Ultimo Aggiornamento 18 Giugno 2025
L’ictus è un evento neurologico dovuto a un’insufficienza vascolare cerebrale improvvisa. Si manifesta quando il flusso di sangue al cervello viene interrotto, privando il tessuto cerebrale dell’ossigeno e causando la morte delle cellule cerebrali in pochi minuti.
“Colpo”: è questo il significato della parola latina “ictus” (in inglese “stroke”). Ed infatti, la sua comparsa è improvvisa e “colpisce” la vittima in modo repentino e inaspettato.
L’ictus cerebrale colpisce ogni anno circa 200.000 persone in Italia, rappresentando la seconda causa di morte dopo le malattie cardiache e la prima causa assoluta di disabilità nel nostro Paese (dati ISS 2024).
Questa drammatica realtà trasforma l’ictus in una patologia tempo-dipendente, dove la rapidità e l’appropriatezza dell’intervento medico possono fare la differenza tra la vita e la morte, tra il recupero completo e la disabilità permanente.
Ritardi anche di poche ore (talvolta minuti) possono invece compromettere la sopravvivenza e/o la guarigione del paziente, esponendo i sanitari a responsabilità.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Cos’è l’ictus cerebrale
- § 2. Sintomi dell’ictus: come riconoscerli
- § 3. Cause e fattori di rischio dell’ictus
- § 4. Diagnosi e trattamento dell’ictus
- § 5. Conseguenze e riabilitazione post-ictus
- § 6. Ictus e responsabilità medica: quando c’è malasanità
- § 7. Come valutare un caso di malasanità per ictus
- § 8. Risarcimento danni per errore medico nell’ictus
- § 9. FAQ sull’ictus e responsabilità medica
§ 1. Cos’è l’ictus cerebrale
L’ictus cerebrale è un’improvvisa interruzione del flusso sanguigno al cervello che provoca la morte delle cellule cerebrali. Quando il sangue non riesce più a raggiungere una zona del cervello, le cellule nervose rimangono prive di ossigeno e nutrienti e iniziano a morire nel giro di pochi minuti, causando danni che possono diventare permanenti.
Possiamo distinguere due tipi principali di ictus, profondamente diversi per cause e meccanismi.
- L’ictus ischemico, che rappresenta circa l’85% dei casi, si verifica quando un’arteria cerebrale viene ostruita da un coagulo di sangue (trombo). Questo coagulo può formarsi direttamente nell’arteria cerebrale (trombosi) oppure arrivare da altre parti del corpo, tipicamente dal cuore (embolia).
- L’ictus emorragico, invece, è causato dalla rottura di un’arteria cerebrale. Il sangue che fuoriesce dalla rottura si accumula nel tessuto cerebrale circostante, comprimendolo e danneggiandolo. Talvolta viene ancora chiamato con i termini più antichi di “apoplessia” o “colpo apoplettico”, che evocano proprio l’idea di un arresto improvviso delle funzioni cerebrali seguito spesso da stato di coma.
§ 1.1 Ictus ischemico vs ictus emorragico
La distinzione tra questi due tipi è fondamentale perché il trattamento è completamente diverso. Nell’ictus ischemico bisogna ripristinare rapidamente il flusso sanguigno, sciogliendo o rimuovendo il coagulo. Nell’ictus emorragico, invece, bisogna fermare l’emorragia e ridurre la pressione sul cervello.
Purtroppo, mentre per l’ictus ischemico esistono terapie efficaci se somministrate tempestivamente (entro 4,5 ore per la trombolisi), per l’ictus emorragico non esiste ancora una cura sicuramente efficace, rendendo la prevenzione ancora più cruciale.
§ 1.2 I numeri dell’ictus in Italia
L’impatto dell’ictus nel nostro Paese è devastante. Secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità (2024), ogni anno si registrano circa 200.000 nuovi casi, mentre sono oltre 930.000 le persone che vivono con le conseguenze di un ictus pregresso (quotidiano Sanità).
L’ictus rappresenta la seconda causa di morte in Italia dopo le malattie cardiache, provocando circa 53.000 decessi l’anno. Ma il dato più drammatico riguarda la disabilità: l’ictus è la prima causa assoluta di invalidità, con il 75% dei sopravvissuti che presenta deficit di varia gravità e il 50% che perde completamente l’autosufficienza (dati ISS)
§ 2. Sintomi dell’ictus: come riconoscerli
Riconoscere tempestivamente i sintomi dell’ictus può salvare la vita o ridurre drasticamente le conseguenze invalidanti. I sintomi compaiono improvvisamente e peggiorano rapidamente, motivo per cui è fondamentale agire con la massima urgenza.
§ 2.1 I segnali d’allarme immediati
I sintomi principali dell’ictus includono l’emiparesi, ovvero la debolezza o paralisi di un lato del corpo (destro o sinistro), che rappresenta il segno più caratteristico. La persona può improvvisamente non riuscire più a muovere braccio e gamba dello stesso lato, o avvertire una sensazione di formicolio e perdita di sensibilità.
Lo stato confusionale è un altro campanello d’allarme importante: la persona appare disorientata, non comprende ciò che le viene detto o risponde in modo inappropriato. Spesso si manifesta insieme alla difficoltà nell’articolare le parole (disartria) o alla completa incapacità di parlare (afasia).
I disturbi visivi possono presentarsi come difficoltà nel vedere da uno o entrambi gli occhi, visione doppia o perdita improvvisa della vista da un lato. Talvolta, questi sintomi sono associati a mal di testa intenso e improvviso, diverso dal solito, che alcuni pazienti descrivono come “il peggior mal di testa della mia vita”, accompagnato da nausea o vertigini.
§ 2.2 La regola FAST per il riconoscimento rapido
Per aiutare chiunque a riconoscere un ictus, è stata sviluppata la regola FAST, un acronimo inglese facile da ricordare:
F – Face (Faccia): chiedere alla persona di sorridere. Se un lato del viso non si muove o la bocca è storta, potrebbe essere ictus.
A – Arms (Braccia): far alzare entrambe le braccia. Se una cade o non si alza, è un segnale d’allarme.
S – Speech (Linguaggio): far ripetere una frase semplice. Se le parole sono confuse o incomprensibili, chiamare immediatamente il 118.
T – Time (Tempo): il tempo è cervello. Ogni minuto conta, chiamare subito i soccorsi annotando l’ora di inizio dei sintomi.
§ 2.3 Differenza tra ictus e TIA (attacco ischemico transitorio)
Quando i sintomi compaiono per pochi minuti e poi scompaiono completamente, si parla di attacchi ischemici transitori (TIA), chiamati anche “mini-ictus”. Questi episodi sono segnali molto importanti, perché possono presagire un ictus vero e proprio: circa un terzo delle persone che ha avuto un TIA sviluppa un ictus completo entro un anno, spesso nelle prime 48 ore.
Il TIA non deve mai essere sottovalutato: anche se i sintomi regrediscono spontaneamente, è fondamentale recarsi immediatamente in ospedale per gli accertamenti necessari e iniziare una terapia preventiva che può ridurre drasticamente il rischio di un ictus maggiore.
§ 3. Cause e fattori di rischio dell’ictus
L’ictus non colpisce a caso. Esistono fattori di rischio ben identificati che aumentano significativamente le probabilità di essere colpiti da questa patologia. Conoscerli significa poter intervenire per prevenire fino al 90% dei casi, come confermato dall’Istituto Superiore di Sanità. Eccone alcuni:
- Il principale fattore di rischio per l’ictus è la pressione alta (ipertensione). Circa il 27% degli ipertesi in Italia non è consapevole della propria condizione. Ciò implica che circa due terzi dei casi sono diagnosticati. L’ipertensione danneggia silenziosamente le arterie cerebrali per anni, rendendole più fragili e prone alla rottura o all’occlusione. Controllare la pressione significa ridurre il rischio di ictus.
- L’obesità e il sovrappeso aumentano il rischio attraverso molteplici meccanismi: favoriscono l’ipertensione, il diabete e l’accumulo di grassi nelle arterie.
- Anche il colesterolo alto, in particolare quello LDL (il cosiddetto “colesterolo cattivo”), contribuisce alla formazione delle placche aterosclerotiche che possono ostruire i vasi cerebrali
- Il diabete raddoppia il rischio di ictus, danneggiando progressivamente i piccoli e grandi vasi sanguigni
- La sedentarietà è un killer silenzioso: bastano 30 minuti di attività fisica moderata al giorno per ridurre significativamente il rischio
- Il fumo di sigaretta triplica il rischio di ictus
- Il consumo eccessivo di alcool aumenta soprattutto il rischio di ictus emorragico.
§ 3.1 Fattori di rischio non modificabili
Alcuni fattori di rischio non possono essere modificati, ma conoscerli permette di intensificare la prevenzione:
- L’età è il principale: dopo i 55 anni, il rischio di ictus raddoppia per ogni decade di vita. Gli uomini hanno un rischio leggermente superiore fino ai 75 anni, dopo di che le donne li superano.
- La familiarità gioca un ruolo importante: chi ha parenti di primo grado colpiti da ictus ha un rischio aumentato del 30%.
- Anche l’etnia influisce, con le popolazioni afroamericane e asiatiche che presentano un rischio maggiore.
- Chi ha già avuto un ictus o un TIA ha un rischio molto elevato di recidiva, che può arrivare al 30% nei primi 5 anni.
§ 3.2 Prevenzione dell’ictus celebrale
Adottare uno stile di vita sano è la prima linea di difesa per la prevenzione dell’ictus. La prevenzione primaria, rivolta a chi non ha mai avuto un ictus, si basa su: mantenere una pressione arteriosa controllata (sotto 130/80 mmHg), seguire una dieta equilibrata ricca di frutta, verdura e povera di sale, praticare regolare attività fisica, evitare il fumo e moderare il consumo di alcol.
La prevenzione secondaria, per chi ha già avuto un ictus o TIA, richiede inoltre una terapia farmacologica specifica: antiaggreganti o anticoagulanti per prevenire la formazione di coaguli, statine per controllare il colesterolo, farmaci antipertensivi. Il controllo e la gestione efficace delle condizioni mediche preesistenti come l’ipertensione, il diabete e la fibrillazione atriale possono ridurre il rischio di recidiva.
La consapevolezza dei fattori di rischio e l’adozione di misure preventive adeguate possono letteralmente salvare la vita, proteggendo la salute cerebrale e riducendo drasticamente le probabilità di sviluppare un ictus.
§ 4. Diagnosi e trattamento dell’ictus
L’ictus ischemico è una situazione di emergenza medica: una rapida e corretta diagnosi risulta di fondamentale importanza per somministrare la terapia giusta e, di conseguenza, garantire al paziente la probabilità di guarire senza postumi significativi.
§ 4.1 Gli esami diagnostici essenziali
Il primo e più importante esame è la TAC cerebrale senza mezzo di contrasto, che deve essere eseguita entro 25 minuti dall’arrivo in ospedale. La TAC permette di distinguere immediatamente tra ictus ischemico ed emorragico, distinzione fondamentale perché il trattamento è completamente diverso. In caso di ictus ischemico, la TAC può apparire normale nelle prime ore, mentre mostra subito il sangue in caso di emorragia.
La Risonanza Magnetica (RM) è più sensibile della TAC nel rilevare l’ischemia nelle prime ore, ma richiede tempi più lunghi. Per questo viene riservata ai casi dubbi o per una valutazione più dettagliata dopo la fase acuta. L’angio-TAC o angio-RM permettono di visualizzare i vasi cerebrali e identificare con precisione la sede dell’occlusione, informazione cruciale per pianificare interventi come la trombectomia.
Altri esami fondamentali includono l’elettrocardiogramma per identificare aritmie come la fibrillazione atriale, gli esami del sangue (glicemia, funzionalità renale, coagulazione) e l’ecocardiogramma per escludere fonti cardiache di emboli.
§ 4.2 La finestra terapeutica: perché il tempo è cervello
“Time is brain” è il mantra della neurologia vascolare: ogni minuto di ritardo comporta la morte di circa 2 milioni di neuroni. L’ictus ischemico è una patologia tempo-dipendente che richiede interventi terapeutici immediati: riconoscere i sintomi in tempo ed avviare il paziente ad un percorso diagnostico-terapeutico adeguato è di fondamentale importanza ai fini di una corretta gestione del rischio clinico.
Il tessuto cerebrale interessato dall’ictus viene privato dell’ossigeno e dei nutrienti portati dal sangue, rimanendo quindi lesionato. Esiste però una “zona di penombra” intorno all’area colpita che può essere salvata se il flusso viene ripristinato rapidamente.
§ 4.3 Trombolisi e trombectomia: quando e come
I dati della letteratura scientifica indicano che, se trattati entro le prime 4,5 ore dall’esordio sintomatologico con terapia trombolitica (farmaco che scioglie il coagulo), il 25% dei pazienti con ictus ischemico non muore e/o guarisce senza postumi invalidanti, rispetto ad un’aspettativa prossima allo 0% nei casi non trattati.
La trombectomia meccanica, che consiste nella rimozione fisica del coagulo mediante un catetere inserito dall’arteria femorale, ha rivoluzionato il trattamento dell’ictus. Può essere eseguita entro 6 ore dall’esordio dei sintomi (in alcuni casi selezionati fino a 24 ore) e aumenta di 3 volte le probabilità di recupero funzionale completo. Finestre terapeutiche più ampie – ma comunque stringenti – sono previste per altri tipi di interventi di rivascolarizzazione.
§ 4.4 Il ruolo delle Stroke Unit
Il paziente con sospetto ictus deve essere inviato ove possibile presso apposite strutture semi-intensive dedicate (le Stroke Unit o Unità Operativa di Neurologia d’Urgenza), per essere seguito da un team multidisciplinare costituito da medici, infermieri e riabilitatori competenti ed esclusivamente dedicati alle malattie cerebrovascolari.
Le Stroke Unit riducono la mortalità del 20% e la disabilità del 30% rispetto ai reparti tradizionali. Purtroppo in Italia esistono solo 175 centri ictus operativi sui circa 300 previsti, con gravi disparità territoriali che penalizzano soprattutto il Sud.
È fondamentale un consulto neurologico immediato e, per identificare con esattezza la sede dell’occlusione e definire la strategia terapeutica più opportuna, un attento studio dei vasi mediante TAC e RM col supporto di un radiologo esperto.
§ 5. Conseguenze e riabilitazione post-ictus
L’interruzione del flusso ematico cerebrale può determinare deficit neurologici permanenti. Il tessuto cerebrale colpito rimane lesionato, provocando la perdita delle capacità connesse all’area dell’encefalo concretamente colpita (il movimento, il linguaggio, la vista, l’udito, l’equilibrio) e, nei casi più gravi, la morte.
§ 5.1 Disabilità comuni dopo un ictus
Le conseguenze più frequenti includono l’emiplegia o emiparesi (paralisi o debolezza di metà corpo), presente nel 70% dei sopravvissuti, che compromette gravemente l’autonomia quotidiana. I disturbi del linguaggio (afasia e disartria) colpiscono il 30% dei pazienti, mentre i deficit cognitivi (memoria, attenzione) interessano la metà dei casi.
La depressione post-ictus colpisce un terzo dei pazienti, aggravando il quadro clinico e ostacolando il recupero. Solo il 25% dei pazienti recupera completamente, mentre il 50% perde l’autosufficienza.
§ 5.2 Il percorso riabilitativo
La riabilitazione deve iniziare entro 24-48 ore dall’evento acuto. Il recupero maggiore avviene nei primi 3-6 mesi, ma miglioramenti sono possibili anche dopo con un programma adeguato. Il team multidisciplinare include fisiatra, fisioterapista, logopedista e terapista occupazionale, ognuno con competenze specifiche per il recupero funzionale.
La neuroplasticità del cervello permette ad aree integre di assumere le funzioni di quelle danneggiate attraverso esercizi mirati e ripetuti. Le tecniche innovative come robotica riabilitativa e realtà virtuale stanno rivoluzionando l’approccio terapeutico.
§ 5.3 Supporto per pazienti e familiari
L’ictus colpisce l’intero nucleo familiare. I caregiver necessitano di supporto per gestire il carico assistenziale. Le associazioni come A.L.I.Ce. Italia Onlus offrono gruppi di auto-aiuto e consulenza. Solo il 20% dei pazienti in età lavorativa riprende l’attività, ma esistono programmi di riqualificazione e tutele normative.
La qualità della vita post-ictus dipende dalla tempestività delle cure, dalla motivazione del paziente e dal supporto ricevuto. Con un approccio riabilitativo intensivo, molti pazienti recuperano un buon livello di autonomia.
§ 6. Ictus e responsabilità medica: quando c’è malasanità
L’ictus ischemico è una patologia tempo-dipendente che richiede interventi terapeutici immediati. Ove ciò non avvenga a causa di condotte inappropriate od omissioni dei sanitari intervenuti, è possibile parlare di “malasanità“.
§ 6.1 Gli errori più frequenti nella gestione dell’ictus
Gli errori diagnostico-terapeutici possono coinvolgere il personale delle aziende sanitarie a vario titolo: medici di famiglia, operatori del 118, personale di pronto soccorso, neurologi e radiologi sono tutti chiamati a rispondere del corretto inquadramento e/o trattamento della malattia.
Il mancato riconoscimento dei sintomi rappresenta l’errore più grave e frequente. Quando un paziente si presenta con sintomi neurologici acuti e viene rimandato a casa con diagnosi di “cervicale”, “labirintite” o “stress”, si configura un grave errore diagnostico. Ogni minuto perso significa neuroni morti e possibilità terapeutiche perdute.
L’interpretazione errata degli esami strumentali è un’altra criticità ricorrente. Una TAC negativa nelle prime ore non esclude l’ictus ischemico, ma alcuni medici poco esperti possono erroneamente rassicurare il paziente. Anche la mancata esecuzione di esami essenziali come l’ECG (che avrebbe mostrato una fibrillazione atriale) o l’angio-TAC (per identificare l’occlusione) può configurare responsabilità.
§ 6.2 Ritardo diagnostico: il problema principale
Il ritardo nella diagnosi e nel trattamento è la causa più frequente di episodi di malasanità nell’ictus. Possono emergere criticità sin dalla prima gestione del paziente: si pensi all’utilità dei medici di famiglia o degli operatori del 118 per anticipare una corretta diagnosi.
Particolarmente gravi sono i ritardi nell’esecuzione della TAC (che dovrebbe avvenire entro 25 minuti) o nell’avvio della trombolisi (entro 60 minuti dall’arrivo in ospedale). Ogni ora di ritardo riduce del 10% le possibilità di recupero senza disabilità.
§ 6.3 Mancata attivazione del codice stroke
Il “codice stroke” è un percorso preferenziale che dovrebbe attivarsi dal momento della chiamata al 118. La sua mancata o tardiva attivazione rappresenta una grave negligenza. Il paziente con sospetto ictus deve bypassare il triage ordinario e accedere direttamente alla diagnostica per immagini.
Errori frequenti includono: la sottovalutazione dei sintomi al telefono da parte della centrale operativa, il trasporto in ospedali non attrezzati (privi di Stroke Unit o possibilità di trombolisi), la mancata allerta del neurologo di guardia prima dell’arrivo del paziente.
§ 6.4 Errori nella somministrazione della terapia
Anche quando la diagnosi è corretta, possono verificarsi errori terapeutici gravissimi. La somministrazione di anticoagulanti in un ictus emorragico (per errata diagnosi differenziale) può essere fatale. Il dosaggio errato del trombolitico o la sua somministrazione oltre la finestra terapeutica aumenta il rischio di emorragia cerebrale.
La mancata valutazione delle controindicazioni alla trombolisi (interventi recenti, terapie in corso, parametri vitali) rappresenta una negligenza grave. Altrettanto grave è la mancata proposta di trombectomia meccanica in pazienti eleggibili, privandoli di una chance terapeutica fondamentale.
In ciascuno di questi ambiti possono manifestarsi criticità e, conseguentemente, configurarsi ipotesi di responsabilità a carico dei sanitari che, assumendo condotte diagnostico-terapeutiche inappropriate, abbiano causato la morte del paziente ovvero gli abbiano precluso la possibilità di guarire senza postumi permanenti.
§ 7. Come valutare un caso di malasanità per ictus
In tali ipotesi può essere opportuno rivolgersi ad esperti del settore per comprendere se possa parlarsi di un “episodio di malasanità” e se, pertanto, sia possibile agire per chiedere che il paziente ed i suoi congiunti che ne siano rimasti vittima possano ricevere un’equa compensazione economica a titolo di risarcimento.
§ 7.1 Documentazione medica necessaria
La cartella clinica rappresenta il documento fondamentale per valutare un caso di malasanità. Deve contenere l’ora esatta di arrivo in ospedale, i sintomi riferiti, l’orario di esecuzione degli esami e di somministrazione delle terapie. Ogni ritardo non giustificato può configurare responsabilità.
Il verbale del 118 è cruciale per documentare l’ora di insorgenza dei sintomi e le prime valutazioni. Spesso emerge che i sintomi erano presenti da ore ma sono stati sottovalutati. Le registrazioni delle telefonate al numero di emergenza possono rivelare se l’operatore ha posto le domande corrette per identificare un possibile ictus.
Gli esami strumentali (TAC, RM, angio-TAC) devono essere acquisiti in formato digitale per permettere una rivalutazione da parte di esperti. Non è raro scoprire che i segni dell’ictus erano già visibili ma non sono stati riconosciuti. Anche i referti di pronto soccorso precedenti possono essere rilevanti se il paziente si era già presentato con sintomi prodromici sottovalutati.
§ 7.2 Il ruolo del medico legale
La valutazione medico legale dei casi di presunta malasanità richiede competenze specifiche. Il medico legale deve ricostruire con precisione la timeline degli eventi, confrontando i tempi effettivi con quelli raccomandati dalle linee guida.
Fondamentale è stabilire il nesso di causalità tra la condotta dei sanitari e il danno subito. Il medico legale deve rispondere a domande precise: il ritardo diagnostico ha compromesso le possibilità terapeutiche? Con un trattamento tempestivo, quale sarebbe stato l’outcome? La disabilità residua è conseguenza dell’ictus o del ritardo nel trattamento?
La valutazione deve considerare la perdita di chance terapeutica: anche se non è certo che un trattamento tempestivo avrebbe evitato ogni conseguenza, la privazione della possibilità di un outcome migliore costituisce un danno risarcibile.
È fondamentale agire tempestivamente:
- Acquisire subito copia della documentazione sanitaria,
- Far valutare il caso da un medico legale esperto in responsabilità sanitaria,
- Consultare un avvocato specializzato in malasanità per valutare la fondatezza della richiesta.
§ 8. Risarcimento danni per errore medico nell’ictus
Quando viene accertata la responsabilità medica nella gestione di un ictus, il paziente o i suoi familiari hanno diritto a un risarcimento integrale di tutti i danni subiti. La quantificazione del danno in questi casi può raggiungere cifre decisamente elevate, considerando le gravi conseguenze permanenti che spesso ne derivano.
§ 8.1 Tipologie di danno risarcibile
Il danno biologico rappresenta la lesione permanente all’integrità psico-fisica della persona. Viene valutato in percentuale secondo le tabelle medico-legali: un’emiplegia completa può comportare un’invalidità del 75-100%, mentre deficit cognitivi gravi possono raggiungere il 70-80%. Ogni punto percentuale ha un valore economico che varia in base all’età del danneggiato e all’entità dell’invalidità.
Il danno morale consiste nella sofferenza interiore patita a causa dell’evento. Nel caso dell’ictus, comprende l’angoscia per la perdita dell’autonomia, la frustrazione per l’impossibilità di comunicare, la depressione per il cambiamento radicale di vita. È quantificato generalmente in una percentuale del danno biologico.
Il danno esistenziale riguarda il peggioramento della qualità della vita: l’impossibilità di svolgere le attività quotidiane, la perdita delle relazioni sociali, l’abbandono di hobby e interessi.
Il danno patrimoniale include le spese mediche sostenute e da sostenere (riabilitazione, assistenza, ausili), il danno da lucro cessante per la perdita della capacità lavorativa, le spese per l’adeguamento dell’abitazione.
Particolarmente rilevante nell’ictus è il danno da perdita di chance: anche quando non è possibile affermare con certezza che un trattamento tempestivo avrebbe evitato ogni conseguenza, la privazione della possibilità statistica di un outcome migliore costituisce un danno autonomamente risarcibile.
La complessità della quantificazione richiede l’intervento di professionisti esperti in risarcimento danni per responsabilità medica, che possano valorizzare adeguatamente ogni voce di danno e negoziare con le assicurazioni o rappresentare il danneggiato in giudizio.