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Cartella Clinica

La cartella clinica

Cos’è, a cosa serve e come richiedere la “cartella clinica”

La cartella clinica è la raccolta dei documenti che descrivono il percorso assistenziale seguito dal paziente durante la degenza in ospedale. Contiene tutte le informazioni relative agli atti sanitari compiuti nel corso della degenza: dalla diagnosi d’accesso fino alle dimissioni. Quindi: anamnesi, analisi, consulenze specialistiche, esami, terapia ed eventuali interventi praticati.

La cartella clinica viene compilata dal medico che ha in cura il paziente durante il ricovero. Sua parte integrante è altresì la cartella infermieristica con relativa documentazione compilata dall’infermiere professionale. Quindi possiamo definire la cartella clinica come una verbalizzazione degli atti di cura eseguiti sul paziente nel corso del ricovero.

Si tratta di un documento ufficiale con alto valore probatorio, che deve essere compilato con la massima accuratezza e conservato secondo i termini di legge: la cartella clinica riveste un ruolo fondamentale nei procedimenti per responsabilità medica.

Il paziente, dopo la dimissione, può aver interesse a ricevere copia della cartella clinica per proseguire le cure a casa o in altra struttura, oppure per avere chiarimenti in merito a ciò che è stato fatto durante il ricovero, o, ancora, per valutare se ci sono i presupposti per un’eventuale richiesta di risarcimento danni. Rispondiamo alle domande più frequenti in merito a questo documento sanitario: a cosa serve, come si richiede, come deve essere compilato e conservato.


INDICE SOMMARIO


§ 1. A cosa serve la cartella clinica?

La cartella clinica è il documento sanitario che verbalizza il decorso clinico di un paziente, dal momento dell’accesso e fino alle dimissioni dalla struttura sanitaria. All’interno della cartella clinica devono essere presenti tutti i documenti che sono stati prodotti durante il ricovero: analisi fatte, cure somministrate, consulenze specialistiche acquisite, eventuali radiografie, tac, ecografie ed altri esami strumentali. Si può dire che la cartella clinica, o cartella medica, costituisce la verbalizzazione della storia clinica di un paziente.

È chiaro quindi che la cartella clinica riveste un ruolo fondamentale nell’ambito dell’attività medica: è un diario clinico, che deve essere compilato correttamente in tempo reale. Una cartella non è tenuta correttamente quando le informazioni presenti sono inesatte o incomplete.

È responsabilità del medico accertarsi della corretta tenuta della cartella. Più precisamente: ogni operatore sanitario ha il dovere di annotare in cartella le attività rispettivamente compiute o gli accertamenti effettuati. Compete invece al primario, direttore di unità operativa, la responsabilità di vigilare sull’operato dei propri collaboratori rispetto alla tenuta della cartella clinica, oltre che di assicurare che essa venga correttamente conservata in reparto. Quando la cartella clinica viene “chiusa”, dopo la dimissione del paziente, essa viene inviata all’archivio centrale e la responsabilità della sua conservazione si trasferisce in capo alla direzione sanitaria delle struttura.

“In ambito sanitario, il medico ha l’obbligo di controllare la competenza e l’esattezza delle cartelle cliniche e dei relativi referti allegati, la cui violazione comporta la configurazione di un difetto di diligenza rispetto alla previsione generale contenuta nell’art. 1176, comma secondo, cod. civ. e, quindi, un inesatto adempimento della sua corrispondente prestazione professionale.”

(Cass. III, 18/09/2009, n. 20101)

La cartella clinica ha un grande valore per molteplici aspetti:

  1. È il parametro di valutazione dell’efficacia della cura;
  2. È il mezzo attraverso cui i sanitari comunicano in merito allo stato di salute del paziente. Deve essere aggiornata in tempo reale;
  3. Serve per i rilievi medico-legali nel caso in cui un paziente subisca un danno. Come vedremo, la cartella clinica ha natura di atto pubblico;  
  4. Oggi serve anche per i rilievi economici-amministrativi. Attraverso l’esame delle cartelle cliniche si può risalire a quelle condotte che hanno comportato un surplus di spese per la struttura ospedaliera, per la prescrizione di esami superflui. Ad esempio dall’esame della cartella clinica si può capire se il sanitario ha messo in atto una condotta di medicina difensiva.

Normalmente l’ospedale non rilascia la cartella al paziente al momento delle dimissioni, a meno che non sia necessaria per proseguire le cure in altra struttura. Tuttavia il paziente può richiederne la visione in qualsiasi momento senza dover dare particolare giustificazione.

Ci sono molti aspetti giuridici da prendere in considerazione in relazione alla responsabilità professionale medica legata alla cartella clinica: dalle modalità con cui viene compilata, a come viene conservata, fino a come viene archiviata.

Infatti la cartella clinica in qualità di documento ufficiale non deve mai essere cancellata. Si deve poter richiedere sempre.

§ 2. Chi può richiedere la cartella clinica e come?

Come prevede anche la carta europea dei diritti del malato, ogni paziente ha diritto di accedere direttamente alla sua cartella clinica e a tutta la sua documentazione sanitaria. Può chiedere di farne fotocopie, può fare domande circa il relativo contenuto e può ottenere la correzione di eventuali errori che vi siano contenuti.

Il paziente può avere necessità di richiedere la cartella clinica per diverse necessità: proseguire le cure in altro luogo, nei casi di complicazioni a livello di salute avuti durante o dopo il ricovero, per cui si vogliono avere chiarimenti, oppure, quando ve ne siano i presupposti, per procedere giuridicamente per il risarcimento del danno.

Cosa prevede la legge per il rilascio della cartella clinica?

La cartella clinica può essere richiesta direttamente dal paziente, così come da un familiare o altro soggetto munito di delega. La cartella clinica di un minore può essere richiesta dai genitori.

Invece la cartella clinica di un defunto può essere richiesta dai parenti prossimi muniti di modulo di autocertificazione che attesta il grado di parentela.

Nel caso di necessità di fare indagini sul parto va richiesta la cartella clinica di entrambi i soggetti, madre e figlio. 

Una volta inoltrata la richiesta, la legge Gelli all’art. 4 prevede che i tempi di consegna della documentazione devono essere di massimo 7 giorni dalla richiesta, con possibilità di integrazione entro 30 giorni dalla richiesta stessa.

Oggi la cartella clinica può essere accessibile anche online. Grazie al “Decreto Semplificazioni” del 2012 (d.l. 09/12/2012, n. 5, art. 47 bis), è stata introdotta la cartella clinica elettronica, che può confluire nel “fascicolo sanitario elettronico”, a cui il paziente può accedere utilizzando un sistema di autenticazione sicuro. L’obiettivo è far sì che, attraverso la digitalizzazione della documentazione sanitaria, siano più agevoli anche le comunicazioni fra i sanitari che si succedono nel tempo nella cura del paziente.

Quanto costa la cartella clinica?

Anche se avere la cartella clinica è un diritto, c’è comunque un costo da sostenere che varia in base alle aziende sanitarie, ma che si aggira intorno ai 20 euro per una cartella clinica cartacea di medie dimensioni.

Hai bisogno di supporto in materia di rilascio o di interpretazione della cartella clinica?

§ 3. La compilazione della cartella clinica

Tenuto conto delle numerose funzioni della cartella clinica, la documentazione non può essere compilata in maniera approssimativa o casuale, ma deve essere conforme a specifici parametri formali e sostanziali.

Quando si parla di corretta compilazione della documentazione sanitaria non ci si riferisce solo a quali informazioni devono essere presenti, ma anche a come vanno trascritte, in considerazione dei soggetti che possono avere interesse ad accedervi.

Parametri formali

Il contenuto della cartella deve essere comprensibile prima di tutto per il paziente, che ha diritto di essere messo al corrente del suo stato di salute e di tutto ciò che riguarda il decorso clinico. Quindi la scheda clinica deve essere compilata in modo chiaro, utilizzando un linguaggio accessibile e, se è scritta a mano, la calligrafia deve essere leggibile.

Deve essere redatta anche considerando che la documentazione non è un promemoria per chi la redige, ma sarà fondamentale nel caso in cui si debbano proseguire le cure in altre strutture o a casa, quindi deve essere comprensibile ad eventuali soggetti terzi.

Parametri sostanziali

Per quanto riguarda il contenuto, possiamo far riferimento al Decreto del Ministero per la Sanità 5 Agosto 1977, recante il titolo “Determinazione dei requisiti tecnici sulle case di cura private“. Dalla compilazione della Cartella Clinica devono risultare:

le generalità complete, la diagnosi d’entrata, l’anamnesi familiare e personale, l’esame obiettivo, gli esami di laboratorio e specialistici, la diagnosi, la terapia, gli esiti e i postumi.

(art. 24 D.M. 05/08/1977)

In maniera più specifica e dettagliata interviene il Codice di Deontologia Medica che all’art. 26 prevede

Il medico redige la cartella clinica, quale documento essenziale dell’evento ricovero, con completezza, chiarezza e diligenza e ne tutela la riservatezza; le eventuali correzioni vanno motivate e sottoscritte. Il medico riporta nella cartella clinica i dati anamnestici e quelli obiettivi relativi alla condizione clinica e alle attività diagnostico-terapeutiche a tal fine praticate; registra il decorso clinico assistenziale nel suo contestuale manifestarsi o nell’eventuale pianificazione anticipata delle cure nel caso di paziente con malattia progressiva, garantendo la tracciabilità della sua redazione.

(art. 26 Codice di Deontologia Medica)

Quindi la cartella medica deve essere completa, veritiera, accurata e comprensibile a terzi, oltre a permettere di rintracciare tutto lo storico delle attività.

All’interno della cartella ci sono documenti in cui si trattano dati personali sanitari, quindi, il fascicolo deve essere integrato con la documentazione prevista dal GDPR: l’informativa privacy e, se è stato acquisito il consenso informato, il documento che attesta l’acquisizione del consenso, con la descrizione della modalità di acquisizione e le modalità di conservazione dei dati trattati.

Incompletezza o lacunosità della cartella clinica

Se la cartella clinica viene tenuta in maniera difettosa, non è compilata in maniera completa o presenta comunque delle lacune, questo può essere un problema per la struttura sanitaria. Infatti, secondo la giurisprudenza, questa è anzitutto una figura sintomatica di inesatto adempimento, perché si tratta di una violazione della diligenza professionale imposta dall’art. 1176, comma 2, c.c.

Inoltre, in base al principio di “vicinanza della prova”, quando l’incompletezza della cartella abbia reso impossibile l’accertamento del nesso causale tra l’operato del medico e il danno eventualmente subito dal paziente, si potrà far ricorso alla prova presuntiva per ritenerlo ugualmente dimostrato.

“In tema di responsabilità medica, la difettosa tenuta della cartella clinica da parte dei sanitari non può pregiudicare sul piano probatorio il paziente, cui anzi, in ossequio al principio di vicinanza della prova, è dato ricorrere a presunzioni se sia impossibile la prova diretta a causa del comportamento della parte contro la quale doveva dimostrarsi il fatto invocato. Tali principi operano non solo ai fini dell’accertamento dell’eventuale colpa del medico, ma anche in relazione alla stessa individuazione del nesso eziologico fra la sua condotta e le conseguenze dannose subite dal paziente.”

(Cass. III, 31/03/2016, n. 6209; nello stesso senso: Cass. III, 21/11/2017, n. 27561; Cass. III, 12/06/2015, n. 12218; Cass. III, 27/04/2010, n. 10060; Cass. III, 26/01/2010, n. 1538; Cass. III, 05/07/2004, n. 12273; Cass. III, 21/07/2003, n. 11316)

§ 4. La tenuta, conservazione e archiviazione della cartella clinica

Anche in merito a questo aspetto ci risponde prima di tutto il D.M. Sanità del 05/08/1977: 

Le cartelle cliniche, firmate dal medico curante, dovranno portare un numero progressivo ed essere conservate a cura della direzione sanitaria.

In caso di cessazione di attività dovranno essere depositate presso l’Ufficio comunale o consorziale di Igiene.

(art. 24 D.M. 05/08/1977)

Come anticipato sopra, è responsabilità del direttore di U.O. vigilare sulle annotazioni che gli operatori sanitari fanno in cartella clinica, nonché conservare la stessa cartella reparto, fino alla dimissione o al trasferimento del paziente, quando la cartella passa in archivio centrale. Da qui in poi la responsabilità è della struttura, in persona del direttore sanitario.

Per quanto tempo devono essere conservate le cartelle cliniche?

A questa domanda risponde la circolare del Ministero della sanità del 19 dicembre 1986 n. 900, che stabilisce che le cartelle cliniche vanno conservate illimitatamente.

Si tratta, infatti, di atti ufficiali che sono indispensabili per garantire la certezza del diritto. Inoltre, costituiscono una preziosa fonte documentale per le ricerche di carattere storico-sanitario.

Conservazione della cartella clinica e tutela dei dati personali

Per quanto riguarda le modalità di conservazione della cartella clinica, vanno considerate le recenti disposizioni legislative sulla privacy e sulla digitalizzazione delle P.A., cioè rispettivamente il GDPR e il menzionato Decreto Semplificazioni (d.l. 09/12/2012, n. 5).

“La struttura sanitaria è tenuta a risarcire il danno sofferto dal paziente in conseguenza della diffusione di dati sensibili contenuti nella cartella clinica, a meno che non dimostri di avere adottato tutte le misure necessarie per garantire il diritto alla riservatezza del paziente e ad evitare che i dati relativi ai test sanitari e alle condizioni di salute del paziente stesso possano pervenire a conoscenza di terzi.”

(Cass. III, 30/01/2009, n. 2468)

Attraverso la cartella clinica vengono trattati e conservati dati sanitari per cui il GDPR impone una maggior accortezza nel trattamento e nella conservazione. I sistemi in cui vengono conservati i dati sanitari devono quindi rispondere al requisito della “privacy by design”.

A sua volta il Decreto Semplificazioni, oltre ad essere rilevante per le modalità di rilascio della cartella clinica, influisce anche sulla disciplina della conservazione e dell’archiviazione della cartella clinica elettronica: si passa da un sistema di archiviazione cartaceo ad un sistema di archiviazione digitale.

§ 5. Soggetti responsabili della cartella clinica e possibili inadempienze

Per quanto riguarda la corretta compilazione della cartella clinica è responsabile il medico primario del reparto in cui è in cura il paziente, che può rispondere sia per mancato rispetto del codice deontologico sia in qualità di pubblico ufficiale incaricato di redigere un atto pubblico.

La compilazione inesatta, incompleta o ingiustificatamente ritardata può comportare per il medico ospedaliero l’accusa per omissione di atti d’ufficio. Per dichiarazioni false il medico rischia l’accusa di falso ideologico, e per una correzione postuma quella di falso materiale.

La cartella clinica quindi deve essere intatta, ben leggibile, non contenere correzioni, modifiche o cancellature. Il medico è tenuto a controllare che le informazioni presenti sulla cartella clinica siano complete, e ne risponde sia civilmente che penalmente. Per tutta la durata del ricovero il primario è responsabile anche della conservazione della documentazione clinica.

Una volta terminato il ricovero, la responsabilità per la corretta tenuta e conservazione passa alla Direzione Sanitaria.

Per colpevole smarrimento, distruzione, o cattiva gestione delle cartelle cliniche risponde l’amministrazione dell’ospedale. Ma è ipotizzabile anche una responsabilità penale a carico della persona fisica incaricata della conservazione.

§ 6. La cartella clinica come atto pubblico: cosa implica?

La cartella clinica nasce anni fa come promemoria per il medico curante. Era un documento di carattere privato che non aveva alcuna rilevanza giuridica. A tutt’oggi non c’è alcuna normativa che definisce la natura della cartella clinica. La giurisprudenza ha avuto un ruolo fondamentale in questo senso perché colloca la cartella clinica nell’alveo degli atti pubblici dotati di fede giuridica privilegiata. Questo principio vale, per inciso, sia per le aziende ospedaliere pubbliche sia per gli enti accreditati e convenzionati con il servizio sanitario nazionale.

Questo cosa comporta?

  1. La cartella clinica ha il valore di prova legale e può essere confutata solo attraverso un particolare procedimento che si chiama “querela di falso”. Questo è vero, però, soltanto per i fatti e per le attività che ivi si dichiarano avvenuti (non per le valutazioni, le diagnosi o le opinioni mediche, che possono naturalmente essere contestate con ogni mezzo!);
  2. Un atto pubblico per essere tale deve essere redatto da pubblico ufficiale. Il medico, in qualità di pubblico ufficiale, ha responsabilità penale nel caso in cui scriva il falso, ma una sua responsabilità potrebbe essere configurata anche nel caso in cui il documento sia reso volutamente illeggibile o contenga cancellature e correzioni finalizzate ad occultare od immutare la verità dei fatti.

“Le attestazioni contenute in una cartella clinica sono riferibili ad una certificazione amministrativa per quanto attiene alle attivatà espletate nel corso di una terapia o di un intervento, mentre le valutazioni, le diagnosi o comunque le manifestazioni di scienza o di opinione in essa contenute non hanno alcun valore probatorio privilegiato rispetto ad altri elementi di prova; in ogni caso, le attestazioni della cartella clinica, ancorché riguardante fatti avvenuti alla presenza di un pubblico ufficiale o da lui stesso compiuti (e non la valutazione dei suddetti fatti) non costituisce prova piena a favore di chi le ha redatte, in base al principio secondo il quale nessuno può precostituire prova a favore di sé stesso“.

(Cass. III, 27/09/1999, n. 10695; analogamente, Cass. lav., 20/11/2017, n. 27471; Cass. III, 30/11/2011, n. 25568; Cass. III, 12/05/2003, n. 7201; Cass. III, 18/09/1980, n. 5296)

Ogni aspetto che riguarda la cartella può essere oggetto di contestazione: la modalità con cui viene compilata, la non corrispondenza a ciò che ha realmente vissuto il paziente, la modalità di conservazione, fino al rifiuto o al ritardo nella consegna dopo la richiesta. Ma cancellature, correzioni, oltre che essere di per sé censurabili, possono anche essere indizio di un errore medico. Qualora si sospetti di essere vittima di malpractice, va fatta richiesta della cartella clinica, che è il documento più importante a fini valutativi e probatori.

Se invece si richiede la cartella clinica per altre ragioni, e si notano discrepanze rispetto ai fatti, correzioni o omissioni, è opportuno rivolgersi ad un legale specializzato in malasanità che, attraverso una consulenza personalizzata, valuterà se sia il caso di procedere ad un’indagine più approfondita del caso.

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