Rischio Clinico

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I nostri servizi di consulenza legale in materia di gestione del rischio clinico

Lavoriamo al fianco delle istituzioni sanitarie per costruire un sistema di salute più sicuro, dove la gestione del rischio clinico è parte integrante di una cultura di qualità e trasparenza. In questa prospettiva, CHIARINI | Studio Legale fornisce consulenza ad enti e agenzie strategiche del settore sanitario per assicurare la compliance normativa alle disposizioni nazionali e regionali in materia di risk management, inclusi gli atti normativi non dotati di forza di legge (quali raccomandazioni ministeriali, accordi, protocolli, delibere).

La nostra expertise si traduce in una gamma di servizi pensati per affrontare ogni sfida legata al rischio clinico, a partire da un audit legale iniziale fino all’analisi ed eventuale riformulazione della modulistica clinica e legale, la valutazione dei sinistri, il controllo di conformità e la preparazione di reportistica dettagliata per gli organi amministrativi e di revisione contabile. Attraverso un approccio che integra prevenzione, verifica ed azione, miriamo a trasformare le strutture sanitarie in ambienti più sicuri, migliorando così gli outcomes a favore della sicurezza del paziente e dell’eccellenza nelle cure prestate.

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Principali aspetti legali della gestione del rischio clinico

§ 1. Il Quadro Normativo in Materia di Rischio Clinico

La cornice giuridica all’interno della quale devono essere declinati i temi della sicurezza delle cure e della gestione del rischio clinico si è progressivamente sviluppata nell’arco dell’ultimo ventennio.

Essa è costituita da atti normativi, provvedimenti amministrativi e documenti di prassi, al cui consolidamento hanno contribuito, a vario titolo, lo Stato e le altre amministrazioni centrali, le regioni e le province autonome, nonché altri enti pubblici non economici come l’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS), l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS).

I primi interventi del Ministero della Salute

In particolare, già dai primi anni duemila il Ministero della Salute ha iniziato ad identificare la materia del rischio clinico come ambito prioritario di sviluppo della qualità dei servizi sanitari, avviando una serie di iniziative attraverso l’istituzione di una “commissione tecnica sul rischio clinico” (D.M. 05/03/2003), di un “gruppo di lavoro per il rischio clinico” (D.D. 14/05/2005) e di un “gruppo di lavoro per la sicurezza dei pazienti” (D.D. 20/02/2006).

Questi consessi hanno prodotto alcuni documenti che hanno costituito, e costituiscono tuttora, un importante punto di riferimento come strumento di indirizzo e formazione nei confronti del personale e delle strutture sanitarie. Tra essi ricordiamo:

I provvedimenti più rilevanti in materia di gestione del rischio clinico

Tra i provvedimenti più rilevanti, in ordine cronologico e senza pretesa di esaustività, occorre segnalare i seguenti:

Il d.lgs. 30/12/1992, n. 502

(“Riordino della disciplina in materia sanitaria”), che ha stabilito:

  • Spettano alle regioni e alle province autonome, nel rispetto dei principi stabiliti dalle leggi nazionali, le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera” (art. 2, comma 1);
  • Spettano in particolare alle regioni la determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi e sull’attività destinata alla tutela della salute e dei criteri di finanziamento delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, le attività di indirizzo tecnico, promozione e supporto nei confronti delle predette unità sanitarie locali ed aziende, anche in relazione al controllo di gestione e alla valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie” (art. 2, comma 2);
Il Decreto del Ministero della Salute 30/06/2004

che ha attivato, in via sperimentale, il “Sistema Nazionale Linee Guida”, con l’obiettivo di “promuovere le Linee Guida come strumento effettivo del Governo Clinico e dell’organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale” (art. 1, comma 4);

L’Intesa Stato-regioni del 23/03/2005

che ha istituito il “Comitato paritetico permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza” (art. 9), cui è stato affidato il compito di monitorare l’erogazione dei LEA verificando che siano rispettate le condizioni di appropriatezza, di efficienza e di compatibilità con le risorse messe a disposizione per il Servizio Sanitario Nazionale; la verifica degli adempimenti regionali è, peraltro, presupposto per accedere alla quota premiale del SSN e viene condotta per il tramite di un apposito Questionario, approvato annualmente dal Comitato LEA, che deve essere compilato dalle regioni e dalle province autonome, per poi essere sottoposto alla verifica finale da parte del Tavolo tecnico presso il Ministero dell’economia e delle finanze (art. 12); a partire dal 2010 il Questionario contempla una specifica sezione (“AS”) riservata a “rischio clinico e sicurezza dei pazienti”, specificamente declinata nelle seguenti aree tematiche:

  • AS.1 Monitoraggio dell’implementazione delle raccomandazioni ministeriali”;
  • AS.2 Centralizzazione della preparazione dei Farmaci antineoplastici”;
  • AS.3 Monitoraggio dell’adozione della check list in Sala operatoria”;
  • AS.4 Monitoraggio degli Eventi Sentinella tramite SIMES, Compilazione delle schede A e B degli eventi sentinella”;
Il D.P.R. 07/04/2006

(“Approvazione del «Piano sanitario nazionale» 2006-2008”), che ha affermato la centralità della gestione del rischio clinico, quale strumento di “salvaguardia e tutela della sicurezza dei pazienti e del personale” ed elemento determinante ai fini della realizzazione della “politica di attuazione del governo clinico”, riconoscendo che una “efficace gestione del rischio clinico porterà oltre ad importanti risultati di carattere sanitario anche rilevanti risvolti economici” (art. 1, punto 4.4);

Il Decreto del Ministero della Salute 10/01/2007

che ha attivato, in via sperimentale, il “Sistema Nazionale di Riferimento per la Sicurezza dei Pazienti, che garantisce anche l’attività di Osservatorio per la Sicurezza dei Pazienti” (art. 1), allo scopo di “garantire la sicurezza nell’erogazione delle prestazioni sanitarie comprese nei LEA a tutela dei diritti dei cittadini” (art. 2, comma 1);

L’Intesa Stato-regioni del 20/03/2008

che ha, tra l’altro,

  • riconosciuto “la rilevanza, per lo sviluppo di un sistema sanitario di alta qualità e vicino alle esigenze dei cittadini, del problema degli eventi avversi in medicina e dell’esigenza di intervenire a garanzia della sicurezza dei pazienti” (punto 1),
  • stabilito l’impegno delle regioni e delle province Autonome “a promuovere, presso le Aziende Sanitarie pubbliche e le Strutture private accreditate, l’attivazione di una funzione aziendale permanentemente dedicata alla Gestione del Rischio Clinico ed alla Sicurezza dei Pazienti e delle cure” (punto 2), nonché
  • delineato un iniziale assetto di governo della sicurezza e del rischio clinico, prevedendo un “Comitato Strategico Nazionale per la Gestione del Rischio Clinico, […] che individua le priorità per la produzione di linee guida, raccomandazioni e altri documenti di carattere tecnico-scientifico al fine di fornire indicazioni ed indirizzi teorico-pratici agli operatori sanitari” (punto 7);
La Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea 09/06/2009

che ha invitato gli Stati membri a sostenere “l’elaborazione di politiche e programmi nazionali in materia di sicurezza dei pazienti” (punto 1), con specifico riferimento all’adozione e all’attuazione di “una strategia per la prevenzione e il controllo delle infezioni associate all’assistenza sanitaria” (punto 8);

Il Decreto del Ministero della Salute 11/12/2009

che ha istituito il “Sistema Informativo per il Monitoraggio degli Errori in Sanità” (SIMES), “finalizzato alla raccolta delle informazioni relative agli eventi sentinella ed alla denuncia dei sinistri” (art. 1, comma 2), disciplinando analiticamente modalità e tempi di trasmissione dei dati da parte delle regioni e delle province autonome (art. 2 e art. 4) e stabilendo che “il conferimento dei dati, nelle modalità e nei contenuti di cui al presente decreto, è ricompres[s]o fra gli adempimenti cui sono tenute le regioni per l’accesso al finanziamento integrativo a carico dello Stato” (art. 5);

Il d.l. 13/09/2012, n. 158

(“Disposizioni urgenti per promuovere lo sviluppo del Paese mediante un più alto livello di tutela della salute”,anche noto come “Legge Balduzzi”), che ha previsto, tra l’altro, che

  • Al fine di ridurre i costi connessi al complesso dei rischi relativi alla propria attività, le aziende sanitarie, nell’ambito della loro organizzazione e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ne curano l’analisi, studiano e adottano le necessarie soluzioni per la gestione dei rischi medesimi, per la prevenzione del contenzioso e la riduzione degli oneri assicurativi. Il Ministero della salute e le regioni monitorano, a livello nazionale e a livello regionale, i dati relativi al rischio clinico” (art. 3-bis, rubricato “Gestione e monitoraggio dei rischi sanitari”);
  • Ciascuna regione promuove […] un sistema di monitoraggio delle attività assistenziali e della loro qualità, finalizzato a verificare la qualità delle prestazioni delle singole unità assistenziali delle strutture sanitarie pubbliche e private accreditate, in raccordo con il programma nazionale valutazione esiti dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e con il coinvolgimento dei direttori di dipartimento” (art. 4, comma 4);
Il d.lgs. 19/02/2014, n. 19

che ha integrato il d.lgs. 09/04/2008, n. 81 (cd. testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro), introducendo disposizioni in materia di prevenzione delle ferite da taglio e da punta nel settore ospedaliero e sanitario;

Il Decreto del Ministero della Salute 02/04/2015, n. 70

di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze (“Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera”), che ha previsto, tra gli standard organizzativi necessari ad “erogare un servizio di assistenza di qualità, sostenibile, responsabile, centrato sui bisogni della persona” (allegato 1, punto 5.2), a partire dai presidi ospedalieri di base e di primo livello, l’esistenza di attività di gestione del rischio clinico, tra cui necessariamente: “– Sistema di segnalazione degli eventi avversi; – Identificazione del paziente, lista di controllo operatoria (c.d. Checklist operatoria) e Scheda unica di terapia; – Sistemi di raccolta dati sulle infezioni correlate all’assistenza, sorveglianza microbiologica, adozione delle procedure che garantiscono l’adeguatezza e l’efficienza dell’attività di sanificazione, disinfezione e sterilizzazione, protocolli per la profilassi antibiotica e procedura per il lavaggio delle mani; – Programmi di formazione specifica” (allegato 1, punto 5.3), specificando che le regioni debbano prevedere “l’adozione da parte delle strutture degli strumenti per la gestione del rischio clinico”, con ciò intendendosi la “documentata e formalizzata presenza di sistemi o attività di Gestione del rischio clinico” (appendice 2);

Il Decreto del Ministero della Salute 09/12/2015

che ha dettato le “Condizioni di erogabilità e indicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni di assistenza ambulatoriale erogabili nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”;

La legge 28/12/2015, n. 208

(cd. legge di stabilità 2016), la quale ha

  • sancito che “la realizzazione delle attività di prevenzione e gestione del rischio sanitario rappresenta un interesse primario del Sistema sanitario nazionale perché consente maggiore appropriatezza nell’utilizzo delle risorse disponibili e garantisce la tutela del paziente” (art. 1, comma 538);
  • stabilito che, al fine di realizzare questo obiettivo, le regioni e le province autonome debbano disporre che “tutte le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie attivino un’adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) per l’esercizio dei seguenti compiti:
    • a) attivazione dei percorsi di audit o altre metodologie finalizzati allo studio dei processi interni e delle criticità più frequenti, con segnalazione anonima del quasi-errore e analisi delle possibili attività finalizzate alla messa in sicurezza dei percorsi sanitari. I verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari; [ultimo inciso così sostituito dall’art. 16, comma 1, legge n. 24/2017]
    • b) rilevazione del rischio di inappropriatezza nei percorsi diagnostici e terapeutici e facilitazione dell’emersione di eventuali attività di medicina difensiva attiva e passiva;
    • c) predisposizione e attuazione di attività di sensibilizzazione e formazione continua del personale finalizzata alla prevenzione del rischio sanitario;
    • d) assistenza tecnica verso gli uffici legali della struttura sanitaria nel caso di contenzioso e nelle attività di stipulazione di coperture assicurative o di gestione di coperture auto-assicurative[;]
    • d-bis) predisposizione di una relazione annuale consuntiva sugli eventi avversi verificatisi all’interno della struttura, sulle cause che hanno prodotto l’evento avverso e sulle conseguenti iniziative messe in atto. Detta relazione è pubblicata nel sito internet della struttura sanitaria” [lettera d-bis aggiunta dall’art. 2, comma 5, legge n. 24/2017] (art. 1, comma 539);
  • previsto che “L’attività di gestione del rischio sanitario è coordinata da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti, in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore”[ultimo inciso così rimodulato dall’art. 16, comma 2, legge n. 24/2017] (art. 1, comma 540);
Il Decreto del presidente del consiglio dei ministri 12/01/2017

(“Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza”), che richiama più volte la necessità di garantire l’erogazione delle prestazioni sanitarie in condizioni di sicurezza (ad es., art. 7 sull’emergenza sanitaria territoriale; art. 15 sull’assistenza specialistica ambulatoriale; art. 17 sull’assistenza protesica; art. 40 sulla day surgery; art. 43 sui criteri di appropriatezza del ricovero in day hospital);

La legge 08/03/2017, n. 24

(“Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”), ben più nota come Legge Gelli Bianco, che può oggi essere considerata una sorta di “legge quadro” sul tema; in ragione della sua centralità, dedicheremo a questo provvedimento normativo una sezione apposita;

Il Decreto del Ministero della Salute 29/09/2017

che ha istituito l’“Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità”, in attuazione dell’art. 3, comma 1, legge n. 24/2017;

Il Decreto del Ministero della Salute 27/02/2018

che ha istituito il “Sistema Nazionale Linee Guida (SNLG)”, in attuazione dell’art. 5, comma 1, legge n. 24/2017;

La Direttiva del presidente del consiglio dei ministri 04/04/2019

che ha indetto la “Giornata nazionale per la sicurezza delle cure e della persona assistita” per il giorno 17 settembre di ogni anno, stabilendo che, in tale giornata, “le amministrazioni pubbliche, anche in coordinamento con tutti gli enti e gli organismi interessati, promuovono l’attenzione e l’informazione sul tema della sicurezza delle cure e della persona assistita, nell’ambito delle rispettive competenze e attraverso idonee iniziative di comunicazione e sensibilizzazione”;

La legge 14/08/2020, n. 113

anche detta “legge antiviolenza”, che ha dettato “Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni”.

§ 2. Il Rischio Clinico nella Legge n. 24/2017

Come sopra accennato, la legge 08/03/2017, n. 24 (“Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”) rappresenta, oggigiorno, la principale fonte di rango primario in tema (anche) di prevenzione e gestione del rischio clinico.

La legge muove dal presupposto della centralità del cd. risk management quale disciplina utile ad identificare, quantificare, controllare e, ove possibile, prevenire la possibilità che un paziente vada incontro ad un “evento avverso” nel percorso assistenziale.

Cosa è un “evento avverso”?

In effetti, secondo il notissimo rapporto dell’I.O.M., To Err Is Human. Building a Safer Health System, Washington, 2000, un evento avverso costituisce un “danno risultante dall’assistenza sanitaria e, in altre parole, non determinato dalla condizione sottostante del paziente. Sebbene tutti gli eventi avversi derivino dalla gestione medica, non tutti sono prevenibili (cioè, non tutti sono attribuibili ad errori)”.

Citando letteralmente, in lingua originale, dall’Executive Summary del rapporto I.O.M.:

“Not all errors result in harm. Errors that do result in injury are sometimes called preventable adverse events. An adverse event is an injury resulting from a medical intervention, or in other words, it is not due to the underlying condition of the patient. While all adverse events result from medical management, not all are preventable (i.e., not all are attributable to errors). For example, if a patient has surgery and dies from pneumonia he or she got postoperatively, it is an adverse event. If analysis of the case reveals that the patient got pneumonia because of poor hand washing or instrument cleaning techniques by staff, the adverse event was preventable (attributable to an error of execution). But the analysis may conclude that no error occurred and the patient would be presumed to have had a difficult surgery and recovery (not a preventable adverse event)”

I.O.M., 2000

Le Linee guida per gestire e comunicare gli eventi avversi in sanità, divulgate dal Ministero della Salute nel giugno 2011, definiscono l’evento avverso come un “evento inatteso correlato al processo assistenziale e che comporta un danno al paziente, non intenzionale e indesiderabile”, laddove è però dubbia l’opportunità dell’aggettivo “inatteso”, che sembrerebbe postulare l’imprevedibilità del fatto, mentre esso è, invece, il più delle volte prevedibile, ancorché sgradito.

In tema di governo e gestione del rischio clinico, ad ogni modo, vanno sottolineate le seguenti previsioni della legge n. 24/2017.

L’art. 1 legge n. 24/2017

L’art. 1 della legge n. 24/2017 ha puntualizzato che

  • la sicurezza delle cure è parte costitutiva del diritto alla salute” (comma 1) e che essa
  • si realizza anche mediante le attività finalizzate alla prevenzione e alla gestione del rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie” (comma 2), specificando altresì che
  • Alle attività di prevenzione del rischio messe in atto dalle strutture sanitarie e sociosanitarie, pubbliche e private, è tenuto a concorrere tutto il personale, compresi i liberi professionisti che vi operano in regime di convenzione con il Servizio sanitario nazionale” (comma 3).

Dunque, come notato sin dai primi commenti alla nuova normativa, con queste previsioni le attività di risk management sono divenute parte del contenuto dell’obbligazione che la struttura sanitaria assume nei confronti del paziente, entrando a pieno titolo nel novero di quelle prestazioni che devono essere assicurate per soddisfare il diritto alla salute.

La trasgressione del dovere di prevenire e gestire il rischio clinico costituisce, di per sé, inadempimento e può avere implicazioni rilevanti, anche in termini risarcitori, in caso di evento avverso che arrechi danno ad un paziente.

L’art. 2 legge n. 24/2017

L’art. 2 della legge n. 24/2017 ha

  • stabilito che “In ogni regione è istituito, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, il Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, che raccoglie dalle strutture sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso e li trasmette annualmente, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, di cui all’articolo 3” (comma 4);
  • disposto che le strutture sanitarie pubbliche e private predispongano e pubblichino sul rispettivo sito internet una relazione annuale sugli eventi avversi verificatisi al proprio interno, sulle cause che li hanno prodotti e sulle conseguenti iniziative messe in atto [disposizione introdotta nella lettera “d-bis” aggiunta in calce all’art. 1, comma 539, legge n. 208/2015, come sopra meglio precisato] (comma 5).

L’art. 3 legge n. 24/2017

L’art. 3 della legge n. 24/2017 ha previsto

  • che venisse istituito “presso l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità” [previsione attuata con il menzionato D.M. 29/09/2017] (comma 1);
  • che “L’Osservatorio acquisisce dai Centri per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente, di cui all’articolo 2, i dati regionali relativi ai rischi ed eventi avversi nonché alle cause, all’entità, alla frequenza e all’onere finanziario del contenzioso e, anche mediante la predisposizione, con l’ausilio delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie di cui all’articolo 5, di linee di indirizzo, individua idonee misure per la prevenzione e la gestione del rischio sanitario e il monitoraggio delle buone pratiche per la sicurezza delle cure nonché per la formazione e l’aggiornamento del personale esercente le professioni sanitarie” (comma 2);
  • che “Il Ministro della salute trasmette annualmente alle Camere una relazione sull’attività svolta dall’Osservatorio” (comma 3);
  • che “L’Osservatorio, nell’esercizio delle sue funzioni, si avvale anche del Sistema informativo per il monitoraggio degli errori in sanità (SIMES)”, istituito con il menzionato D.M. 11/12/2009 (comma 4).

L’art. 4 legge n. 24/2017

L’art. 4 della legge n. 24/2017 ha stabilito

  • che “Le strutture sanitarie pubbliche e private rendono disponibili, mediante pubblicazione nel proprio sito internet, i dati relativi a tutti i risarcimenti erogati nell’ultimo quinquennio, verificati nell’ambito dell’esercizio della funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (risk management) di cui all’articolo 1, comma 539, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, come modificato dagli articoli 2 e 16 della presente legge” (comma 3).

L’art. 5 legge n. 24/2017

L’art. 5 della legge n. 24/2017 ha previsto

  • l’istituzione del “Sistema Nazionale per le linee guida (SNLG)”[1], destinato a raccogliere le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse, contenenti le “raccomandazioni” a cui devono attenersi, “salve le specificità del caso concreto”, gli “esercenti le professioni sanitarie, nell’esecuzione delle prestazioni sanitarie con finalità preventive, diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale” (comma 1);
  • che “L’Istituto superiore di sanità pubblica nel proprio sito internet le linee guida e gli aggiornamenti delle stesse indicati dal SNLG, previa verifica della conformità della metodologia adottata a standard definiti e resi pubblici dallo stesso Istituto, nonché della rilevanza delle evidenze scientifiche dichiarate a supporto delle raccomandazioni” (comma 3).

Come sopra precisato, con il D.M. 27/02/2018 è stato effettivamente istituito il SNLG (si preferisce usare l’articolo “il”, poiché riferito al “Sistema nazionale per le linee guida”, ancorché sia invalsa la pronuncia dell’acronimo come “essennellegì”).

L’art. 16 legge n. 24/2017

L’art. 16 della legge n. 24/2017 ha stabilito

  • che “I verbali e gli atti conseguenti all’attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell’ambito di procedimenti giudiziari” [previsione introdotta in seno all’art. 1, comma 539, lett. a) della legge 208/2015, come sopra anticipato] (comma 1);
  • che l’attività di risk management, obbligatoriamente presente in tutte le strutture pubbliche e private che erogano prestazioni sanitarie, possa essere coordinata, oltre che da personale medico dotato delle specializzazioni in igiene, epidemiologia e sanità pubblica o equipollenti, da specialisti “in medicina legale ovvero da personale dipendente con adeguata formazione e comprovata esperienza almeno triennale nel settore”[previsione introdotta in seno all’art. 1, comma 540 della legge 208/2015, come sopra anticipato] (comma 2).

§ 3. Le Raccomandazioni del Ministero della Salute

In questo contesto normativo, va segnalato che, a partire dal 2007, il Ministero della Salute ha avuto altresì cura di stendere e diffondere alcune “raccomandazioni” finalizzate alla prevenzione degli eventi eventi avversi e, in particolare, degli eventi sentinella.

Ad oggi sono state prodotte, in collaborazione con la Conferenza delle regioni e delle province autonome, 19 raccomandazioni ministeriali, con l’obiettivo di focalizzare l’attenzione su alcune condizioni particolarmente rischiose, prevenire gli errori ed incentivare la sicurezza in sanità.

L’AGENAS, attraverso l’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità (istituito dal D.M. 29/09/2017 in attuazione dell’art. 3, comma 1, legge n. 24/2017), procede al monitoraggio dello stato di recepimento ed applicazione di tali raccomandazioni da parte delle strutture sanitarie.

Inoltre, come sopra anticipato, dal 2010 il “Monitoraggio dell’implementazione delle raccomandazioni ministeriali” è previsto quale area tematica “AS.1” della sezione “AS”, dedicata a “rischio clinico e sicurezza dei pazienti”, del questionario che viene annualmente proposto dal “Comitato paritetico permanente per la verifica dell’erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza” (istituito presso il Ministero della Salute dalla menzionata Intesa Stato-regioni del 23/03/2005), e che le regioni e le province autonome virtuose devono compilare per poter accedere ai maggiori finanziamenti noti come “quota premiale” del Servizio Sanitario Nazionale.

Le 19 raccomandazioni pubblicate

Attualmente risultano pubblicate le seguenti raccomandazioni, elaborate dalla direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute con il supporto di esperti delle regioni, delle province autonome e di altri stakeholder:

  1. Corretto utilizzo delle soluzioni concentrate di Cloruro di Potassio -KCL- ed altre soluzioni concentrate contenenti Potassio;
  2. Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico;
  3. Corretta identificazione dei pazienti, del sito chirurgico e della procedura;
  4. Prevenzione del suicidio di paziente in ospedale;
  5. Prevenzione della reazione trasfusionale da incompatibilità AB0;
  6. Prevenzione della morte materna correlata al travaglio e/o parto;
  7. Prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica;
  8. Prevenire gli atti di violenza a danno degli operatori sanitari;
  9. Prevenzione degli eventi avversi conseguenti al malfunzionamento dei dispositivi medici/apparecchi elettromedicali;
  10. Prevenzione dell’osteonecrosi della mascella/mandibola da bifosfonati;
  11. Morte o grave danno conseguenti ad un malfunzionamento del sistema di trasporto (intraospedaliero, extraospedaliero);
  12. Prevenzione degli errori in terapia con farmaci “Look-alike/sound-alike”;
  13. Prevenzione e gestione della caduta del paziente nelle strutture sanitarie;
  14. Prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici;
  15. Morte o grave danno conseguente a non corretta attribuzione del codice triage nella Centrale operativa 118 e/o all’interno del Pronto soccorso;
  16. Raccomandazione per la prevenzione della morte o disabilità permanente in neonato sano di peso > 2500 grammi non correlata a malattia congenita;
  17. Raccomandazione per la riconciliazione farmacologica;
  18. Raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia conseguenti all’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli;
  19. Raccomandazione per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide.

Lo scopo delle raccomandazioni ministeriali

Le suddette “raccomandazioni ministeriali”, come precisa in apertura la raccomandazione n. 1, perseguono lo scopo di “offrire agli operatori sanitari informazioni su condizioni particolarmente pericolose, che possono causare gravi e fatali conseguenze ai pazienti. Esse si propongono di aumentare la consapevolezza del potenziale pericolo di alcuni eventi, indicando le azioni da intraprendere per ridurre gli errori”.

Le stesse costituiscono, dunque, un “sistema di allerta per quelle condizioni cliniche ad elevato rischio di errore, con l’obiettivo di:

  • Mettere in guardia gli operatori sanitari riguardo alcune procedure potenzialmente pericolose;
  • Fornire strumenti efficaci per mettere in atto azioni che siano in grado di ridurre i rischi;
  • Promuovere l’assunzione di responsabilità da parte degli operatori per favorire il cambiamento di sistema”.

Il valore giuridico delle raccomandazioni

Pur non potendo essere annoverate tra quelle “raccomandazioni previste dalle linee guida […] elaborate da enti e istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie” di cui all’art. 5, comma 1, legge n. 24/2017, ne condividono la funzione di indicare regole di comportamento, che tutti gli operatori sanitari devono rispettare nell’esecuzione delle prestazioni che formano oggetto della rispettiva professione, e che tutte le strutture sanitarie devono implementare al fine di adempiere esattamente le proprie obbligazioni nei confronti dei pazienti.

In questo senso, dunque, possono essere accostate alle “buone pratiche clinico-assistenziali di cui all’ultimo inciso dello stesso art. 5, comma 1, legge n. 24/2017 (per alcuni chiarimenti terminologici utili a distinguere le locuzioni “raccomandazioni”, “linee guida” e “buone pratiche”, si v. il documento di inquadramento tecnico “Raccomandazioni, Linee Guida e Buone Pratiche: definizioni e percorsi di elaborazione”, a cura della Sub Area Rischio Clinico (SURC) della Commissione Salute della Conferenza delle regioni e delle province autonome, febbraio 2020).

Si tratta, naturalmente, di atti non aventi efficacia normativa in senso stretto, ma che costituiscono, nondimeno, importanti strumenti di governo clinico, finalizzati a prevenire il rischio connesso all’erogazione di prestazioni sanitarie, contribuendo così a realizzare quella “sicurezza delle cure” che “è parte costitutiva del diritto alla salute”, in conformità all’art. 1 della legge n. 24 del 2017.

Se, dunque, le raccomandazioni ministeriali non possono essere considerate tecnicamente “vincolanti” sotto il profilo normativo, tuttavia esse contengono indicazioni che – in quanto esprimono regole di comportamento condivise dalla comunità scientifica, nazionale ed internazionale – costituiscono idoneo parametro di riferimento per giudicare la legittimità della condotta di un operatore o di una struttura sanitaria.

In questo senso, dunque, una deviazione dalla regola cautelare espressa dalla raccomandazione ministeriale può configurare condotta (commissiva od omissiva) colpevole che espone il suo autore e l’ente che debba rispondere del suo operato ad un possibile addebito di responsabilità, tanto sul versante civile quanto su quello penale.

La giurisprudenza (penale) sulle raccomandazioni ministeriali

Sono numerose le sentenze della Corte di Cassazione, soprattutto penale, che hanno tratto argomento dal mancato rispetto delle raccomandazioni ministeriali per ritenere configurato l’elemento della colpa a carico di operatori sanitari. Cfr., ad esempio:

  • Cass. pen. IV, 08/02/2022, n. 4323, che ha confermato la condanna di un medico e di una infermiera per aver praticato una trasfusione con esito infausto in contrasto con quanto previsto dal protocollo ospedaliero e dalla raccomandazione ministeriale n. 5 (“Prevenzione della reazione trasfusionale da incompatibilità AB0”);
  • Cass. pen. IV, 13/01/2022, n. 824, che ha confermato la sussistenza della responsabilità penale (anche se il reato risultava estinto per prescrizione), a carico di due medici chirurghi, uno strumentista ed una infermiera per aver cagionato una lesione grave a paziente nella cui cavità addominale era stata lasciata una garza, in violazione della raccomandazione ministeriale n. 2 (“Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”);
  • Cass. pen. IV, 11/01/2022, n. 392, che ha confermato la sussistenza della responsabilità penale (anche se il reato risultava estinto per prescrizione), a carico del primo operatore di équipe chirurgica e dell’infermiere di sala operatoria per aver cagionato una lesione grave a paziente nel cui addome era stata dimenticata una garza laparotomica, in violazione della raccomandazione ministeriale n. 2 (“Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”);
  • Cass. pen. IV, 15/02/2021, n. 5806, che ha confermato la condanna di due chirurghi per aver cagionato la morte di paziente nel cui addome era stata dimenticata una pinza di considerevoli dimensioni, in violazione della raccomandazione ministeriale n. 2 (“Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”);
  • Cass. pen. IV, 22/07/2019, n. 32477, che ha confermato la sussistenza della responsabilità penale (anche se il reato risultava estinto per prescrizione), a carico di un ginecologo, un anestesista e del direttore sanitario di struttura privata, per il decesso di una gestante verificatosi a causa della mancata implementazione della raccomandazione ministeriale n. 6 (“Prevenzione della morte materna correlata al travaglio e/o parto”);
  • Cass. pen. IV, 13/05/2019, n. 20270, che ha sostanzialmente confermato la condanna di alcuni medici ed infermieri per aver cagionato la morte di paziente dovuta a somministrazione del farmaco “Vinblastina” con dosaggio dieci volte superiore a quello appropriato (90 mg contro 9 mg), in violazione della raccomandazione ministeriale n. 14 (“Prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici”);
  • Cass. pen. IV, 06/12/2018, n. 54573, che ha confermato la condanna di due chirurghi per aver cagionato una lesione grave a paziente nella cui cavità pleurica era stata derelitta una garza di considerevoli dimensioni, in violazione della raccomandazione ministeriale n. 2 (“Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”).

I soggetti destinatari delle raccomandazioni ministeriali

Le raccomandazioni ministeriali rappresentano, come detto, importanti strumenti di governo del rischio clinico che vedono come principali destinatari le strutture e gli operatori sanitari.

In particolare, lo stesso tenore letterale delle raccomandazioni consente di ritenere che esse siano per lo più indirizzate alle strutture sanitarie e, specificamente, a tutti gli operatori coinvolti nel processo diagnostico, terapeutico, assistenziale, di gestione del farmaco, di manutenzione dei mezzi, delle strutture, dei tessuti o dei dispositivi, che forma rispettivamente oggetto di ciascuna raccomandazione.

E’ sufficiente leggere quanto diffusamente indicato nella sezione “ambito di applicazione” delle raccomandazioni stessa. Fanno però parzialmente eccezione:

  • la raccomandazione n. 14 (“Prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici”), che annovera, tra i suoi destinatari, anche le “Regioni e Province Autonome” e dispone che “Le Regioni e Province Autonome includono nella valutazione dei Direttori generali le attività di monitoraggio dell’implementazione della presente Raccomandazione”;
  • la raccomandazione n. 18 (“Raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia conseguenti all’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli”), che annovera, tra i suoi destinatari, anche le “Regioni e Province Autonome” e dispone che “Le Regioni e le Province Autonome contribuiscono alla diffusione della presente Raccomandazione. […] Le Regioni e Province Autonome includono nella valutazione dei Direttori generali le attività di monitoraggio dell’implementazione della Raccomandazione”;
  • la raccomandazione n. 19 (“Raccomandazione per la manipolazione delle forme farmaceutiche orali solide”), che annovera, tra i suoi destinatari, anche le “Regioni e Province Autonome” e dispone che “L’implementazione sarà oggetto di monitoraggio a livello regionale e a livello nazionale. Le Regioni e le Province Autonome includono nella valutazione dei Direttori Generali l’implementazione della presente Raccomandazione”.

Implementazione e monitoraggio delle raccomandazioni ministeriali

Inoltre, le raccomandazioni devono essere recepite ed implementate a cura delle strutture sanitarie e, per esse, delle rispettive direzioni aziendali, le quali devono altresì provvedere alla relativa diffusione tra gli operatori sanitari interessati, favorendone e monitorandone l’applicazione, salvo predisporre proprie autonome procedure scritte e/o protocolli standardizzati qualora decidano (assumendosene la responsabilità) di non utilizzare una o più tra le raccomandazioni. Si confronti, in proposito, quanto previsto:

  • nella raccomandazione n. 2 (“Prevenire la ritenzione di garze, strumenti o altro materiale all’interno del sito chirurgico”): “Le Direzioni Aziendali che decidano di non utilizzare la presente raccomandazione devono predisporre una propria procedura standardizzata per il conteggio del materiale chirurgico con la finalità di ridurre il rischio di ritenzione di corpi estranei all’interno del sito chirurgico” (punto 5);
  • nella raccomandazione n. 3 (“Corretta identificazione dei pazienti, del sito chirurgico e della procedura”): “Le Direzione Aziendali che decidano di non utilizzare la presente raccomandazione devono predisporre una propria procedura standardizzata, che assicuri la corretta identificazione del paziente, del corretto sito chirurgico e della corretta procedura” (punto 5);
  • nella raccomandazione n. 7 (“Prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica”): “Le Direzioni aziendali che decidano di non utilizzare la Raccomandazione devono predisporre una propria procedura per la corretta gestione dei farmaci in ospedale tenendo conto delle risorse economiche disponibili nonché delle prestazioni erogate e della propria organizzazione” (punto 5);
  • nella raccomandazione n. 11 (“Morte o grave danno conseguenti ad un malfunzionamento del sistema di trasporto (intraospedaliero, extraospedaliero)”): “Le Direzione aziendali e i Sistemi di emergenza territoriale 118, che decidono di non utilizzare la Raccomandazione, devono predisporre una propria procedura per prevenire la morte o danno conseguenti ad un malfunzionamento del sistema di trasporto” (punto 5);
  • nella raccomandazione n. 15 (“Morte o grave danno conseguente a non corretta attribuzione del codice triage nella Centrale operativa 118 e/o all’interno del Pronto soccorso”): “Le Direzioni Aziendali che decidono di non utilizzare la presente raccomandazione devono predisporre proprie procedure scritte e standardizzate per l’individuazione di idonee misure preventive della morte o grave danno conseguente ad errata attribuzione del codice di triage” (punto 5).

In ogni caso, considerato che le funzioni legislative ed amministrative in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera sono di competenza regionale (art. 2, comma 1, d.lgs. n. 502/1992), e che alle stesse regioni spettano la determinazione dei principi sull’organizzazione dei servizi sanitari e sui relativi criteri di finanziamento, così come le attività di indirizzo tecnico, promozione, supporto, controllo di gestione e valutazione della qualità delle prestazioni sanitarie erogate nell’ambito territoriale di competenza (art. 2, comma 2, d.lgs. n. 502/1992), è indubbio che tale ruolo comporti l’obbligo per l’ente regione di promuovere e monitorare il recepimento, l’implementazione ed il concreto rispetto delle raccomandazioni ministeriali da parte delle strutture sanitarie del SSR.

La compilazione del più volte menzionato “Questionario” approvato dal Comitato LEA in base all’Intesa Stato-regioni del 23/03/2005 è indubbiamente condizione necessaria, ancorché non sufficiente, dell’adempimento di tale obbligo di promozione e monitoraggio.

§ 4. I Centri Regionali per la Gestione del Rischio Sanitario e la Sicurezza del Paziente

Giova rammentare che la disciplina del risk management sottende compiti e funzioni che rientrano nella “tutela della salute, materia sottoposta alla competenza concorrente di cui all’art. 117, comma 3, Cost., in forza del quale “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

Si tratta, tuttavia, di materia inevitabilmente connessa coni “livelli essenziali delle prestazioni di cui all’art. 117, comma 2, lettera m). La sicurezza dei pazienti, infatti, è presupposto imprescindibile per l’erogazione dei LEA in condizione di appropriatezza, efficienza e compatibilità con le risorse del SSN (come dimostra, del resto, il fatto che l’implementazione delle strategie di risk management costituisca una verifica da compiere in sede di monitoraggio LEA).

Inoltre, essa può interferire anche con la “profilassi internazionale di cui all’art. 117, comma 2, lettera q), quanto alla prevenzione di eventuali malattie infettive diffusive.

Pertanto, si deve ritenere che l’autonomia normativa regionale sia delimitata da confini piuttosto stringenti e debba essere, in ogni caso, esercitata in modo tale da inserirsi armonicamente nel contesto delle disposizioni adottate a livello nazionale.

Il ruolo e le competenze dei centri regionali per la gestione del rischio clinico

Quanto al ruolo e alle competenze dei centri regionali per la gestione del rischio clinico, la norma nazionale di riferimento è costituita dall’art. 2 legge n. 24/2017, secondo cui in ogni regione deve essere istituito, “con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”, un “Centro per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente”, il quale deve:

  1. raccogliere dalle strutture sanitarie i dati regionali sui rischi ed eventi avversi e sul contenzioso, nonché
  2. trasmettere annualmente tali dati, mediante procedura telematica unificata a livello nazionale, all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità, il quale, a sua volta, a mente dell’art. 3 legge n. 24/2017, si avvale del SIMES.

Occorre, ad ogni modo, ricordare che, in data 12/02/2019, è stato approvato dalla Commissione Salute della Conferenza Stato-regioni un documento, elaborato dalla Sub Area Rischio Clinico, denominato “Linee di indirizzo sulle architetture regionali dei Centri per la Gestione del Rischio Sanitario e la Sicurezza del paziente”, che – pur non avendo chiaramente efficacia vincolante, né tantomeno valenza normativa – contiene indicazioni operative utili ad agevolare l’applicazione della legge n. 24/2017, che le regioni e le province autonome possono valutare discrezionalmente di adottare al fine di promuovere le politiche sanitarie sulla sicurezza delle cure e favorire “una armonica adozione delle raccomandazioni ed indicazioni europee e nazionali nelle realtà specifiche di ogni Regione e Provincia Autonoma rendendo operativa una rete nazionale” (così il “razionale” del documento).

In particolare, il documento – alla cui lettura integrale si rimanda, per ovvie ragioni di sintesi – si articola:

  • in una premessa dedicata ai principi guida, con elencazione dei punti di forza e delle criticità ravvisabili nel contesto nazionale.
  • Segue l’indicazione degli “elementi minimi” ritenuti necessari per l’attivazione dei centri regionali;
  • delle caratteristiche con cui dovrebbero essere configurati;
  • della “rete regionale” di riferimento entro il cui ambito dovrebbero essere collocati;
  • delle politiche attraverso cui dovrebbero esercitare le rispettive azioni strategiche;
  • delle funzioni essenziali che dovrebbero svolgere;
  • delle modalità in cui dovrebbero garantire la misurazione delle attività relative alla sicurezza delle cure;
  • dei ruoli che dovrebbero svolgere in materia di comunicazione e formazione.

Le funzioni essenziali dei centri

In questo contesto, il ruolo dei centri regionali per la gestione del rischio clinico riveste assoluta centralità, laddove se ne valorizzino, come sopra specificato, i compiti e le funzioni ulteriori rispetto alla mera attuazione di quanto previsto all’art. 2 legge n. 24/2017.

In proposito, le menzionate “linee di indirizzo” prodotte dalla Sub Area Rischio Clinico indicano, tra le funzioni essenziali che dovrebbero essere svolte dai centri regionali per la gestione del rischio sanitario e la sicurezza del paziente:

  • indirizzo e monitoraggio sulla tematica della sicurezza delle cure (ad es., attraverso il coinvolgimento nei documenti annuali per la gestione del SSR);
  • definizione di obiettivi annuali coerenti con le politiche regionali e condivisi con i soggetti responsabili (sia a livello regionale che delle singole aziende) e loro valutazione almeno su base annuale attraverso indicatori concordati;
  • offerta di sostegno alle aziende nell’attuazione delle indicazioni regionali e nelle azioni per la riduzione dei rischi;
  • promozione dell’implementazione delle raccomandazioni, diffusione e promozione di buone pratiche per la sicurezza delle cure;
  • promozione di sinergie tra i coordinatori dell’attività di gestione del rischio delle organizzazioni sanitarie, al fine di favorire una omogenea applicazione delle indicazioni nazionali e regionali;
  • gestione del flusso informativo SIMES relativo alla segnalazione degli eventi sentinella e alla registrazione dei sinistri, garantendo supporto all’analisi dei dati del contenzioso;
  • favorire la messa a regime in tutte le strutture del sistema di segnalazione degli incidenti (“incident reporting”);
  • favorire l’effettuazione di analisi dei casi e dei relativi feedback;
  • individuazione delle fonti informative funzionali ad assicurare l’armonizzazione, il consolidamento e lo sviluppo delle funzioni regionali di monitoraggio epidemiologico, prevenzione e gestione dei rischi;
  • raccolta dalle strutture dei dati regionali relativi ai rischi, agli eventi avversi e agli eventi sentinella, nonché agli eventi senza danno, alle tipologie dei sinistri, alle cause, all’entità, alla frequenza e all’onere finanziario del contenzioso, al fine della trasmissione all’Osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza nella sanità;
  • monitoraggio dell’implementazione delle raccomandazioni ai fini della garanzia dei relativi Livelli Essenziali di Assistenza (questionario LEA);
  • supporto alla ricerca e sviluppo di innovazioni riguardo al tema della sicurezza delle cure;
  • cura dei rapporti con i cittadini sul tema, attraverso la relazione con i loro organismi di rappresentanza;
  • presenza e rappresentanza regionale sul tema nei contesti istituzionali di ambito regionale e nazionale;
  • promozione di attività di comunicazione e diffusione di informazioni sul tema della sicurezza e qualità delle cure, anche attraverso la gestione di un sito web, di sezioni specifiche o social network, sia come strumento di informazione per i cittadini e per i professionisti sanitari, sia in un’ottica di trasparenza di dati.

Il documento in questione si conclude affermando:

Il Centro deve essere promotore dell’attività di miglioramento continuo, quindi proporre e sostenere l’attività di valutazione, monitoraggio e implementazione delle azioni di miglioramento”,

Linee di indirizzo sulle architetture regionali dei Centri per la Gestione del Rischio Sanitario e la Sicurezza del paziente, 2019

Con ciò si indicano precisamente, in maniera sintetica quanto incisiva, i principi base che ogni regione e provincia autonoma può – e dovrebbe – seguire per declinare nel proprio contesto operativo l’assetto del centro regionale per la gestione del rischio clinico.

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