Ultimo Aggiornamento 2 Dicembre 2025
La morte prenatale di un figlio rientra nel novero delle drammatiche evenienze che si possono determinare in conseguenza di un errore medico, iscrivendosi nel più ampio contesto di quelli che vengono considerati “danni da parto per malasanità“, un settore del diritto che negli ultimi anni ha visto un’evoluzione profonda.
Oggi, in seguito ai più recenti orientamenti della Corte di Cassazione (ordinanza 26826/2025), la morte del feto è considerata, a tutti gli effetti, come la morte di un neonato: il danno subito dai genitori non è più correlato a una “relazione affettiva potenziale”, ma rappresenta un vero e proprio danno da perdita del rapporto parentale.
Questo significa che il risarcimento viene calcolato integralmente secondo le Tabelle di Milano, senza più riduzioni automatiche, valorizzando la sofferenza interiore e le circostanze personali della gravidanza.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Morte del neonato e morte del feto
- § 2. Il nuovo orientamento della Cassazione: la fine della “relazione affettiva potenziale”
- § 3. Come si calcola oggi il risarcimento: le Tabelle di Milano 2024
- § 4. Risarcimento per morte del nascituro: l’evoluzione della giurisprudenza dal 2015 al 2015
- § 5. Chi ha diritto al risarcimento nel caso di morte del feto
- § 6. Se sospetti una negligenza medica, agisci per tempo
§ 1. Morte del neonato e morte del feto
In ambito giuridico si parla di “nascita” quando si verificano due condizioni:
- il distacco, naturale o indotto, del bambino dal corpo della madre,
- la manifestazione di una vita autonoma, ossia il primo atto respiratorio.
È quel respiro a segnare il confine tra la vita intrauterina e la vita autonoma. Da quel momento il soggetto acquisisce la qualifica di neonato.
Se il decesso avviene anche pochi istanti dopo la nascita, si parla comunque di morte del neonato, perché l’evento si è verificato dopo l’inizio della vita indipendente dal grembo materno.
Quando invece il concepito viene espulso o estratto senza aver mai respirato – in pratica, quando non vi sono tracce di ossigeno nei polmoni – la legge considera quell’evento come morte del feto. È una condizione che comprende tanto il decesso intrauterino quanto quello avvenuto durante il parto.
Sul piano giuridico, la morte del feto e la morte del neonato producono effetti diversi: in sede penale (dove si distingue tra procurato aborto e infanticidio) e in sede civile, perché la capacità giuridica di una persona si acquista solo con la nascita.
Tuttavia, ai fini del risarcimento del danno per errore medico, questa distinzione non ha più un peso sostanziale: la giurisprudenza più recente riconosce oggi alla perdita del feto la stessa tutela accordata alla morte di un figlio nato vivo.
§ 2. Il nuovo orientamento della Cassazione: la fine della “relazione affettiva potenziale”
Per anni, la giurisprudenza ha sostenuto che, in caso di morte del feto, il danno riconoscibile ai genitori fosse inferiore rispetto a quello dovuto per la morte di un figlio nato vivo.
Secondo tale visione, il dolore dei genitori sarebbe derivato non da una relazione effettiva, ma solo da una relazione affettiva potenziale, mai pienamente realizzata per via dell’assenza di vita autonoma del nascituro.
Le conseguenze di questa impostazione erano che i tribunali riconoscevano il diritto al risarcimento del danno, ma applicavano una riduzione automatica del 50 % dei valori tabellari previsti per la perdita di un figlio. Le ordinanze della Cassazione n. 19190 del 15/09/2020 e n. 22859 del 20/10/2020 avevano confermato tale linea, pur riconoscendo la possibilità di una personalizzazione caso per caso.
Negli ultimi anni, però, la Corte di Cassazione ha progressivamente smontato questa impostazione. Un percorso culminato con l’ordinanza n. 26826/2025, che ha definitivamente chiarito come la perdita del concepito rientri a pieno titolo nel danno da perdita del rapporto parentale, al pari della morte di un neonato.
La Corte ha affermato che il legame genitoriale si forma già durante la gravidanza, cresce di intensità con il trascorrere delle settimane e trova fondamento non solo nella biologia, ma anche nella sfera affettiva, psicologica e relazionale dei genitori.
Per questo motivo, la distinzione tra “relazione potenziale” e “relazione effettiva” è stata definita riduttiva e non conforme alla realtà umana.
La Suprema Corte ha evidenziato che:
In tema di responsabilità sanitaria, il danno da perdita del feto imputabile ad omissioni e ritardi dei medici è morfologicamente assimilabile al danno da perdita del rapporto parentale, che rileva tanto nella sua dimensione di sofferenza interiore patita sul piano morale soggettivo, quanto nella sua attitudine a riflettersi sugli aspetti dinamico-relazionali della vita quotidiana dei genitori e degli altri eventuali soggetti aventi diritto al risarcimento del danno.
In tema di responsabilità sanitaria, la perdita del frutto del concepimento prima della sua venuta in vita, imputabile a omissioni e ritardi dei medici, determina la risarcibilità del danno da perdita del rapporto parentale, che si manifesta prevalentemente in termini di intensa sofferenza interiore tanto del padre, quanto (e soprattutto) della madre.
La sofferenza interiore diventa così il cuore della valutazione del danno parentale, sostituendo ogni automatismo aritmetico.
Si tratta di un cambio di prospettiva profondo: non è più il “momento del respiro” a definire la dignità del rapporto genitore-figlio, ma la relazione affettiva reale che si sviluppa durante la gravidanza.
In questo modo, la tutela della genitorialità ferita rientra pienamente tra i diritti inviolabili della persona, garantiti dagli articoli 2, 29, 30 e 31 della Costituzione e dall’articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo.
§ 3. Come si calcola oggi il risarcimento: le Tabelle di Milano 2024
Il nuovo orientamento della Cassazione non si è limitato a ridefinire il valore affettivo della perdita del concepito: ha inciso anche sul metodo di quantificazione del risarcimento.
Oggi, il giudice, nel determinare il risarcimento, applica integralmente le Tabelle di Milano, aggiornate nel 2024, tenendo conto di tutti gli elementi di personalizzazione: l’età gestazionale, la storia clinica, le modalità della gravidanza, la presenza di fecondazione assistita, eventuali aborti pregressi o difficoltà di fertilità.
Si tratta di un sistema ormai riconosciuto a livello nazionale come criterio guida per la liquidazione equitativa del danno non patrimoniale.
§ 3.1 Il sistema a punti
Le nuove Tabelle non si basano più su una semplice “forbice” di importi minimi e massimi, ma su un sistema a punti.
A ogni congiunto della vittima viene attribuito un punteggio in base a parametri oggettivi e soggettivi, che vengono poi moltiplicati per il valore economico del punto.
Nel 2024, il valore del punto è stato fissato in € 3.911, con un massimo di 100 punti per ciascun genitore, pari a un risarcimento fino a € 391.103.
Il giudice può modulare il numero di punti attribuiti in base a diversi fattori, tra cui:
- Età della vittima e dei genitori;
- Convivenza;
- Composizione del nucleo familiare;
- Qualità ed intensità del legame affettivo;
- Circostanze specifiche del caso.
L’obiettivo è garantire un risarcimento proporzionato alla realtà del dolore subito, evitando meccanismi automatici o standardizzati.
§ 3.2 Esempio pratico di calcolo
Per comprendere in termini pratici l’impatto del nuovo orientamento, si può ipotizzare un caso analogo a quello esaminato dalla Corte di Cassazione nel 2025: una gravidanza giunta al termine (41ª settimana), un tracciato cardiotocografico che segnala una sofferenza fetale evidente, e un parto cesareo d’urgenza eseguito in ritardo, con conseguente decesso del feto subito dopo la nascita.
Sulla base dei criteri stabiliti dalle Tabelle di Milano 2024, ciascun genitore potrebbe vedersi riconosciuto un risarcimento compreso tra 340.000 e 390.000 euro, in relazione alle circostanze del caso concreto e alla personalizzazione operata dal giudice.
Fino a pochi anni fa, la stessa vicenda sarebbe stata liquidata con importi dimezzati, perché la perdita del feto veniva qualificata come “relazione affettiva potenziale”.
Oggi, quella riduzione non è più ammessa: il risarcimento è integrale, perché tiene conto della reale intensità del legame e della sofferenza genitoriale, indipendentemente dal fatto che il figlio sia nato vivo o meno.
§ 4. Risarcimento per morte del nascituro: l’evoluzione della giurisprudenza dal 2015 al 2015
L’atteggiamento della giurisprudenza verso la morte del feto dovuta a responsabilità medica è cambiato in modo radicale negli ultimi dieci anni.
Per lungo tempo, la perdita del concepito è stata letta come un dolore “in potenza”, privo della concretezza relazionale che si riconosceva solo alla morte di un figlio nato vivo.
Le Corti tendevano quindi a ridurre il risarcimento, considerandolo un pregiudizio minore rispetto al lutto successivo alla nascita.
Questo approccio, progressivamente abbandonato, ha lasciato spazio a una visione più aderente alla realtà affettiva: quella secondo cui il legame genitoriale inizia già durante la gravidanza e la sua interruzione merita la stessa tutela integrale prevista per la perdita del neonato.
Il riepilogo che segue mostra come si è evoluto nel tempo l’orientamento della Corte di Cassazione fino all’attuale riconoscimento del risarcimento pieno.
§ 4.1 Tabella comparativa: evoluzione giurisprudenziale 2015–2025
| Periodo e orientamento | Principio giuridico prevalente | Conseguenze sul risarcimento |
|---|---|---|
| 2015 – Cass. 12717/2015 | La morte del feto dà luogo solo alla perdita di una relazione affettiva potenziale | Danno riconosciuto ma ridotto, non assimilabile alla perdita di un figlio nato vivo |
| 2020 – Cass. 19190/2020 e 22859/2020 | Il danno parentale da morte del feto è diverso da quello del neonato per mancanza di relazione concreta | Applicazione delle Tabelle di Milano con riduzione del 50% dei valori |
| 2021 – Cass. 26301/2021 | Apertura al riconoscimento del rapporto parentale in vita prenatale | Riconoscimento del danno pieno con personalizzazione secondo le circostanze |
| 2025 – Cass. 26826/2025 | La perdita del feto equivale alla perdita di un figlio nato vivo; la relazione genitoriale si forma già in gravidanza | Risarcimento integrale secondo le Tabelle di Milano 2024 (abolita ogni riduzione automatica) |
§ 5. Chi ha diritto al risarcimento nel caso di morte del feto
Il diritto al risarcimento per la morte del feto dovuta a responsabilità medica spetta in primo luogo ai genitori, come titolari del danno da perdita del rapporto parentale.
Secondo l’orientamento oggi consolidato, entrambi i genitori, anche non conviventi, possono agire per ottenere il ristoro della sofferenza interiore e del turbamento che l’evento ha provocato nella loro vita personale e relazionale.
La Cassazione riconosce che la perdita del concepito colpisce simultaneamente due dimensioni:
- Quella morale e psicologica, legata al dolore profondo, alla frustrazione e al trauma;
- Quella dinamico-relazionale, che incide sull’equilibrio di coppia, sui rapporti familiari e sulla progettualità di vita.
La madre può ottenere una personalizzazione aggiuntiva del risarcimento, in quanto vittima diretta non solo del lutto, ma anche delle conseguenze fisiche e mediche dell’evento (intervento chirurgico, complicanze post-partum, sindrome post-traumatica).
Oltre ai genitori, la giurisprudenza ammette in casi specifici anche la legittimazione dei nonni, qualora sia provato un legame affettivo stabile e significativo, e dei fratelli già nati, nei limiti in cui la loro età e convivenza abbiano consentito la formazione di un rapporto con il nascituro.
È invece esclusa la possibilità di risarcimento per i fratelli non ancora concepiti al momento del fatto, per mancanza di una relazione giuridicamente rilevante.
§ 6. Se sospetti una negligenza medica, agisci per tempo
La perdita di un figlio, anche in epoca prenatale, è un trauma che lascia segni profondi.
Quando emergono dubbi sulla correttezza dell’assistenza ricevuta, è fondamentale rivolgersi a professionisti che sappiano valutare le cartelle cliniche, ricostruire la sequenza degli eventi e individuare eventuali responsabilità.
Nel nostro Studio affianchiamo da anni famiglie che hanno vissuto casi di morte fetale o neonatale da malasanità, seguendo ogni fase, dall’analisi medico-legale alla richiesta di risarcimento, con competenza e rispetto del dolore umano.

