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Malasanità Milano – Risarcimento Danni e Istruzioni per l’uso

Risarcimento danni per malasanità a Milano

Lo Studio Legale Chiarini ha risolto con successo un caso di malasanità Milano, assistendo i due figli di una signora (classe 1944), deceduta presso un Ospedale lombardo.

La causa di morte della donna era addebitabile ad insufficienza multi-organo determinata da shock settico, conseguente ad una infezione del sito chirurgico contratta dalla paziente in occasione di un intervento praticatole nel nosocomio milanese.

Acclarata la sussistenza dei presupposti della malasanità, i figli hanno ottenuto un equo risarcimento del danno non patrimoniale (iure proprio), sofferto a causa del decesso della propria congiunta.

 

INDICE SOMMARIO

 

La vicenda di malasanità occorsa alla paziente

La sig.ra A.A. – di anni 76 all’epoca dei fatti – venne trasportata dal 118 al Pronto Soccorso di un Ospedale a Milano, riferendo di non essere più stata in grado di alzarsi dal divano dove si era seduta, per dolore all’anca destra.

Ivi fu sottoposta a valutazione clinica e a RX; venne quindi ricoverata in Ortopedia con diagnosi di grave coxartrosi con iniziale osteonecrosi.

 

La degenza nel reparto di Ortopedia del nosocomio lombardo

In Ortopedia, per l’insorgenza di febbre (38,5°C), la paziente fu sottoposta a terapia antibiotica. Durante la degenza, venne sottoposta a svariati accertamenti strumentali (RX torace, ecocardiogramma, ecostress) e ripetute consulenze (nefrologiche e cardiache) al fine di definire il rischio operatorio nell’ipotesi di procedere ad artroprotesi d’anca destra.

All’esito degli accertamenti eseguiti, non furono riscontrate controindicazioni all’esecuzione dell’ipotizzato intervento, cui la signora fu sottoposta pochi giorni dopo, con atto operatorio iniziato alle 9:30 e terminato alle 10:50, definito “pulito”.

Nel post operatorio, durante il quale proseguivano le periodiche sedute dialitiche, la ferita venne costantemente medicata, vennero praticate emotrasfusioni per la persistente anemia e terapia antidolorifica per il ricorrente dolore all’arto inferiore destro; alcuni giorni dopo iniziò la terapia riabilitativa.

 

La manifestazione della “complicanza” infettiva

Nel corso di una seduta dialitica, insorse un forte dolore all’anca destra insensibile alla terapia e venne eseguito controllo radiologico, che evidenziò la sublussazione della protesi coxofemorale.

Vennero rimossi i punti chirurgici e si evidenziò deiscenza della ferita chirurgica; si procedette ad evacuare un ematoma sottocutaneo formatosi in sede, fu effettuato tampone della ferita, che – ad esame colturale successivamente eseguito – sarebbe risultato positivo per Enterococcus Faecium multi resistente, si suturò la deiscenza e il consulente nefrologo consigliò terapia infusiva con vancomicina 500 mg in fisiologica, che avrebbe garantito una copertura di una settimana.

Si manifestò successivamente una nuova deiscenza della sutura ed il giorno successivo, pervenuto il risultato positivo della coltura, fu rinviato il programmato trasferimento in struttura riabilitativa. Il consulente nefrologo programmò terapia infusiva con vancomicina 500 mg tre volte a settimana da praticarsi al termine della seduta dialitica.

La vancomicina venne poi sostituita con Targosid 400 mg somministrato al termine della dialisi. Qualche giorno dopo pervenne l’esito dell’esame colturale su tampone della ferita chirurgica eseguito nei giorni precedenti, che risultò positivo per Escherichia Coli beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL).

 

Il tentativo di revisione della ferita chirurgica

La paziente fu sottoposta ad intervento chirurgico di revisione della ferita chirurgica; all’apertura della ferita in corrispondenza della deiscenza, fuoriuscì abbondante liquido marrone torbido, si evidenziò la presenza di una fistola che decorreva profondamente fino al piano protesico, si visionò la protesi che appariva non mobilizzata, si asportò abbondante tessuto necrotico con membrana piogena e si effettuarono i dovuti tamponi per l’esame colturale che risultò nei giorni seguenti positivo per Escherichia Coli beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL).

Nel pomeriggio, comparvero rialzo febbrile ed ipotensione; il consulente cardiologo prescrisse terapia con lanoxin, cordarone e clexane per comparsa di fibrillazione atriale. Al termine della seduta emodialitica venne nuovamente somministrato targosid 200 mg.

Progressivamente, le condizioni generali della paziente andarono peggiorando, tanto da rendere necessario il trasferimento nel reparto di Rianimazione con diagnosi di shock settico.

 

La degenza nel reparto di Rianimazione sino al decesso per malasanità

Durante il ricovero in Rianimazione, le condizioni della paziente permasero gravi. Venne eseguito esame colturale su CVC, che risultò positivo per Escherichia Coli beta-lattamasi a spettro esteso (ESBL), e venne rimossa la protesi per l’evidenza di ferita chirurgica maleodorante con crepitio sottocutaneo e flittene (vescicole subepidermiche) della cute circostante.

In tale occasione, tamponi eseguiti sulla ferita risultarono positivi a Enterobacter Aerogenes. Fu poi eseguito esame colturale del broncoaspirato, che risultò positivo per Aspergillus fumigatus.

Nei giorni seguenti l’intervento, la paziente – nonostante la terapia antibiotica e inotropa in corso – presentò un progressivo peggioramento delle condizioni cliniche. Il decesso intervenne circa 40 giorni dopo l’intervento.

 

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Le trattative e la risoluzione transattiva dell’episodio di Malasanità Milano.

Istruito il caso, l’Avv. Gabriele Chiarini formalizzava una prima richiesta risarcitoria per il decesso della sig.ra A.A.

Seguiva una copiosa trattativa con la compagnia assicurativa della Struttura milanese, che aveva esito in un procedimento di mediazione instaurato davanti ad Organismo abilitato.

Anche in tale sede, la trattativa tra le parti proseguiva e si tentava di addivenire a conciliazione attraverso il confronto tra i relativi CC.TT.PP., purtroppo senza successo. Il procedimento di mediazione si chiudeva perciò con esito negativo per la seguente motivazione: “I procuratori delle parti dichiarano di non aderire alla procedura avendo rilevato l’eccessiva distanza tra le rispettive posizioni”.

Introdotto il giudizio risarcitorio con ricorso ex art. 702 bis c.p.c., la causa veniva definita tra le parti prima della celebrazione dell’udienza di comparizione, con la stipula di un accordo transattivo che ha consentito ai due figli della paziente di ottenere un risarcimento danni per malasanità pari ad euro 200.000,00, integralmente erogati dalla Compagnia Assicurativa.

 

 

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