha trattato l’ATP (possibilmente, proprio lo stesso giudice-persona fisica).

Da questo momento, si apre il “procedimento sommario di cognizione” (che con la riforma Cartabia dovrebbe divenire il procedimento “semplificato” di cognizione, anche se c’è un difetto di coordinamento nella normativa). È un istituto introdotto nel 2009 ed è in pratica un rito con un’istruttoria più snella.

Non siamo quindi nell’ambito del rito ordinario, e anche per il giudice l’esito è diverso: il giudizio sommario di cognizione si conclude con un’ordinanza, mentre il giudizio ordinario si conclude con una sentenza. Molti Giudici preferiscono convertire questo procedimento in ordinario, altri invece conservano il rito sommario.

§ 6. Conciliazione: non è mai finita finché non è finita

Ma allora, visto tutto quanto appeno descritto, non è davvero più possibile tentare una conciliazione anche durante il rito ordinario o nel procedimento sommario? Si può fare. E in effetti, le transazioni in sede di merito sono più frequenti di quanto si pensi.

Quando ci si è giocati l’ultima carta istruttoria della richiesta di rinnovazione della Consulenza Tecnica d’Ufficio (C.T.U.), e il Giudice l’ha rigettata, allora per la struttura o per la compagnia è sicuramente preferibile pagare prima, ma cercare di pagare qualcosa in meno.

E visti i tempi di svolgimento di una causa (in alcuni tribunali la sola fissazione dell’udienza di precisazione delle conclusioni fa perdere più di un anno) la transazione in corso di causa è molto appetibile anche per i danneggiati.

Concludiamo con qualche numero, che è sempre utile per tracciare il perimetro di ciò di cui discutiamo.
Secondo i nostri archivi, che usiamo qui per darvi un’idea del fenomeno, ma che di certo da soli non possono essere esaustivi sull’entità dello stesso, sugli ultimi 27 casi, definiti con il riconoscimento di responsabilità, o meglio con un risarcimento:

  • il 7,5% sono stati chiusi in fase stragiudiziale ante causam (cioè prima di tentare mediazione o ATP, in quella primissima fase che segua alla comunicazione di apertura del sinistro);
  • 7,5% chiusi in mediazione;
  • 15% chiusi in ATP;
  • 26% con transazione in sede di merito;
  • Quasi la metà sono andati a sentenza (o a ordinanza).
ATP CONCILIATIVA MISSIONE POSSIBILE (Milano 7 ottobre 2022)

Noi siamo convinti che lo strumento dell’ATP sia fondamentale nell’ambito della responsabilità sanitaria, non solo perché è un obbligo previsto dalla legge, ma perché, quando utilizzato in modo corretto da tutte le parti, può fare la differenza per chi ha subito un danno: risarcimenti equi, tempi certi, e sensazione di aver risolto l’ingiustizia subita.

Del resto, è di duemila anni fa l’insegnamento più autorevole, che invita a mettersi d’accordo con l’avversario, piuttosto che presentarsi davanti al giudice. Come scriveva l’apostolo Matteo nel suo Vangelo, Gesù disse:

«[…] Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!»

[MATTEO 5, 20-26]

Crediamo che, oggi più che mai, valga ancora la pena di metterlo in pratica, questo suggerimento.

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