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Emorragia post partum cos'è e come va gestita

Emorragia post partum | cos’è e come va gestita

Emorragia dopo il parto: cause, conseguenze e possibili implicazioni legali

L’emorragia post partum (EPP) è la principale causa di mortalità materna. Tutte le donne in stato di gravidanza, superate le 20 settimane di gestazione, possono considerarsi a rischio di emorragie e delle sue conseguenze. 

Eccessive perdite di sangue post parto, in situazioni estreme, possono portare alla morte della gestante. Rientrano nei casi di mortalità materna tutti quegli episodi in cui una donna perde la vita durante la gravidanza o entro 42 giorni dal parto per cause legate alla gestazione.

Anche se oggi i tassi di decesso della madre sono notevolmente diminuiti nei Paesi industrializzati, l’emorragia post partum è ancora considerata un problema serio nel cosiddetto mondo in via di sviluppo.

Le statistiche dell‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dicono che il 60% dei decessi materni nei Paesi in via di sviluppo è dovuto a emorragia post parto, con oltre 100.000 morti all’anno.

Si stima, nel complesso, che ogni 4 minuti una donna nel mondo muoia per le conseguenze di emorragia dopo il parto.


INDICE SOMMARIO


§ 1. Cos’è l’emorragia post-partum

L’EPP consiste in un sanguinamento vaginale eccessivo e anomalo che può verificarsi durante il travaglio o dopo la nascita del bambino. 

In particolare, parliamo di emorragia dopo parto quando si verifica una perdita di sangue uguale o superiore a 500 ml dopo un travaglio naturale naturale, o superiore a 1000 ml dopo il parto cesareo. 

Una perdita di questa portata entro 24 ore dal parto è definita EPP precoce o primaria mentre, se si verifica nell’arco di tempo da 24 ore fino a 12 settimane dopo il parto, ci troviamo di fronte a un caso di EPP tardiva o secondaria.

La diagnosi di emorragia post-partum è solitamente riservata alle gravidanze che sono progredite oltre le 20 settimane di gestazione. Prima di questa scadenza si tratta di aborti spontanei

§ 2. Le possibili cause delle emorragie post partum

Le condizioni che possono causare emorragia post-partum sono diverse, e spesso evitabili. È per questo motivo che, se si assiste a un decesso per un’ingente perdita ematica successiva al parto, la causa potrebbe essere attribuita a un errore medicoPer questa ragione è opportuno indagare per comprendere se ci si trova di fronte ad un caso di malasanità.

Nel 70% dei casi l’emorragia è causata da atonia uterina post partum, la quale si verifica in seguito a un travaglio troppo prolungato (oltre le 12 ore) o a un parto troppo rapido, indotto, o in seguito a cesareo eseguito d’urgenza.

Il restante 30% dei casi di emorragia include:

  • Parto distocico
  • Casi di gravidanze multiple o feti troppo grandi (sovradistensione uterina) 
  • Uso di anestetici miorilassanti
  • Infezione del liquido amniotico (corioamnionite)
  • Lacerazioni cervicali o perineo-vaginali
  • Rottura uterina

(Fonte: Epicentro ISS)

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§ 3. La diagnosi: quando le perdite dopo il parto sono pericolose

La definizione strettamente medica indica come caso di emorragia post-partum primaria quello in cui la gestante, entro le 24 ore dal parto, ha una perdita di sangue superiore ai 500 ml, quando si tratta di un parto naturale, o superiore a 1000 ml, se il parto è cesareo.

Tuttavia, la stima delle perdite ematiche viene solitamente fatta attraverso un’analisi visiva, che non sempre è precisa. Inoltre, questa analisi può essere considerata generica e non tiene in considerazione le caratteristiche fisiche di ciascuna donna.

Questo significa che, ad esempio, una perdita di sangue di 500 ml potrebbe essere tollerata da una donna di 170 cm di altezza e 80 kg di peso mentre, per una donna minuta di 150/155 cm per 50 kg potrebbe diventare un serio problema.

Per questo, le linee guida dell’ISS indicano, tra i parametri da monitorare, anche la rapidità con cui il sanguinamento si verifica e gli altri segni clinici che dovrebbero allertare il personale medico. Nello specifico: 

  • Frequenza cardiaca;
  • Frequenza respiratoria;
  • Pressione arteriosa;
  • Saturazione dell’ossigeno;
  • Diuresi.

Classificazione di un’emorragia post partum

Sempre secondo le disposizioni dell’ISS, in caso di emorragie post partum i medici possono trovarsi di fronte a tre tipi di classificazione di rischio, che vanno segnalati sulla cartella clinica della paziente:

  • Codice verde: necessità di anticipare il parto, ma assenza di compromissione delle condizioni materne e/o fetali;
  • Codice giallo: compromissione delle condizioni materne e/o fetali, senza immediato pericolo di vita;
  • Codice rosso: pericolo di vita per la madre e/o il feto.

§ 4. Gestione delle emorragie post parto

È importante specificare che le perdite di sangue durante e dopo il parto sono assolutamente normali, entro certi limiti. Il fenomeno naturale di distacco ed espulsione della placenta e di tutti gli annessi fetali, detto secondamento, può causare perdite di sangue più o meno copiose che solitamente, se prolungate, vengono fermate con farmaci coagulanti.

Le patologie post partum sono invece quelle che portano a perdite di sangue causate da un’inadeguata attivazione dei meccanismi di emostasi fisiologica. Quando queste perdite post partum sono eccessive, si parla di emorragia.

La gestione dell’EPP, secondo quanto stabilito dalle linee guida dell’ISS richiede unapproccio multidisciplinare e una sinergia costante tra i professionisti che possono intervenire sul caso. È indispensabile il continuo monitoraggio e la pronta identificazione del quadro clinico anche in casi di perdite minori, di cui paziente e familiari devono essere al corrente.

Il trattamento dell’emorragia, una volta identificate le cause, può comprendere:

  • Assunzione di farmaci per via endovenosa;
  • Trasfusione sanguigna;
  • Interventi chirurgici, in caso di lacerazioni interne;
  • Compressione o massaggio manuale dell’utero per facilitare la contrazione dello stesso.

Ci sono casi, oggi molto rari, in cui l’emorragia è così grave da mettere in pericolo la vita della donna e richiedere l’asportazione dell’utero (isterectomia).

§ 5. Come prevenire l’emorragia post partum 

Il modo migliore di prevenire l’emorragia post partum è identificare i soggetti ad alto rischio prima del parto. Per questo, è necessario che il personale sanitario coinvolto conosca la storia clinica della gestante, attraverso una anamnesi attenta e scrupolosa.

È importante anche somministrare regolarmente farmaci come l’ossitocina al momento del parto per aiutare l’utero a contrarsi. Garantire un’adeguata assunzione di ferro e livelli di globuli rossi durante la gravidanza, inoltre, può ridurre al minimo l’impatto dell’emorragia, se dovesse verificarsi.

Chi è a maggior rischio di emorragia post partum?

Le donne con problemi placentari come placenta accreta, placenta previa, distacco di placenta e placenta trattenuta sono a più alto rischio di EPP. Anche un utero sovradisteso aumenta il rischio.

Altre condizioni legate alla salute della donna possono aumentare il rischio di emorragia post partum, come:

  • Ipertensione o preeclampsia;
  • Infezioni uterine;
  • Disturbi della coagulazione del sangue o altre condizioni legate al sangue;
  • Colestasi intraepatica della gravidanza (ICP);
  • Anemia;
  • Obesità;
  • Età materna avanzata;
  • Numero elevato di gravidanze precedenti.

Casi di mortalità materna per emorragia post partum

Come detto all’inizio, i casi di morte materna per emorragia post partum oggi interessano in gran parte i Paesi in via di sviluppo (rischio di mortalità materna dovuta a EPP = 1 ogni 1.000 parti). In Europa i casi oggi sono “solo” di 1 decesso per EPP ogni 100.000 parti. Di questi, almeno la metà è probabilmente prevenibile, in quanto conseguenza di errori sanitari.

Come si può morire di parto? L’emorragia post partum può portare alla morte senza un trattamento tempestivo. Un’eccessiva perdita di sangue impedisce agli organi del corpo di ricevere sufficiente ossigeno. Questo può portare a shock e morte, anche nel giro di pochi minuti.

§ 6. Conseguenze cliniche dell’emorragia post-partum

La riduzione del volume del sangue nell’organismo, detta ipovolemia, si manifesta con affaticamento, crampi muscolari, capogiri e può aggravarsi fino a portare a shock ipovolemico

In presenza di queste condizioni, la donna dovrebbe essere sottoposta a osservazione continua e, a seconda del caso, bisognerebbe valutare eventuali trasfusioni di sangue e integrazioni di ferro per via endovenosa.

Un’eccessiva perdita di sangue può causare diverse complicazioni, come aumento della frequenza cardiaca, affanno e diminuzione del flusso sanguigno. 

Questi sintomi possono limitare il flusso sanguigno al fegato, al cervello, al cuore o ai reni e causare shock. In alcuni casi, si può riscontrare la sindrome di Sheehan, una condizione della ghiandola pituitaria secondaria a EPP.

§ 7. Emorragia post partum: quali sono i possibili errori medici

L’emorragia post-partum è una complicanza rara, ma potenzialmente letale, che spesso viene diagnosticata solo quando le condizioni della donna sono già critiche.

Velocità, tempestività e intervento appropriato sono i requisiti minimi per ridurre al minimo il rischio di mortalità materna. 

Sono diverse le situazioni in cui si può assistere a ripercussioni più o meno gravi per la donna e per il nascituro in seguito a emorragia post-partum. Ogni stadio del monitoraggio e della gestione del parto può essere suscettibile di errore medico.

La responsabilità per danni temporanei o permanenti successivi a un’emorragia post parto ricade sulla struttura sanitaria nel momento in cui si verifica: 

  • Un mancato riconoscimento dei segni e dei sintomi;
  • Scarso o non adeguato trattamento tempestivo;
  • Mancata indagine preventiva della condizione clinica della gestante;
  • Mancata o sbagliata somministrazione di farmaci.

Risarcimento danno da parto in caso di EPP

La mera evenienza di una emorragia post partum non determina, chiaramente, di per sé, una ipotesi di danno risarcibile. Solo quando sia configurabile negligenza, perché ad esempio una grave perdita di sangue dopo il parto non è stata identificata e gestita in modo tempestivo e/o appropriato, si può parlare di responsabilità professionale medica.

Non tutte le situazioni di EPP, dunque, danno accesso al risarcimento. Molto dipende dalla causa della situazione, dal livello di cura fornito, dalla concreta evitabilità dell’evento, e anche dal fatto che vi sia stato un danno sufficientemente serio da giustificare una pretesa risarcitoria.

Nel caso in cui si abbia il sospetto che ci sia stato un errore medico, la paziente, o i suoi familiari in caso di decesso, possono verificare se la responsabilità dell’accaduto sia attribuibile alla struttura sanitaria coinvolta, che in caso di malpractice può essere tenuta al risarcimento danni. Per procedere in tal senso è opportuno rivolgersi ad uno studio legale specializzato in materia di malasanità che, con il supporto dello specialista in medicina legale e dello specialista in ginecologia-ostetricia di fiducia, verificherà se ci sono i presupposti per intraprendere una azione civile.

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