Ultimo Aggiornamento 14 Maggio 2025
Le infezioni della ferita chirurgica rappresentano una delle complicanze più gravi e frequenti dopo un intervento chirurgico. Queste infezioni, note anche come infezioni del sito chirurgico (ISC), possono manifestarsi con diversa gravità: da forme superficiali che coinvolgono solo la cute, a infezioni profonde che interessano tessuti, organi o materiali impiantati come protesi.
CHIARINI | Studio Legale, con consolidata esperienza in malpractice medica, ha ottenuto un importante risarcimento di 200.000 euro per i familiari di una paziente deceduta a causa di complicanze derivanti da un’infezione post-operatoria in un ospedale lombardo. Questo caso evidenzia come, quando l’infezione è conseguenza di negligenza medica, si possa configurare un caso di malasanità con diritto al risarcimento del danno.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le infezioni del sito chirurgico colpiscono fino a un terzo dei pazienti che subiscono procedure chirurgiche nei paesi a basso e medio reddito, mentre nei paesi ad alto reddito l’incidenza si attesta tra l’1% e il 4%, rappresentando comunque il secondo tipo più frequente di infezione correlata all’assistenza sanitaria.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Cosa sono le infezioni della ferita chirurgica
- § 2. Cause e batteri responsabili delle infezioni post-operatorie
- § 3. Sintomi e diagnosi delle infezioni della ferita chirurgica
- § 4. Fattori di rischio per le infezioni del sito chirurgico
- § 5. Prevenzione delle infezioni post-operatorie
- § 6. Un caso di malasanità per infezione della ferita chirurgica risolto da Studio Chiarini
- § 6.1 La vicenda clinica e l’intervento iniziale
- § 6.2 L’insorgenza dell’infezione della ferita chirurgica
- § 6.3 Il tentativo di revisione chirurgica e l’aggravamento delle condizioni
- § 6.4 La degenza in rianimazione e l’esito infausto
- § 6.5 L’iter legale e il risarcimento ottenuto
- § 6.6 Elementi determinanti per il riconoscimento della responsabilità medica
- § 7. Quando un’infezione post-operatoria configura malasanità
- § 8. Come ottenere risarcimento per infezioni del sito chirurgico
§ 1. Cosa sono le infezioni della ferita chirurgica
Si definisce infezione del sito chirurgico (ISC) un’infezione che si manifesta entro 30 giorni dall’intervento chirurgico, o entro 1 anno in caso di impianto di protesi, nella sede anatomica operata. Le ISC costituiscono una delle complicanze più ricorrenti in ambito chirurgico e possono compromettere gravemente il processo di guarigione, prolungare il recupero post-operatorio e, nei casi più severi, mettere a rischio la vita del paziente.
Le infezioni della ferita chirurgica vengono classificate in tre categorie principali in base alla loro estensione e severità:
- Infezioni superficiali: interessano esclusivamente la cute e il tessuto sottocutaneo dell’incisione. Si manifestano con eritema, tumefazione, dolore localizzato e talvolta essudato purulento.
- Infezioni profonde: coinvolgono i tessuti molli profondi dell’incisione, come fascia muscolare e strati muscolari. Queste infezioni risultano più aggressive e possono provocare dolore acuto, iperpiressia e formazione di raccolte ascessuali.
- Infezioni d’organo/spazio: costituiscono la forma più severa e interessano qualsiasi parte anatomica (organo o spazio) manipolata durante l’intervento, al di là dell’incisione cutanea. Nel caso trattato dallo Studio Chiarini, l’infezione ha raggiunto il piano protesico dell’anca, progredendo poi in profondità fino a scatenare uno shock settico con esito infausto.
Secondo i dati dell’ECDC (Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie), in Italia l’incidenza delle infezioni del sito chirurgico varia marcatamente in base alla tipologia di intervento: dallo 0,5-1% negli interventi a basso rischio fino al 5-15% in chirurgia maggiore gastrointestinale o in procedure ortopediche complesse come quella descritta nel caso risolto dallo Studio Chiarini.
Il Sistema Nazionale di Sorveglianza delle Infezioni del Sito Chirurgico (SNICh), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, monitora sistematicamente l’andamento di queste infezioni nel nostro Paese, con l’intento di elaborare strategie efficaci per la loro prevenzione e per l’innalzamento degli standard assistenziali.
§ 2. Cause e batteri responsabili delle infezioni post-operatorie
Le infezioni della ferita chirurgica sono causate principalmente dalla proliferazione di microrganismi patogeni che contaminano il sito chirurgico durante o dopo l’intervento. Questa contaminazione può avvenire per via esogena (dall’ambiente esterno) o endogena (dalla flora batterica del paziente stesso).
§ 2.1 Principali patogeni responsabili delle infezioni del sito chirurgico
I batteri più frequentemente coinvolti nelle infezioni post-operatorie includono:
- Staphylococcus aureus: rappresenta il patogeno più comune, riscontrato in circa il 30% delle infezioni della ferita chirurgica. La sua pericolosità aumenta significativamente nelle forme meticillino-resistenti (MRSA), particolarmente difficili da trattare con gli antibiotici convenzionali.
- Enterococcus faecium: batterio intestinale particolarmente problematico negli interventi addominali e pelvici, ma riscontrabile anche in altri tipi di chirurgia come nel caso affrontato dallo Studio Chiarini. La sua capacità di sviluppare resistenze multiple agli antibiotici lo rende un patogeno temibile in ambito ospedaliero.
- Escherichia coli: presente nel 15-20% delle ISC, predomina nella chirurgia colorettale e urologica. I ceppi produttori di beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL), come quello identificato nel caso descritto, possono resistere a numerosi antibiotici e causare infezioni particolarmente aggressive.
- Pseudomonas aeruginosa: microrganismo ambientale spesso correlato alle infezioni di impianti protesici e caratterizzato da elevata resistenza intrinseca a molti antibiotici.
- Klebsiella pneumoniae: enterobatterio in crescente diffusione negli ambienti ospedalieri, specialmente nelle forme resistenti ai carbapenemi (KPC).
§ 2.2 Meccanismi di contaminazione e sviluppo dell’infezione
L’infezione della ferita chirurgica può verificarsi attraverso diverse modalità:
- Contaminazione diretta durante l’intervento, quando i batteri presenti nell’aria della sala operatoria, sugli strumenti chirurgici o sul personale sanitario entrano in contatto con il sito operatorio.
- Contaminazione ematogena, in cui i batteri provenienti da un focolaio infettivo distante raggiungono il sito chirurgico attraverso il flusso sanguigno.
- Contaminazione post-operatoria durante le medicazioni o a causa di una gestione non ottimale della ferita chirurgica.
Nel caso affrontato dallo Studio Chiarini, l’analisi dei campioni microbiologici ha evidenziato la presenza di molteplici patogeni, tra cui Enterococcus Faecium multi-resistente ed Escherichia Coli ESBL (beta-lattamasi a spettro esteso). Questa polimicrobicità dell’infezione, unitamente all’elevata resistenza antibiotica dei ceppi isolati, ha contribuito all’evoluzione particolarmente aggressiva del quadro clinico, culminata nello shock settico fatale.
§ 2.3 Il problema crescente dell’antibiotico-resistenza
Un aspetto di particolare rilevanza nelle infezioni della ferita chirurgica è la crescente prevalenza di batteri resistenti agli antibiotici. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, l’Italia si colloca tra i paesi europei con i tassi più elevati di resistenza antimicrobica, un fenomeno che complica notevolmente il trattamento delle infezioni post-operatorie.
La presenza di patogeni multi-resistenti, come quelli identificati nel caso della paziente assistita dallo Studio Chiarini, impone protocolli terapeutici più complessi e costosi, con minori probabilità di successo. Questa situazione sottolinea l’importanza centrale delle misure preventive e dei programmi di stewardship antibiotica negli ambienti ospedalieri.
§ 3. Sintomi e diagnosi delle infezioni della ferita chirurgica
Il riconoscimento tempestivo dei segni e sintomi di un’infezione del sito chirurgico risulta determinante per intraprendere un trattamento precoce ed evitare complicanze potenzialmente fatali. La diagnosi di ISC richiede un approccio clinico e laboratoristico integrato, con particolare attenzione all’evoluzione dei sintomi nel periodo post-operatorio.
§ 3.1 Manifestazioni cliniche delle infezioni post-operatorie
I sintomi delle infezioni della ferita chirurgica variano in base alla profondità e all’estensione dell’infezione, ma includono tipicamente:
- Segni locali: la zona intorno all’incisione chirurgica può presentare eritema (arrossamento) più esteso del normale, tumefazione, aumento della temperatura locale, dolore sproporzionato rispetto alla fase di guarigione, deiscenza (apertura) della ferita e fuoriuscita di essudato purulento.
- Segni sistemici: febbre persistente o ricorrente (temperatura >38°C), tachicardia, malessere generale, inappetenza e astenia. Nei casi più gravi, come quello affrontato dallo Studio Chiarini, possono manifestarsi segni di sepsi con ipotensione, alterazioni dello stato di coscienza e insufficienza multiorgano.
§ 3.2 Segnali di allarme da non sottovalutare
Alcuni segni meritano particolare attenzione poiché possono indicare un’evoluzione sfavorevole dell’infezione:
- Deiscenza della ferita: l’apertura spontanea della ferita chirurgica, come avvenuto nel caso della paziente assistita dallo Studio Chiarini, rappresenta un segnale di allarme significativo che richiede immediata valutazione specialistica.
- Presenza di tessuto necrotico: aree di tessuto non vitale, di colorito scuro o grigiastro, indicano una compromissione della vascolarizzazione locale e un ambiente favorevole alla proliferazione batterica.
- Crepitio sottocutaneo: la palpazione di bolle d’aria nel tessuto sottocutaneo, talvolta accompagnata da un rumore caratteristico, può indicare un’infezione da batteri produttori di gas, situazione potenzialmente pericolosa che richiede intervento urgente.
- Estensione dell’infezione: qualsiasi segno di diffusione dell’infezione oltre i margini della ferita chirurgica, come linfangite (strie rosse che si allontanano dalla ferita) o linfoadenite (gonfiore dei linfonodi regionali), suggerisce una progressione dell’infezione che necessita di trattamento immediato.
§ 3.3 Approccio diagnostico alle infezioni del sito chirurgico
La diagnosi di ISC si basa su valutazioni cliniche, indagini microbiologiche e, in alcuni casi, tecniche di diagnostica per immagini:
- Esame clinico: valutazione sistematica della ferita e dei parametri vitali del paziente, con particolare attenzione alle caratteristiche dell’incisione e alla presenza di essudato.
- Indagini microbiologiche: prelievo di campioni per esame colturale e antibiogramma, essenziali per identificare i patogeni responsabili e la loro sensibilità agli antibiotici. Nel caso descritto, questa procedura ha permesso di identificare i batteri multiresistenti Enterococcus Faecium ed Escherichia Coli ESBL.
- Esami ematici: emocromo con formula leucocitaria, proteina C-reattiva e procalcitonina forniscono informazioni preziose sulla risposta infiammatoria e sull’eventuale batteriemia.
- Diagnostica per immagini: nei casi di sospetta infezione profonda o d’organo/spazio, tecniche come l’ecografia, la TC o la risonanza magnetica possono evidenziare raccolte purulente, ascessi o coinvolgimento di protesi e impianti.
La diagnosi precoce e accurata delle infezioni della ferita chirurgica consente di impostare tempestivamente una terapia mirata, riducendo significativamente il rischio di complicanze gravi come sepsi, shock settico e insufficienza multi-organo, che hanno purtroppo caratterizzato l’evoluzione del caso seguito dallo Studio Chiarini, portando al decesso della paziente nonostante i tentativi terapeutici intrapresi.
§ 4. Fattori di rischio per le infezioni del sito chirurgico
Le infezioni della ferita chirurgica non colpiscono tutti i pazienti operati con la stessa probabilità. Numerosi fattori contribuiscono ad aumentare il rischio di sviluppare complicanze infettive post-operatorie, determinando un quadro complesso in cui elementi legati al paziente interagiscono con variabili procedurali e ambientali.
§ 4.1 Fattori intrinseci del paziente
Caratteristiche specifiche del paziente possono influenzare significativamente la suscettibilità alle infezioni:
- Età avanzata: i pazienti anziani, come la signora di 76 anni assistita dallo Studio Chiarini, presentano una ridotta efficienza del sistema immunitario e una maggiore fragilità tissutale, che li rende più vulnerabili alle complicanze infettive.
- Stato nutrizionale: sia la malnutrizione che l’obesità aumentano il rischio di ISC. La prima compromette le difese immunitarie, mentre la seconda è associata a scarsa vascolarizzazione del tessuto adiposo e difficoltà tecniche durante l’intervento.
- Patologie concomitanti: diabete mellito, insufficienza renale cronica (presente nel caso descritto, con necessità di dialisi), malattie cardiovascolari, broncopneumopatia cronica ostruttiva e stati di immunodepressione costituiscono importanti fattori predisponenti.
- Terapie farmacologiche: l’uso cronico di corticosteroidi o immunosoppressori compromette la risposta immunitaria contro i patogeni.
- Colonizzazione da patogeni: la presenza di Staphylococcus aureus nelle narici o sulla cute del paziente prima dell’intervento aumenta significativamente il rischio di infezione post-operatoria.
§ 4.2 Fattori correlati all’intervento chirurgico
La procedura chirurgica stessa e le sue caratteristiche influenzano notevolmente il rischio infettivo:
- Durata dell’intervento: operazioni che si protraggono oltre le 2-3 ore comportano un rischio di infezione marcatamente maggiore, a causa della prolungata esposizione dei tessuti all’ambiente esterno.
- Classe di contaminazione: gli interventi vengono classificati in puliti, puliti-contaminati, contaminati e sporchi, con rischio infettivo progressivamente crescente. Nel caso seguito dallo Studio Chiarini, l’intervento era stato definito “pulito”, ma ciò non ha impedito lo sviluppo dell’infezione.
- Tecnica chirurgica: manipolazione eccessiva dei tessuti, emostasi inadeguata con formazione di ematomi (come avvenuto nel caso descritto), presenza di spazi morti e devitalizzazione tissutale aumentano significativamente il rischio di complicanze infettive.
- Impianti protesici: la presenza di materiali estranei, come la protesi d’anca nel caso della paziente assistita dallo Studio Chiarini, costituisce un importante fattore di rischio, poiché i batteri possono aderire alla superficie dell’impianto formando biofilm resistenti agli antibiotici.
§ 4.3 Fattori ambientali e organizzativi
L’ambiente ospedaliero e l’organizzazione dell’assistenza perioperatoria giocano un ruolo determinante:
- Sterilità della sala operatoria: inadeguati sistemi di ventilazione, eccessivo traffico di personale durante l’intervento e carenze nei protocolli di sterilizzazione incrementano il rischio di contaminazione.
- Profilassi antibiotica: errori nella scelta, nel dosaggio o nei tempi di somministrazione degli antibiotici preventivi possono compromettere la loro efficacia nel prevenire le infezioni.
- Gestione post-operatoria: medicazioni inappropriate della ferita, rimozione prematura o tardiva dei drenaggi e assistenza non ottimale nel periodo post-operatorio possono favorire lo sviluppo di complicanze infettive.
- Carico di lavoro e organizzazione: un elevato rapporto pazienti/personale e carenze organizzative possono portare a minore aderenza ai protocolli di prevenzione delle infezioni.
§ 4.4 Sistemi di stratificazione del rischio
Per valutare oggettivamente il rischio di infezione del sito chirurgico, vengono utilizzati vari sistemi di scoring, tra cui l’Indice di Rischio NNIS (National Nosocomial Infections Surveillance), che considera:
- Classificazione ASA del paziente (stato di salute generale)
- Classe di contaminazione dell’intervento
- Durata dell’operazione
Questo tipo di valutazione consente di adattare le misure preventive al livello di rischio specifico del paziente, ottimizzando l’allocazione delle risorse e migliorando l’efficacia delle strategie di prevenzione.
Nel caso affrontato dallo Studio Chiarini, la concomitanza di molteplici fattori di rischio (età avanzata, insufficienza renale cronica con necessità di dialisi, impianto protesico, formazione di ematoma post-operatorio) ha probabilmente contribuito all’insorgenza e alla rapida progressione dell’infezione, evidenziando quanto sia essenziale un’attenta valutazione preoperatoria e una gestione ottimale del paziente chirurgico ad alto rischio.
§ 5. Prevenzione delle infezioni post-operatorie
La prevenzione rappresenta il cardine fondamentale nella gestione delle infezioni della ferita chirurgica. Un approccio sistematico e multimodale, basato su evidenze scientifiche, consente di ridurre significativamente l’incidenza di queste complicanze e i rischi associati.
§ 5.1 Misure pre-operatorie di prevenzione
Le strategie preventive iniziano ben prima dell’accesso del paziente in sala operatoria:
- Screening e decolonizzazione: l’identificazione dei portatori di patogeni come lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA) permette interventi mirati di decolonizzazione, solitamente mediante lavaggi con clorexidina e applicazione di mupirocina nasale nei giorni precedenti l’intervento.
- Ottimizzazione delle condizioni cliniche: il controllo della glicemia nei pazienti diabetici, la correzione di stati anemici e la gestione delle comorbidità riducono significativamente il rischio infettivo. Nel caso trattato dallo Studio Chiarini, la paziente presentava insufficienza renale con necessità di dialisi, condizione che avrebbe richiesto particolare attenzione.
- Preparazione cutanea: la doccia preoperatoria con sapone antisettico e la rimozione dei peli nella sede dell’intervento (preferibilmente mediante clipper anziché rasoi tradizionali) costituiscono misure fondamentali per ridurre la carica batterica cutanea.
- Profilassi antibiotica: la somministrazione di antibiotici prima dell’incisione chirurgica rappresenta una delle misure preventive più efficaci. Le linee guida internazionali raccomandano la somministrazione entro 60 minuti dall’incisione, con scelta dell’antibiotico basata sul tipo di intervento e sui patogeni più probabili.
§ 5.2 Protocolli intra-operatori
Durante l’intervento chirurgico, numerose misure contribuiscono a mantenere un ambiente a basso rischio infettivo:
- Antisepsi del campo operatorio: la preparazione della cute con soluzioni antisettiche a base di clorexidina alcolica rappresenta attualmente lo standard di riferimento, superiore alle tradizionali soluzioni iodate.
- Disciplina di sala operatoria: limitazione del traffico di personale, mantenimento delle porte chiuse e riduzione al minimo delle conversazioni non necessarie diminuiscono la contaminazione aerea.
- Tecnica chirurgica meticolosa: manipolazione delicata dei tessuti, emostasi accurata, eliminazione degli spazi morti e irrigazione delle ferite profonde riducono il rischio di complicanze infettive. Nel caso seguito dallo Studio Chiarini, la formazione di un ematoma sottocutaneo ha probabilmente creato un ambiente favorevole alla proliferazione batterica.
- Controllo della temperatura e dell’ossigenazione: il mantenimento della normotermia e un’adeguata somministrazione di ossigeno migliorano la perfusione tissutale e l’efficacia dei meccanismi di difesa immunitaria.
§ 5.3 Gestione post-operatoria della ferita chirurgica
La cura della ferita nel periodo post-operatorio risulta determinante per prevenire le infezioni:
- Medicazioni appropriate: l’utilizzo di medicazioni sterili e tecniche asettiche durante i cambi di medicazione riduce il rischio di contaminazione secondaria.
- Monitoraggio attento: la valutazione sistematica della ferita nei giorni successivi all’intervento permette di identificare precocemente segni di infezione come eritema, essudato o deiscenza. Nel caso descritto, la deiscenza della ferita chirurgica rappresentava un segnale d’allarme che avrebbe richiesto interventi più tempestivi.
- Educazione del paziente: istruire il paziente sul riconoscimento dei segni di infezione e sull’importanza dell’igiene personale contribuisce a identificare precocemente eventuali complicanze.
§ 5.4 Programmi di sorveglianza e controllo delle infezioni
Un approccio sistematico a livello ospedaliero costituisce il complemento essenziale alle misure individuali:
- Sistemi di sorveglianza: il monitoraggio continuo dell’incidenza delle ISC, come quello effettuato dal Sistema Nazionale di Sorveglianza delle Infezioni del Sito Chirurgico (SNICh), consente di identificare tendenze epidemiologiche e aree di miglioramento.
- Bundle di prevenzione: l’adozione di pacchetti di misure preventive, implementate simultaneamente, ha dimostrato un’efficacia superiore rispetto all’applicazione di singoli interventi. Ad esempio, il “bundle chirurgico” può includere profilassi antibiotica appropriata, antisepsi cutanea con clorexidina, controllo della glicemia e mantenimento della normotermia.
- Formazione del personale: programmi educativi continui per chirurghi, anestesisti, infermieri e tutto il personale coinvolto nell’assistenza perioperatoria migliorano l’aderenza ai protocolli preventivi.
- Audit e feedback: la revisione periodica delle pratiche e la comunicazione dei tassi di infezione ai team chirurgici stimolano il miglioramento continuo. Lo studio italiano citato nel documento dell’Istituto Superiore di Sanità ha dimostrato una riduzione del 29% del rischio di ISC nelle strutture che hanno partecipato alla sorveglianza per almeno due anni.
L’implementazione rigorosa di queste misure preventive avrebbe potenzialmente potuto modificare l’esito del caso seguito dallo Studio Chiarini, evidenziando come la prevenzione delle infezioni della ferita chirurgica rappresenti non solo una questione di qualità assistenziale, ma anche un imperativo etico e legale per le strutture sanitarie.
§ 6. Un caso di malasanità per infezione della ferita chirurgica risolto da Studio Chiarini
Lo Studio Legale Chiarini ha seguito con successo un caso emblematico di malasanità correlata a un’infezione del sito chirurgico, ottenendo un risarcimento significativo per i familiari della vittima. Questa vicenda illustra concretamente come le infezioni post-operatorie, quando non adeguatamente prevenute o gestite, possano configurare responsabilità medica con conseguenze legali.
§ 6.1 La vicenda clinica e l’intervento iniziale
La paziente, una signora di 76 anni, venne trasportata dal 118 al Pronto Soccorso per impossibilità a sollevarsi dal divano a causa di dolore all’anca destra. Dopo valutazione clinica e radiologica, fu ricoverata nel reparto di Ortopedia con diagnosi di grave coxartrosi con iniziale osteonecrosi.
Durante la degenza pre-operatoria, la comparsa di febbre (38,5°C) rese necessaria una terapia antibiotica. Contestualmente, la paziente venne sottoposta a numerosi accertamenti strumentali (RX torace, ecocardiogramma, ecostress) e consulenze specialistiche (nefrologiche e cardiache) per definire il rischio operatorio, considerando la presenza di insufficienza renale che richiedeva trattamento dialitico.
Non avendo riscontrato controindicazioni, i medici procedettero con l’intervento di artroprotesi d’anca destra, che venne eseguito in circa 80 minuti e definito “pulito” nella documentazione operatoria. Nel periodo post-operatorio, la paziente proseguì le sedute dialitiche regolari, ricevette emotrasfusioni per anemia persistente e terapia antidolorifica per il dolore ricorrente all’arto inferiore destro, iniziando anche la terapia riabilitativa.
§ 6.2 L’insorgenza dell’infezione della ferita chirurgica
La prima complicanza si manifestò durante una seduta dialitica, con l’insorgenza di forte dolore all’anca destra refrattario alla terapia analgesica. Il controllo radiologico evidenziò la sublussazione della protesi coxofemorale, segnale di una possibile complicanza meccanica.
Alla rimozione dei punti chirurgici emerse un quadro preoccupante: deiscenza della ferita chirurgica con presenza di un ematoma sottocutaneo. Il personale sanitario procedette all’evacuazione dell’ematoma e all’esecuzione di un tampone della ferita, che risultò positivo per Enterococcus Faecium multi-resistente, un batterio particolarmente pericoloso in ambito ospedaliero.
Nonostante la sutura della deiscenza e l’avvio di terapia antibiotica con vancomicina, la situazione continuò a deteriorarsi, con una nuova deiscenza della sutura e l’identificazione, attraverso un successivo esame colturale, di un secondo patogeno: Escherichia Coli beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL), un batterio resistente a numerosi antibiotici.
§ 6.3 Il tentativo di revisione chirurgica e l’aggravamento delle condizioni
Di fronte al progressivo peggioramento del quadro locale, la paziente fu sottoposta a un intervento chirurgico di revisione della ferita. L’operazione rivelò un’estensione allarmante dell’infezione: all’apertura della ferita fuoriuscì abbondante liquido purulento, e si evidenziò la presenza di una fistola che si estendeva fino al piano protesico, con abbondante tessuto necrotico e membrana piogena.
I nuovi tamponi confermarono la persistenza dell’Escherichia Coli ESBL, a dimostrazione dell’inefficacia della terapia antibiotica impostata. Nel pomeriggio dello stesso giorno, la situazione precipitò con la comparsa di rialzo febbrile, ipotensione e fibrillazione atriale, segni di un coinvolgimento sistemico dell’infezione.
§ 6.4 La degenza in rianimazione e l’esito infausto
Le condizioni della paziente continuarono a deteriorarsi rapidamente, rendendo necessario il trasferimento nel reparto di Rianimazione con diagnosi di shock settico, una grave complicanza dell’infezione caratterizzata da alterazioni emodinamiche potenzialmente letali.
Durante il ricovero in terapia intensiva, gli esami colturali evidenziarono un quadro di infezione polimicrobica sempre più grave: l’Escherichia Coli ESBL venne identificato anche nel catetere venoso centrale, mentre un nuovo patogeno, l’Enterobacter Aerogenes, fu isolato da tamponi eseguiti sulla ferita chirurgica. La situazione si complicò ulteriormente con il riscontro di Aspergillus fumigatus nel broncoaspirato, indicativo di una sovra-infezione polmonare.
Nonostante la rimozione della protesi, la terapia antibiotica ad ampio spettro e il supporto intensivo, la paziente presentò un progressivo peggioramento delle condizioni cliniche, con sviluppo di insufficienza multi-organo. Il decesso intervenne circa 40 giorni dopo l’intervento iniziale, a causa delle complicanze dell’infezione del sito chirurgico.
§ 6.5 L’iter legale e il risarcimento ottenuto
Acquisita la documentazione clinica e valutati gli elementi del caso, l’Avv. Gabriele Chiarini ha avviato un’azione legale formalizzando una richiesta risarcitoria per il decesso della paziente.
Il percorso ha previsto:
- Trattative dirette con la compagnia assicurativa della Struttura Sanitaria, risultate in una prima fase infruttuose
- Instaurazione di un procedimento di mediazione davanti a un Organismo abilitato, con confronto tra i Consulenti Tecnici di Parte, conclusosi senza accordo a causa dell’eccessiva distanza tra le rispettive posizioni
- Ricorso ex art. 702 bis c.p.c. per l’introduzione del giudizio risarcitorio
Prima della celebrazione dell’udienza di comparizione, le parti hanno trovato un punto d’incontro, giungendo alla stipula di un accordo transattivo che ha consentito ai due figli della paziente di ottenere un risarcimento danni per malasanità pari a 200.000 euro, integralmente erogati dalla Compagnia Assicurativa.
§ 6.6 Elementi determinanti per il riconoscimento della responsabilità medica
Nel caso descritto, diversi elementi hanno contribuito al riconoscimento della responsabilità della struttura sanitaria:
- Ritardata diagnosi dell’infezione nonostante la presenza di segnali d’allarme come la deiscenza della ferita e la formazione di ematoma
- Inadeguata gestione dell’infezione iniziale, con terapia antibiotica non ottimale rispetto ai patogeni identificati
- Ritardo nell’intervento di revisione chirurgica, che ha permesso all’infezione di progredire fino al piano protesico
- Carenze nel monitoraggio post-operatorio e nella gestione delle complicanze
Questa vicenda evidenzia come le infezioni della ferita chirurgica, quando non adeguatamente prevenute o tempestivamente trattate secondo gli standard di cura, possano configurare ipotesi di malasanità con conseguenti responsabilità risarcitorie per le strutture sanitarie.
§ 7. Quando un’infezione post-operatoria configura malasanità
Non tutte le infezioni del sito chirurgico implicano automaticamente una responsabilità medica, poiché costituiscono un rischio intrinseco a qualsiasi procedura chirurgica. Tuttavia, in determinate circostanze, queste complicanze possono configurare ipotesi di malasanità con conseguenti obblighi risarcitori.
§ 7.1 Il confine tra complicanza accettabile e responsabilità professionale
La distinzione fondamentale risiede nel concetto di prevedibilità e prevenibilità dell’infezione. Gli elementi che generalmente vengono considerati per valutare la sussistenza di responsabilità includono:
- Violazione dei protocolli di prevenzione: omissione o inadeguata applicazione delle misure preventive standard, come la profilassi antibiotica, l’antisepsi cutanea o le tecniche di sterilità in sala operatoria.
- Ritardo diagnostico: mancato riconoscimento tempestivo dei segni e sintomi dell’infezione, nonostante la presenza di segnali clinici evidenti, come nel caso seguito dallo Studio Chiarini.
- Inadeguatezza terapeutica: trattamento non conforme alle linee guida cliniche, sia nella scelta degli antibiotici che nei tempi e nelle modalità di somministrazione.
- Carenze organizzative: insufficienze strutturali dell’ospedale che compromettono l’applicazione delle misure preventive, come inadeguati sistemi di ventilazione della sala operatoria o carenze nei protocolli di sterilizzazione.
§ 7.2 Il ruolo delle linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali
La Legge Gelli-Bianco (Legge n. 24/2017) ha definito un quadro normativo che valorizza l’aderenza alle linee guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali come parametro per valutare la condotta dei professionisti sanitari.
L’articolo 5 della legge stabilisce che “gli esercenti le professioni sanitarie […] si attengono, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida […] elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie iscritte in apposito elenco“.
Per quanto riguarda specificamente le infezioni del sito chirurgico, costituiscono riferimento le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (“Global guidelines for the prevention of surgical site infection”), le raccomandazioni del Centro Europeo per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (ECDC) e i protocolli nazionali sviluppati dall’Istituto Superiore di Sanità.
In particolare, l’Istituto Superiore di Sanità, in collaborazione con la SIMPIOS e numerose società scientifiche, ha recentemente pubblicato un bundle nazionale per la prevenzione delle infezioni del sito chirurgico (ISC). Tale documento raccomanda l’adozione sistematica di cinque misure basate su evidenze scientifiche:
- Somministrazione dell’antibiotico profilattico prima dell’incisione, in modo puntuale e secondo le indicazioni per la specifica procedura;
- Evitare la tricotomia pre-operatoria; qualora necessaria, utilizzare esclusivamente il rasoio elettrico;
- Utilizzo di antisettici a base alcolica contenenti clorexidina per la preparazione cutanea del sito chirurgico;
- Interruzione della profilassi antibiotica al termine dell’intervento, salvo specifiche condizioni cliniche;
- Risomministrazione dell’antibiotico in caso di procedure chirurgiche prolungate o significativa perdita ematica.
Tali misure costituiscono buone pratiche clinico-assistenziali condivise a livello nazionale e, se disattese senza giustificato motivo clinico, possono assumere rilievo ai fini dell’accertamento della responsabilità sanitaria, anche in considerazione dell’approccio “tutto o nulla” raccomandato per la loro implementazione.
§ 7.3 Criteri per la valutazione del nesso causale
La valutazione del nesso causale tra la condotta dei sanitari e l’infezione rappresenta un aspetto determinante nei casi di presunta malasanità. Questa analisi deve considerare:
- La tempestività e adeguatezza degli interventi diagnostici e terapeutici
- La presenza di fattori di rischio specifici del paziente
- La conformità delle procedure adottate rispetto agli standard di cura
- L’evoluzione clinica dell’infezione in rapporto alle misure intraprese
Nel caso trattato dallo Studio Chiarini, elementi come la tardiva diagnosi dell’infezione nonostante la deiscenza della ferita, e l’inadeguato trattamento rispetto ai patogeni identificati, hanno rappresentato punti significativi nella dimostrazione della responsabilità medica.
§ 8. Come ottenere risarcimento per infezioni del sito chirurgico
Il percorso per ottenere un risarcimento danni in caso di infezioni della ferita chirurgica richiede un approccio metodico e la conoscenza di alcuni aspetti procedurali fondamentali. Il riconoscimento del danno subito passa attraverso un iter ben definito che, se correttamente seguito, può portare a un equo ristoro.
§ 8.1 Documentazione necessaria
Nei procedimenti per responsabilità medica correlata a infezioni del sito chirurgico, la documentazione clinica riveste un ruolo fondamentale:
- Cartella clinica completa: è il documento principale che ricostruisce l’intero percorso diagnostico-terapeutico. Deve essere richiesta formalmente alla struttura sanitaria, che è obbligata a rilasciarla entro 30 giorni dalla richiesta. Per sapere come fare leggi il nostro articolo “Richiesta della cartella clinica”
- Referti di esami strumentali e di laboratorio: particolare importanza rivestono i risultati degli esami colturali con antibiogramma, che identificano i patogeni responsabili dell’infezione e la loro sensibilità agli antibiotici.
- Diario clinico del periodo post-operatorio: documenta l’evoluzione dei sintomi e le terapie somministrate, evidenziando eventuali ritardi diagnostici o terapeutici.
- Documentazione fotografica della ferita chirurgica e della sua evoluzione, quando disponibile.
- Eventuali consulenze specialistiche richieste durante o dopo il ricovero per la gestione dell’infezione.
- Documentazione relativa a ricoveri successivi correlati alle complicanze infettive.
- Certificazione delle spese sostenute per cure mediche, terapie, assistenza e ogni altro costo direttamente conseguente all’infezione.
Nel caso seguito dallo Studio Chiarini, l’analisi della documentazione ha permesso di evidenziare criticità nella gestione della complicanza infettiva, contribuendo al riconoscimento della responsabilità della struttura sanitaria e al conseguente risarcimento ottenuto dai familiari della paziente.
§ 8.2 Tempistiche per agire
Le tempistiche per avviare un’azione risarcitoria sono regolate da precise disposizioni normative:
- Prescrizione del diritto al risarcimento: il termine ordinario per il risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è di 10 anni dalla manifestazione del danno, secondo l’interpretazione prevalente dopo la Legge Gelli-Bianco.
- Accertamento tecnico preventivo (ATP): prima di avviare un procedimento giudiziario, la legge prevede l’obbligo di esperire un tentativo di conciliazione attraverso la consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite o, in alternativa, il procedimento di mediazione.
- Notifica alla struttura e all’assicurazione: la Legge Gelli-Bianco prevede che il danneggiato debba notificare la richiesta di risarcimento alla struttura sanitaria e alla sua compagnia assicurativa, che deve formulare un’offerta entro 90 giorni.
L’importanza del fattore tempo è cruciale: un’azione tempestiva consente una più agevole raccolta di prove e aumenta le possibilità di successo dell’azione risarcitoria.
§ 8.3 Tipi di danni risarcibili
In caso di infezioni del sito chirurgico, diversi sono i profili di danno potenzialmente risarcibili:
- Danno biologico temporaneo: il pregiudizio all’integrità psico-fisica subito durante il periodo di malattia, quantificato in base ai giorni di inabilità assoluta e relativa.
- Danno biologico permanente: le conseguenze permanenti dell’infezione sulla salute, quantificate in termini percentuali di invalidità e risarcite secondo le tabelle di legge o le tabelle del Tribunale di Milano.
- Danno morale: la sofferenza soggettiva patita a causa dell’infezione e delle sue conseguenze.
- Danno patrimoniale: comprende sia il danno emergente (spese mediche, assistenza, trasporti, ecc.) che il lucro cessante (perdita di reddito durante il periodo di malattia).
- Danno da perdita di chance: nei casi più gravi, il pregiudizio derivante dalla perdita della possibilità di un migliore esito terapeutico.
- Danno da perdita del rapporto parentale: nel caso di decesso della vittima, come nel caso seguito dallo Studio Chiarini, il danno subito dai familiari per la perdita del proprio congiunto.
La quantificazione di questi danni richiede competenze specifiche e viene solitamente effettuata avvalendosi di consulenti tecnici specializzati in medicina legale.
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- Qui puoi visionare la quietanza per il risarcimento del danno da malasanità per infezione del sito chirurgico