Ultimo Aggiornamento 26 Luglio 2025
Il danno da omessa diagnosi si configura quando l’assenza di una corretta identificazione diagnostica causa un pregiudizio evitabile al paziente. Questa forma di responsabilità sanitaria si verifica quando i medici, nonostante i sintomi evidenti, omettono di eseguire gli accertamenti necessari per identificare tempestivamente la patologia, violando gli standard di cura consolidati e le linee guida cliniche applicabili al caso.
Lo Studio Legale Chiarini, rappresentato dall’avv. Gabriele Chiarini e dai suoi collaboratori, ha ottenuto un risarcimento di 93.000€ in un caso di omessa diagnosi di patologia cardiaca: un paziente con episodi sincopali ricorrenti era stato dimesso per 4 volte consecutive dal Pronto Soccorso con semplici antidolorifici, senza che venissero eseguiti gli accertamenti cardiologici previsti dalle linee guida. Solo al quinto accesso, dopo aver riportato fratture, venne finalmente diagnosticata la disfunzione del nodo seno-atriale e applicato un pace-maker risolutivo.
Nonostante l’iniziale offerta inadeguata della struttura sanitaria, lo Studio ha proseguito con determinazione fino a ottenere piena tutela per il paziente vittima di negligenza medica.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Che cos’è l’omessa diagnosi
- § 2. Quando l’omessa diagnosi diventa responsabilità medica
- § 3. Danno da omessa diagnosi di patologia cardiaca: il caso reale
- § 4. Responsabilità medica per omessa diagnosi
- § 5. L’onere della prova nell’omessa diagnosi
- § 6. Violazione delle linee guida cliniche nella mancata diagnosi
- § 7. La definizione transattiva del danno da omessa diagnosi
§ 1. Che cos’è l’omessa diagnosi
L’omessa diagnosi si verifica quando i medici, pur avendo davanti sintomi chiari, non eseguono gli accertamenti necessari per identificare la patologia del paziente.
In questo caso si può parlare di una mancanza nell’obbligo di cura, che può avere conseguenze devastanti.
§ 2. Quando l’omessa diagnosi diventa responsabilità medica
Dal punto di vista giuridico, l’omessa diagnosi comporta responsabilità quando si dimostra che gli accertamenti omessi erano standard di cura consolidati e che la loro esecuzione avrebbe verosimilmente evitato il danno al paziente. La struttura sanitaria deve rispondere quando i propri medici non seguono i protocolli clinici stabiliti per specifiche sintomatologie.
Nel caso in esame, ad esempio, i ripetuti episodi sincopali erano un campanello d’allarme inequivocabile: secondo tutte le linee guida internazionali, un paziente con perdite di coscienza ricorrenti deve essere sottoposto a specifici accertamenti cardiologici. Invece, per quattro volte consecutive, nessun medico del Pronto Soccorso di Savona ha ritenuto opportuno approfondire le cause di quei mancamenti.
§ 2.1 Omessa diagnosi, diagnosi ritardata o diagnosi errata?
Vanno distinte l’omessa diagnosi rispetto ad altre fattispecie simili ma giuridicamente diverse:
- Omessa diagnosi: si configura quando nessun medico formula ipotesi diagnostiche sui sintomi presentati dal paziente. I sanitari si limitano a trattamenti sintomatici senza interrogarsi sulle cause della patologia;
- Diagnosi ritardata: si verifica quando i medici sospettano correttamente la patologia ma programmano gli accertamenti diagnostici con eccessivo ritardo rispetto agli standard di cura;
- Diagnosi errata: comporta l’attribuzione dei sintomi a cause sbagliate, portando a trattamenti inappropriati per una patologia diversa da quella effettivamente presente.
Dal punto di vista della responsabilità medica, l’omessa diagnosi presenta spesso profili di maggiore gravità, poiché implica la completa assenza di attività diagnostica. Il paziente rimane privo di qualsiasi cura specifica, subendo danni che una tempestiva identificazione della patologia avrebbe evitato.
§ 3. Danno da omessa diagnosi di patologia cardiaca: il caso reale
La storia che ha portato al risarcimento di 93.000€ riguarda un uomo di circa sessant’anni che è stato vittima di una serie reiterata di episodi di perdita di coscienza e conseguente caduta (cd. sincopi), per cui era stato condotto, più volte, al Pronto Soccorso di un vicino Ospedale della Provincia di Savona.
Nonostante i sintomi evidenti e ricorrenti, i sanitari operanti presso quella struttura non indagarono né individuarono l’eziologia dei ripetuti mancamenti: il medico di turno in Pronto Soccorso, per i primi 4 accessi, si era limitato a prescrivere una semplice terapia antidolorifica, dimettendo il paziente senza ulteriore indagine in merito alle cause della perdita di coscienza.
In assenza di una cura il paziente aveva continuato a perdere conoscenza, come prevedibile, fino al quinto accesso al Pronto Soccorso, in occasione del quale erano state riscontrate alcune fratture causate dalla caduta. Il personale sanitario aveva deciso, finalmente, di procedere al ricovero.
Il paziente venne quindi sottoposto a esami specifici (massaggio al seno carotideo con “tilt test”, consistente nell’esecuzione di un test di stimolazione specifica che rappresenta uno dei metodi più efficaci per la diagnosi della sincope e per l’individuazione delle relative cause), che consentirono di individuare finalmente la patologia cardiaca – disfunzione del nodo seno-atriale – causa degli episodi sincopali verificatisi. I medici trasferirono il paziente presso il reparto di cardiologia per le determinazioni del caso.
Venne applicato, infine, un impianto pace-Maker, risolutivo della problematica.
§ 3.1 I danni subiti dal paziente
La mancata diagnosi tempestiva ha causato danni, anche permanenti, al paziente, sia per le fratture riscontrate, sia per il ritardo nella diagnosi della patologia. Ciò ha comportato un recupero funzionale lento e non del tutto efficace.
La vicenda clinica, doverosamente sottoposta a valutazione medico-legale, ha evidenziato che gli episodi sincopali successivi al primo, nonché i traumi intervenuti e il difficile recupero funzionale degli arti, siano stati conseguenza della inadeguatezza dell’attività assistenziale prestata al paziente.
§ 3.2 Tipologie di danno accertate e risarcite
La valutazione medico-legale ha identificato diverse componenti del danno non patrimoniale subito dal paziente (art. 2059 c.c.):
- Danno biologico: lesioni temporanee e permanenti all’integrità psicofisica causate dalle fratture riportate nelle cadute e dal ritardato intervento sulla patologia cardiaca.
- Danno esistenziale: compromissione delle attività realizzatrici della persona, con limitazioni significative nella vita quotidiana e sociale. Nel caso specifico, si manifestò attraverso sconforto e stati depressivi durante la prolungata incertezza diagnostica, con conseguente peggioramento della vita emotiva e relazionale.
- Danno morale: sofferenza psichica derivante dal progressivo peggioramento delle condizioni di salute, dall’incertezza sulle cause della patologia e dalla consapevolezza dell’irreversibilità di alcuni pregiudizi emersi sin dalle prime visite fisiatriche.
- Danno estetico: alterazioni dell’aspetto fisico del paziente, che non riusciva più ad assumere una postura corretta a causa delle lesioni riportate, con significativo impatto sull’immagine personale.
§ 4. Responsabilità medica per omessa diagnosi
Com’è noto, il legislatore è intervenuto (in ultimo, con la legge 24/2017, art. 7, più nota come “legge Gelli“) puntualizzando come la responsabilità della struttura sanitaria rivesta natura contrattuale.
La norma recita, per l’appunto, quanto di seguito:
“La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti dalla struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.”
§ 4.1 Applicazione al caso degli episodi sincopali
Nel caso del sig. A.A., questo principio ha avuto un’applicazione diretta e decisiva. Spetta alla struttura sanitaria, onde liberarsi della suesposta responsabilità, dimostrare che essa e il proprio personale abbiano agito secondo i canoni di diligenza e prudenza qualificata, con proporzione rispetto al quadro clinico del paziente.
La struttura ospedaliera di Savona avrebbe dovuto provare di aver fatto tutto il possibile per curare ed evitare l’aggravamento delle condizioni del paziente, in base alle indicazioni delle linee guida nazionali e internazionali richiamate, nonché delle buone pratiche condivise nella comunità scientifica.
§ 5. L’onere della prova nell’omessa diagnosi
Con riguardo all’onere della prova, la Corte di Cassazione ha provveduto a puntualizzare la seguente regola:
“Il paziente danneggiato, quanto alla prova del danno subito, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o del contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia e allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante”.
(Cassazione civile, sez. III, 11/03/2016, n. 4764)
§ 5.1 La prova nel caso concreto di omessa diagnosi di patologia cardiaca
Nel caso prospettato allo Studio, la prova anzidetta non poteva essere fornita dalla struttura sanitaria, dal momento che apparivano incontestabili le deviazioni rispetto alle regole di condotta esigibili.
Il paziente ha semplicemente dovuto dimostrare:
- L’esistenza del rapporto di cura: accessi al Pronto Soccorso, nonché
- L’insorgenza del danno: fratture e compromissioni permanenti;
Quanto all’inadempimento, è stato sufficiente allegarlo (cioè affermarlo): mancata esecuzione degli accertamenti cardiologici prescritti dalle linee guida.
Risultava inoltre evidente il nesso causale tra l’omessa diagnosi e i danni subiti: una tempestiva identificazione della disfunzione del nodo seno-atriale al primo accesso avrebbe evitato tutti gli episodi sincopali successivi e le relative fratture.
L’ospedale, invece, non è riuscito a dimostrare di aver rispettato gli standard di cura previsti per la gestione degli episodi sincopali, rendendo così inevitabile il riconoscimento della propria responsabilità medica.
§ 6. Violazione delle linee guida cliniche nella mancata diagnosi
L’aspetto più rilevante del caso riguarda la palese violazione delle linee guida cliniche. Le linee guida italiane ed internazionali dettate per i punti di Pronto Soccorso unanimemente prescrivono che, laddove le cause dell’evento sincopale risultino dubbie, come nel caso del sig. A.A., è doveroso considerare la presenza di malattie a maggior rischio cardiovascolare.
§ 6.1 Standard di cura non rispettati nel caso concreto di omessa diagnosi
Già in occasione del primo accesso al Pronto Soccorso, la specificità del caso avrebbe dovuto determinare il personale sanitario a indagare e scongiurare possibili patologie cardiache o neurologiche.
Diversamente, invece, i medici:
- Non avevano neppure prospettato il dubbio di un problema cardiaco
- Non avevano disposto un ricovero per gli opportuni approfondimenti
- Si erano limitati a terapie antidolorifiche per quattro accessi consecutivi
- Avevano omesso gli accertamenti sino al quinto accesso in P.S.
Questa sistematica violazione dei protocolli clinici ha reso incontrovertibile la responsabilità della struttura sanitaria, portando al risarcimento di 93.000€ per il danno da omessa diagnosi.
La vicenda dimostra come la Legge Gelli-Bianco offra strumenti efficaci per tutelare i pazienti vittime di inadeguata assistenza sanitaria, purché si disponga di una strategia legale mirata e di una solida consulenza medico-legale in grado di dimostrare le violazioni degli standard di cura.
§ 7. La definizione transattiva del danno da omessa diagnosi
All’attività stragiudiziale svolta dallo Studio in favore dell’assistito, infruttuosa per l’esiguità dell’importo risarcitorio offerto in tale sede, ha fatto seguito la redazione di un atto di citazione notificato alla struttura sanitaria savonese.
Al’esito della notifica effettuata, è stato possibile definire la controversia mediante la sottoscrizione di un atto di transazione stragiudiziale che ha stabilito la corresponsione del risarcimento del danno da malasanità per tardiva diagnosi in favore del danneggiato (per complessivi euro 93.000,00).
Tale soluzione è risultata decisamente conveniente per l’interesse del paziente e per la tutela dei suoi diritti, il quale ha ottenuto il ristoro dal pregiudizio subito, senza la necessità di affrontare un lungo e incerto, seppur ragionevolmente fondato, processo civile.
Il risultato ottenuto in tempi relativamente brevi (circa 14 mesi) dimostra come una strategia legale mirata, supportata da solide basi medico-legali, possa garantire un risarcimento adeguato ai pazienti vittime di omessa diagnosi da parte delle strutture sanitarie.