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Avv. Lucia Spadoni - Ordinanze Smaltimento Amianto Liquidatore Giudiziale

Ordinanze di smaltimento amianto e legittimazione passiva del liquidatore giudiziale

Compiti e poteri nella procedura concordataria

Il T.A.R. Marche in una recente pronuncia (sentenza n. 689 del 23 ottobre 2018) ha statuito l’illegittimità di una ordinanza sindacale con la quale si imponeva al liquidatore giudiziale di un concordato preventivo di provvedere alla rimozione e allo smaltimento di lastre in materiale contenente amianto, in ragione del difetto di legittimazione passiva dello stesso per i peculiari compiti ed i limitati poteri che gli sono attribuiti nell’ambito della procedura concordataria. Analizziamo la vicenda ed il percorso argomentativo alla base della pronuncia del giudice amministrativo.


§ 1. Il caso

In sede di omologa della proposta di concordato preventivo con cessione di beni formulata dalla società Alfa, il Tribunale competente, stante la necessità di assumere le determinazioni strumentali alla proficua esecuzione dell’attività di liquidazione, nominava la dott.ssa Mevia – soggetto del tutto estraneo alla compagine sociale della concordataria – Liquidatore Giudiziale della procedura, disponendo che la stessa avesse a conformarsi alle modalità operative indicate nel decreto di omologa.

Nell’ambito dello svolgimento del suo incarico, pervenivano alla dott.ssa Mevia diverse segnalazioni, da parte di ex dipendenti della società concordataria e dalla cittadinanza, inerenti la ritenuta presenza di amianto sulla copertura degli immobili ex sede dello stabilimento produttivo della società; di tale problematica, non evidenziata da Alfa in sede di proposta di concordato e pertanto non oggetto di previsione di specifiche poste, veniva reso edotto il Giudice Delegato, il quale autorizzava il conferimento di incarico a ditta specializzata per la verifica dello stato degli immobili e di conservazione delle coperture in cemento-amianto.

Il Dipartimento di Prevenzione U.O.C. Igiene e Sanità Pubblica – Ambiente e Salute dell’Area Vasta n. 1 di ASUR Marche, nel frattempo attivatosi su esposto della cittadinanza, richiedeva alla dott.ssa Mevia la presentazione del documento di valutazione del rischio amianto in relazione agli immobili della società Alfa, comprensivo dello stato di manutenzione e dei relativi provvedimenti programmati.

Ricevuto ed esaminato il documento di Valutazione del Rischio Amianto, il Dipartimento di Prevenzione UOC Igiene e Sanità Pubblica chiedeva al Comune di

obbligare il proprietario dell’immobile in oggetto ad ottemperare entro e non oltre 15 giorni dal ricevimento della richiesta, […] alla rimozione e smaltimento secondo la normativa vigente delle lastre in materiale contenente amianto accatastate a terra, da effettuare entro 15 giorni dal ricevimento della presente, […] al fine della tutela della salute pubblica“.

Il Comune, con ordinanza contingibile ed urgente a tutela della salute pubblica, ex artt. 50 comma 5 e 54 comma 4 del d.lg n. 267/2000, imponeva quindi ai proprietari delle quote della società Alfa ed alla dott.sa Mevia, in qualità di Liquidatore Giudiziale, di provvedere alla rimozione e allo smaltimento delle lastre in materiale contenente amianto accatastate a terra nell’area dell’ex stabilimento, nonché di provvedere alla bonifica degli immobili. Il Comune riteneva di poter considerare la dott.ssa Mevia obbligata in solido in base alla sentenza del Consiglio di Stato, sez. IV, del 25/07/2017, n. 3672.

La dott.ssa Mevia, previa autorizzazione del Giudice Delegato, impugnava la suddetta ordinanza innanzi al T.A.R. chiedendone l’annullamento nella parte in cui, in qualità di Liquidatore Giudiziale del Concordato preventivo, la si indicava tra i soggetti destinatari dell’ordinanza medesima, obbligati in solido a provvedere.
Mevia deduceva l’illegittimità dell’ordinanza per la carenza di legittimazione passiva del liquidatore giudiziale, per eccesso di potere per carenza dei presupposti, illogicità ed irragionevolezza manifeste della stessa, violazione del principio comunitario “chi inquina paga” di cui agli articoli 3 ter e 178 del d.lg. n. 152/2006, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 192, comma 3 e 4 del d.lg. n. 152/2006 e art. 12 comma 3 legge n. 257/1992, anche in combinato disposto con le disposizioni ed i principi sottesi alla sottoposizione di società a concordato preventivo.

§ 2. Il riferimento giurisprudenziale posto a base dell’ordinanza impugnata

La pronuncia del Consiglio di Stato richiamata nell’Ordinanza Sindacale impugnata rientra in realtà nel novero della giurisprudenza amministrativa sulla diversa dibattuta questione della legittimazione passiva del curatore fallimentare rispetto alle ordinanze in tema di rifiuti ed amianto.

La sentenza in questione, infatti, respingeva l’appello della curatela fallimentare nei cui confronti venivano reiterate le intimazioni degli enti pubblici per lo smaltimento dei rifiuti, ritenendo la sussistenza della legittimazione passiva della curatela, in quanto “detentore” dei rifiuti, in relazione all’art. 29 decies del d.lg. n. 152/2006.

Detta pronuncia, afferente ad una vicenda particolare in cui la società poi sottoposta a procedura concorsuale era titolare di autorizzazione integrata ambientale per l’esercizio di un impianto di fusione e lega di metalli non ferrosi, veniva peraltro subito superata dalla seguente giurisprudenza del Consiglio di Stato; la stessa sezione, con pronuncia del 04/12/2017, n. 566, statuiva che:

Il curatore fallimentare, cui non è riconducibile lo statuto del “detentore”, non è né rappresentante né successore del fallito, ma terzo subentrante nell’amministrazione del suo patrimonio esclusivamente per l’esercizio di poteri conferitigli dalla legge, sicché è privo di legittimazione passiva in relazione alle ordinanze emesse dai rappresentanti degli enti territoriali, tranne l’ipotesi dell’esercizio provvisorio dell’impresa“.

§ 3. La posizione giuridica del liquidatore giudiziale nel concordato preventivo

Il Comune, limitandosi al suddetto richiamo giurisprudenziale, ha operato una trasposizione di quanto statuito in relazione alla posizione del curatore fallimentare alla diversa figura del liquidatore giudiziale del concordato, quando in realtà sussistono diversità ontologiche e di poteri tra i due soggetti.

L‘art. 182 Legge Fallimentare (R.D. 16.3.1942 n. 267) nello stabilire ruolo, compiti e poteri del liquidatore non richiama l’art. 31, il quale nel disciplinare la gestione della procedura concorsuale stabilisce che:

Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice delegato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite“.

Nel concordato preventivo,

il debitore conserva l’amministrazione del proprio patrimonio e la piena legittimazione sostanziale e processuale, mentre il Commissario giudiziale si presenta come l’organo della procedura di concordato avente funzioni di vigilanza, informazione e consulenza finalizzate al controllo della regolarità o meno del comportamento del debitore e alla tutela della effettiva informazione dei creditori; infine il liquidatore giudiziale è l’organo esecutivo preposto all’osservanza del piano approvato dai creditori e sottoposto alla sorveglianza dello stesso Commissario giudiziale“.

(Comm. Trib. Reg. Firenze sez. VI, 16.1.2018 n. 55)

E’ pacifico, in dottrina e giurisprudenza, che il liquidatore sia un soggetto che, in virtù della nomina del tribunale fallimentare, assume un incarico liquidatorio assimilabile al mandato, che egli deve svolgere nel rispetto dei limiti che il tribunale gli impone, ex art 182, I comma L.F. all’atto della nomina, sotto il diretto controllo dei creditori stessi, nonché del tribunale medesimo:

Né il commissario giudiziale né il liquidatore giudiziale possono considerarsi amministratori in senso tecnico della società […], a differenza di quanto avviene in caso di fallimento, nel concordato preventivo l’imprenditore conserva l’amministrazione dei propri beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la sorveglianza del commissario giudiziale […]. Il liquidatore giudiziale è qualificabile come un mandatario del debitore o dei creditori ed opera secondo le regole proprie del contratto di mandato (altre tesi lo qualificano come pubblico ufficiale o parlano di un ufficio privato). Il medesimo si occupa della liquidazione dell’attivo dell’azienda al fine del soddisfacimento dei creditori […]“.

(T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 05/04/2017, n. 4243)

Secondo una indiscussa giurisprudenza la procedura di concordato preventivo mediante cessione dei beni ai creditori comporta il trasferimento agli organi della procedura non della proprietà dei beni e della titolarità dei crediti, ma solo di poteri di gestione finalizzati alla liquidazione“.

(Cass. Civ. Sez. I, 12.5.2010 n. 11520 – Trib. Pordenone 22.10.2008 – Cass. Civ. Sez. Lav., 5.10.2016 n. 19923)

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§ 4. Il difetto di legittimazione passiva del liquidatore giudiziale

Il liquidatore giudiziale è officiato esclusivamente di compiti esecutivi vincolati all’osservanza del piano approvato dai creditori e sottoposti alla sorveglianza del commissario giudiziale. E’ quindi la proprietà che deve attivarsi con riferimento, tra gli altri, al “rischio amianto” gravante sui propri immobili.

In punto la giurisprudenza di merito ha avuto occasione di esprimersi in ordine al ritenuto difetto di legittimazione passiva del liquidatore e più in generale degli organi della procedura concordataria:

Il debitore ammesso al concordato preventivo subisce uno «spossessamento attenuato», in quanto conserva, come nel fallimento, oltre ovviamente alla proprietà, l’amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni connesse alla natura stessa della procedura, la quale impone che ogni atto sia comunque funzionale all’esecuzione del concordato (Cass. civ., sez. trib., 25 febbraio 2008, n. 4728) […] Ne discende che la Liquidazione giudiziale, non avendo la proprietà del bene in questione non è legittimata passivamente a ricevere l’ordine impartito con l’ordinanza, secondo quanto stabilito dall’art. 192 del Codice dell’ambiente“.

(TAR Toscana, Sez.II – 23 dicembre 2010, n. 6862)

Nel merito il ricorso deve essere accolto in relazione alla sostanziale mancanza di legittimazione passiva degli organi delle procedure concorsuali che non possono essere chiamati ad effettuare bonifiche in relazione ad inquinamenti di alcun tipo in quanto non hanno alcuna responsabilità della situazione ambientale in cui si trovano i beni e non possono utilizzare risorse per motivi diversi dalla soddisfazione dei creditori. E ciò vale anche in relazione alla rimozione di materiali contenenti amianto Si tratta di un consolidato orientamento nella giurisprudenza amministrativa; in quanto ai precedenti di questa sezione è sufficiente far riferimento alla sentenza 157/2011 che diffusamente motiva sul punto […]“.

(TAR Toscana, Sez. II – 20 gennaio 2014, n. 118)

Del resto la normativa di settore individua nel responsabile dell’inquinamento (art. 242 d.lg. 152/2006), nel responsabile dell’abbandono di rifiuti, in solido con il proprietario (art. 192 d.lg. 152/2006), e nel proprietario di immobili con presenza di amianto (art. 12 Legge n. 257/1992) i destinatari delle disposizioni volte ad emendare le situazioni di inquinamento / rischio di inquinamento.

§ 5. La motivazione della sentenza del TAR Marche

Il T.A.R. Marche, con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a., ha accolto il ricorso di Mevia.

Il giudice amministrativo ha statuito:

Il ricorso è fondato e va accolto per le ragioni indicate nel primo motivo di gravame avente carattere assorbente rispetto alla seconda censura. Al riguardo va osservato che il Comune invoca un orientamento giurisprudenziale non attinente al caso in esame poiché esso si occupava della dibattuta questione circa la legittimità dell’ordine di adempiere rivolto al curatore fallimentare; questione sulla quale ancora comunque emergono contrasti giurisprudenziali (cfr. Cons. Stato, 4/12/2017 n. 5668 per la tesi opposta a quella invocata dal Comune) in relazione alla circostanza che il curatore “ha l’amministrazione del patrimonio fallimentare” ai sensi dell’art. 31 del R.D. n. 267/1942 (l. fallimentare). I poteri e i compiti del liquidatore giudiziale, nella procedura di concordato preventivo con cessione di beni (cfr. art. 182, comma 2, R.D. n. 267/1942), sono invece diversi e non contemplano l’amministrazione del patrimonio fallimentare, la quale resta in carico all’azienda debitrice. Di conseguenza le due figure (curatore fallimentare e liquidatore giudiziale) non possono essere assimilate “tout court” come sembra abbia voluto fare il Comune di …omissis… invocando l’orientamento giurisprudenziale sopra ricordato. […]

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla in parte qua, il provvedimento impugnato. […]“.

Qui puoi scaricare la sentenza di T.A.R. Marche 23 ottobre 2018,n. 689

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