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Avv. Gabriele Chiarini: Occorre Organizzazione per prevenire gli Errori Sanitari in Italia

Intervista di “Uomo & Manager”

L’Avv. Gabriele Chiarini è stato intervistato dalla rivista “Uomo & Manager” sul tema degli errori sanitari in Italia e dei costi che i sistema sanitario deve sopportare per rimediare ai danni derivanti dalla malpractice medica. Trascriviamo di seguito il testo integrale dell’intervista.

 

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INDICE SOMMARIO

 

1) 22,5 miliardi di euro per errori medici ogni anno in Italia. Quali sono i fattori che incidono su un dato del genere?

La stima si fonda sui dati evidenziati nel recente Report elaborato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (congiuntamente all’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico ed alla Banca Mondiale) in tema di qualità dei servizi sanitari.

L’O.M.S. sottolinea che, in media, il 15% della spesa sanitaria nei Paese sviluppati è destinato a coprire i costi direttamente derivanti da “eventi avversi”, vale a dire da errori che cagionano un danno al paziente.

Considerato che la spesa sanitaria corrente in Italia oscilla tra 140 e 150 miliardi di euro all’anno (secondo le rilevazioni I.S.T.A.T.), il conto è presto fatto: da 21 a 22,5 miliardi di euro è la spesa che il nostro Paese consuma ogni anno per rimediare agli errori medico-sanitari.

Una (piccola) porzione di questo importo è destinata a risarcire i pazienti che siano rimasti vittima dell’errore, o le rispettive famiglie, in caso di decesso; la fetta più larga copre, invece, i costi sanitari per le cure aggiuntive da erogare e per il prolungamento delle degenze ospedaliere.

 

2) E a suo avviso che cosa si può fare?

Gli errori sanitari sono quasi sempre la punta di un iceberg, e rappresentano il risultato di problematiche di natura organizzativa, piuttosto che di cause isolate.

Infatti, salvo casi eccezionali di macroscopiche responsabilità individuali, anche gli errori del singolo sanitario sono ricollegabili a fattori sistemici detti “latenti”. Penso, in particolare, a quelle condotte imputabili a stress da sovraffaticamento lavorativo, disattenzione o difetto di comunicazione, che spesso sono dipendenti da inefficienze nell’organizzazione dei reparti e dei turni di lavoro, da obsolescenza degli ambienti strutturali o dei macchinari, da omessa manutenzione dei dispositivi sanitari, da assenza di standards clinici adeguati, da carenza di personale, o – più in generale – da una erronea allocazione delle risorse.

Le Strutture Sanitarie possono reagire agli eventi avversi in due modi differenti:

  • possono incolpare l’ultimo anello della catena, addossando tutta la responsabilità all’autore materiale dell’errore;
  • oppure possono prendere atto della presenza di debolezze o inefficienze di sistema, intervenendo con progetti ed azioni di riforma al fine di individuare e correggere le criticità latenti.

Solo se agiscono in quest’ultima direzione, naturalmente, possono avvicinarsi all’obiettivo della sicurezza, liberandosi da quella che James Reason definiva come “Sindrome dei Sistemi Vulnerabili“.

Inoltre, la strategia di prevenzione degli errori deve includere azioni che influiscano direttamente sulle relative cause, come la diffusione di checklists e procedure operative standard, la creazione di sistemi di segnalazione degli eventi critici, l’utilizzo di sistemi informatici all’avanguardia per la prescrizione e la gestione del farmaco, cercando di coinvolgere in questa direzione non soltanto il management ma tutto il personale operativo.

 

3) Lei come avvocato si è occupato e si occupa spesso di seguire vicende di “malasanità”, ha quindi avuto modo di conoscere molto bene il fenomeno. Ci può raccontare qualche caso particolarmente significativo?

Il caso su cui ho appena finito di lavorare, per esempio, è molto toccante sotto il profilo umano: una donna – matura, ma non anziana – aveva iniziato ad accusare piccoli dolori articolari che le rendevano difficile la pratica del ballo liscio, sua grande passione. Lasciatasi convincere ad affrontare un intervento chirurgico di artroprotesi presso una clinica privata, ha purtroppo contratto una infezione ospedaliera, peraltro tardivamente ed erroneamente trattata, che l’ha condotta a morte dopo un calvario clinico di circa due mesi. Il tragico evento, del tutto repentino ed ingiustificato considerata l’età della signora e la banalità della problematica che l’affliggeva, ha lasciato il marito e i figli nel dolore più cupo, sconvolgendo le loro esistenze. E’ chiaro, dunque, come nessun risarcimento – che pur verrà erogato – possa restituire loro la serenità perduta per la scomparsa della persona cara.

Nella mia esperienza professionale, mi capita di gestire numerosi casi relativi ad infezioni nosocomiali, spesso con esito mortale. Si tratta di un tema assai coinvolgente, anche perché – come ci dicono le statistiche – almeno il 50% (ma io direi forse più) dei decessi direttamente determinati da infezioni correlate all’assistenza sanitaria sarebbe evitabile, se solo si rispettassero puntualmente le misure di prevenzione.

Abbiamo poi trattato eventi avversi dovuti a diagnosi tardive, emorragie non rilevate, errori o ritardi nell’esecuzione di interventi chirurgici, ed anche tipiche disfunzioni organizzative della struttura sanitaria (il “caso limite”, che abbiamo incontrato e concluso favorevolmente, riguardava la morte di un giovane che non era stato sottoposto ad un esame diagnostico necessario perché, per una erronea predisposizione dei turni di lavoro, non c’era nessun sanitario – presente o reperibile – in grado di utilizzare il macchinario!).

Ma anche le questioni apparentemente meno significative nascondono principi di grande rilievo, come il rispetto della dignità del paziente. Ricordo, in proposito, il caso del risarcimento che abbiamo ottenuto in favore di una anziana paziente che era stata offesa e derisa da una operatrice nel corso della degenza ospedaliera.

 

Ti serve aiuto per un caso di malasanità?

 

4) Ed invece lo Stato cosa dovrebbe fare per ridurre l’incidenza degli errori sanitari?

Come ho anticipato, dovrebbe destinare prioritaria attenzione (e adeguate risorse) al profilo organizzativo del sistema sanitario. Penso, ad esempio, a quanto poco rigore si riservi alla verifica dell’esistenza e del funzionamento dei CC.II.OO. (Comitati per la lotta alle Infezioni Ospedaliere), che sono obbligatori almeno dal 1985 e, ciò nondimeno, in alcune strutture – anche rinomate – non sono stati istituiti o, comunque, non operano con regolarità e con efficacia.

Inoltre, dovrebbe verificare che tutte le strutture – pubbliche e private – si adeguino all’obbligo, imposto per legge, di attivare una adeguata funzione di monitoraggio, prevenzione e gestione del rischio sanitario (cd. risk management), al fine di realizzare idonei percorsi di monitoraggio e di prevenzione delle criticità più frequenti in ambito sanitario. Sotto questo profilo, è già stato normativamente introdotto il divieto di utilizzare gli atti relativi all’attività di gestione del rischio clinico nei procedimenti giudiziari contro la struttura e contro i medici. Questo – si auspica – dovrebbe incentivare la spontanea segnalazione degli eventi avversi, vincendo la tradizionale resistenza degli operatori sanitari, spesso riluttanti a riportare errori per paura delle relative ripercussioni.

 

5) Cosa si può fare concretamente per tutelarsi nel caso si ritenesse di essere vittime di un caso di malasanità?

Bisogna partire dal presupposto che la sanità nel nostro Paese si attesta mediamente su un ottimo livello, con punte di eccellenza. Per questo, noi siamo sempre molto cauti nella valutazione dei casi di responsabilità sanitaria che ci vengono sottoposti.

Purtroppo la fallibilità umana è una condizione inevitabile, pertanto gli errori accadono in tutti gli ambiti professionali, quindi anche in sanità.

Avvocato MalasantàLa prima cosa da fare, per chi vuole appurare se un evento avverso configuri una ipotesi di responsabilità sanitaria, è capire se si è verificato un errore, vale a dire una deviazione rispetto a ciò che sarebbe dovuto accadere in conformità alle indicazioni prescritte dalle linee guida e dalle buone pratiche mediche. In sostanza, bisogna verificare se il medico ha tenuto, nella fattispecie, il comportamento che avrebbe tenuto il professionista “medio” (che – per inciso – non vuol dire “mediocre”, ma di media diligenza e quindi bravo, vale a dire preparato, coscienzioso e competente).

Ma la medical malpractice non è concretata soltanto dalla colpa: si deve anche accertare che si sia verificato un danno per il paziente e che questo danno sia ricollegabile eziologicamente (cioè causalmente) alla condotta colposa.

Se queste verifiche preliminari hanno esito positivo, allora la vicenda configura responsabilità sanitaria ed esistono le basi per una azione legale. Noi suggeriamo di privilegiare la strada di una richiesta risarcitoria in sede civile, mentre sconsigliamo – salvo casi eccezionali – la proposizione di una denuncia-querela per malasanità in sede penale, decisamente più ardua da coltivare.

Uno studio legale esperto in materia, con il necessario supporto medico legale e specialistico, effettuerà queste valutazioni e sarà in grado di gestire il sinistro con la struttura responsabile e con l’eventuale compagnia assicurativa fino all’erogazione del risarcimento.

 

6) Lo Studio Chiarini però non si occupa solo di questo, ci può parlare delle vostre attività più in generale?

In linea generale, siamo convinti che l’eccessiva specializzazione in una singola disciplina non giovi alla qualità dei servizi professionali. E’ chiaro: la complessità normativa che caratterizza l’epoca attuale rende impraticabile l’idea che tutti possano occuparsi di tutto, ma non si può prescindere dalla considerazione della fondamentale unitarietà del sistema giuridico. Per questo, in Studio, tendiamo ad utilizzare un approccio multidisciplinare rispetto ad ogni caso affrontato.

Oltre alla responsabilità sanitaria, che riveste assoluta centralità nella nostra attività professionale, ci occupiamo con passione e soddisfazione di responsabilità civile in senso ampio (infortunistica stradale, professionale, sportiva, nautica, privata e sul lavoro), nonché di consulenza globale all’imprenditore in tutte le materie di preminente interesse aziendale: dalla contrattualistica al diritto commerciale, dalla gestione della crisi alle procedure concorsuali. Tra i servizi dedicati alle imprese, i nostri professionisti hanno maturato specifica competenza nel settore della tutela del credito e in quello dedicato alla consulenza in materia di lavoro e previdenza.

Il diritto penale è un altro ramo in cui siamo in grado di offrire servizi particolarmente qualificati, grazie soprattutto alla profonda e diversificata esperienza maturata dal senior partner e fondatore dello Studio, l’avv. Giovanni Chiarini.

 

7) La nostra rivista ama anche raccontare manager e professionisti dal punto di vista delle loro passioni, del loro modo di vivere. Ci può raccontare qualcosa di lei? Passioni, hobby…

Il lavoro assorbe naturalmente gran parte delle mie giornate, ma cerco sempre di ritagliarmi un po’ di tempo di qualità da trascorrere con le persone più care.

Apprezzo i viaggi: sia quelli verso mete lontane, quando è possibile, per ampliare gli orizzonti grazie al contatto con culture e tradizioni differenti; sia quelli brevi, magari anche solo nel week-end, per scoprire o riscoprire piccole e grandi località del nostro Paese, che resta probabilmente il più bello del mondo.

Sono incuriosito dall’architettura d’interni. Mi piace sperimentare e cambiare, qualcuno dice troppo spesso, l’organizzazione degli spazi di arredamento, mescolando stili classici con pezzi di design.

Non posso rinunciare alla pratica abituale di attività sportiva, perché – come diceva Giovenale – l’esercizio fisico è condizione indispensabile per l’efficienza delle facoltà intellettive.

 

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