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Risarcimento malasanità Rimini

Risarcimento Conseguito per Malasanità a Rimini

Caso Risolto di Malasanità Rimini

Illustriamo in questo articolo la strategia utilizzata per la gestione di un caso di malasanità obiettivamente difficile, avvenuto a Rimini e relativo ad una morte di assai dubbia eziopatogenesi (vale a dire che non erano chiare le cause della malattia [eziologia], né il relativo meccanismo di azione [patogenesi]), affrontato e risolto dall’Avv. Gabriele Chiarini.
All’esito di una delicata quanto impegnativa trattativa stragiudiziale, l’Avvocato è riuscito a conseguire un risarcimento di 300.000,00 euro, risultato che – alla luce delle peculiarità della vicenda in questione – nessuna azione giudiziale avrebbe mai verosimilmente consentito di ottenere.

 

INDICE SOMMARIO

 

§ 1. Il caso di malasanità a Rimini, gestito dall’Avvocato Gabriele Chiarini

Avvocato Malasanità
Avv. Gabriele Chiarini – Esperto di Diritto Civile e Responsabilità Sanitaria

Il caso accennato riguardava il decesso di un giovane uomo (di circa 45 anni), affetto da pregresse problematiche di natura psichiatrica, avvenuto nel 2015 presso un nosocomio della Provincia di Rimini. Questi era stato condotto in Pronto Soccorso nelle prime ore del mattino, su disposizione della guardia medica di turno che l’aveva visitato a casa durante la notte a seguito di un elevato innalzamento della febbre ed al manifestarsi di un improvviso episodio di incontinenza.

Fino a pochi giorni prima, l’uomo aveva goduto di buona salute ed era normalmente uscito di casa per recarsi al lavoro. Il giorno precedente il ricovero, invece, aveva iniziato ad accusare malessere con comparsa di febbre, sintomi da principio attribuiti ad una banale influenza. Non accennando a diminuire la temperatura corporea, ed essendo comparsi anche forti dolori articolari alle gambe, era stata allertata la guardia medica di Rimini, che aveva suggerito di condurre il paziente in P.S.

Eseguiti alcuni accertamenti clinici, i medici avevano ipotizzato diagnosi di pielonefrite e, al termine della mattinata, avevano disposto il ricovero in Medicina, ove la situazione era sembrata stabilizzarsi. Sennonché, nel tardo pomeriggio, l’uomo aveva iniziato ad accusare seri problemi respiratori ed il quadro clinico era peggiorato rapidamente. Trasferito la sera stessa nel reparto di Rianimazione, era poco dopo tragicamente deceduto, con diagnosi di shock settico, invero non supportata da adeguate indagini cliniche o laboratoristiche.

 

§ 2. L’istruzione del caso di malasanità e le valutazioni contrastanti circa l’operato della struttura sanitaria riminese

Per la valutazione del caso, sono stati consultati tre medici legali, un infettivologo ed un endocrinologo, ai quali sono stati posti specifici ed articolati quesiti. Dall’esame congiunto, coordinato dall’Avvocato Chiarini, sono emerse valutazioni contrastanti:

  • da un lato, è stata esplicitamente esclusa la sussistenza di elementi di responsabilità nella gestione clinica del caso; ben due dei medici legali interessati, d’intesa con lo specialista infettivologo, hanno infatti ritenuto che il decesso del paziente fosse ascrivibile unicamente alla gravità del quadro patologico, risultando altamente verosimile che esso fosse stato causato da un grave shock settico, secondario ad un processo infettivo in atto già da diversi giorni; purtroppo, al momento dell’accesso in P.S., le condizioni del paziente sarebbero state estremamente gravi e sarebbe già stato in atto un coinvolgimento sistemico, tale da portare al decesso nell’arco di poche ore, lasso temporale troppo breve per permettere ai medici di effettuare le prove colturali necessarie all’identificazione dei microrganismi responsabili, o per riuscire ad identificare la sede primaria del focolaio infettivo;
  • dall’altro lato, invece, sono emersi spiragli a supporto dell’azione civile di responsabilità; il terzo tra i medici legali interpellati, confortato dalla valutazione dell’endocrinologo:
    • anzitutto, ha censurato la decisione (più o meno consapevole) dei sanitari di non intraprendere immediatamente una terapia antibiotica empirica, la quale – forse – non sarebbe stata comunque sufficiente ad arrestare la progressione del quadro, ma ne avrebbe probabilmente rallentato l’evoluzione sino all’esito letale;
    • inoltre, ha messo in luce la sottovalutazione di una severa iposodiemia – o iponatriemia – pur emersa dai ripetuti esami del sangue (quadro clinico potenzialmente anche mortale, se non trattato);
    • infine, ha stigmatizzato, la diagnosi di pielonefrite, con la quale era stato disposto il ricovero nel reparto di medicina, in quanto non supportata da idonei dati clinici.

 

Il caso, dunque, si presentava assai delicato. Il profilo della colpevolezza era contestato e non c’era univocità di vedute sulla sussistenza di effettive carenze assistenziali imputabili alla Struttura Sanitaria del riminese. La stessa causalità era labile e, di conseguenza, vi era il rischio concreto di vedersi negato – in sede giudiziale – il risarcimento dei danni, per mancata dimostrazione del nesso eziologico tra l’operato dei medici e la morte del paziente.

 

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§ 3. La trattativa stragiudiziale gestita dall’Avvocato con l’Azienda Sanitaria per la risoluzione del caso di malasanità a Rimini ed il risarcimento concordato

Alla luce di tali (contrastanti) valutazioni, l’Avvocato Gabriele Chiarini ha intrapreso una trattativa con l’Azienda Sanitaria, operante in regime di cd. “autoassicurazione” (rectius: autoritenzione del rischio). L’approccio è stato, inizialmente, finalizzato ad acquisire ulteriori informazioni sulla vicenda clinica e sulla percezione avversaria circa le criticità della relativa questione sotto il profilo giuridico e risarcitorio. In tale ottica è stato esperito, preliminarmente ed in alternativa al procedimento di cui all’art. 696 bis c.p.c. (spesso, ma non sempre, preferibile), un procedimento di mediazione davanti ad un Organismo di Rimini regolarmente accreditato presso il Ministero della Giustizia.

In tale sede, è stato possibile sondare l’impostazione dell’Ufficio Legale della Struttura ed instaurare una costruttiva dialettica al fine di renderlo sensibile alle principali tematiche favorevoli ai congiunti della vittima. In estrema sintesi, questi i principali profili, evidenziati dall’Avv. Chiarini, su cui si è fatto leva per sollecitare una definizione transattiva della vertenza:

  • la diagnosi ufficiale di morte per “shock settico” non risultava supportata da nessuna indagine clinica e/o di laboratorio;
  • tale lacuna, sotto il profilo processuale, sarebbe dovuta ridondare a carico dell’Azienda Ospedaliera, in conformità alla regola generale della “vicinanza della prova” (cfr., di recente, Cass. III, 08/11/2016, n. 22639, in tema di incompletezza della cartella clinica);
  • d’altronde, applicando il consolidato (e ormai sancito dalla legge Gelli) orientamento secondo il quale la responsabilità medica si inquadra nell’ambito contrattuale, gli oneri probatori vanno suddivisi tra le parti tenendo presente che spetta al medico provare la propria incolpevolezza, e non al paziente provare la colpa;
  • sotto questo profilo, la famiglia della vittima avrebbe potuto allegare (id est: affermare) la sussistenza di carenze astrattamente idonee a provocare – o quantomeno concausare – il danno, cioè a dire:
    • la mancata adozione di terapia antibiotica pur empirica,
    • la sottovalutazione del quadro di iponatriemia,
    • l’erroneità della diagnosi di pielonefrite;
  • pertanto, il rischio giudiziario di una condanna risarcitoria per l’Azienda Sanitaria non poteva essere radicalmente escluso, almeno in termini di perdita di chances di sopravvivenza.

 

La controversia, dunque,  è stata definita mediante atto di transazione stragiudiziale (visionabile in calce), che ha previsto la liquidazione di un importo complessivo di euro 300.000,00 a titolo di risarcimento del danno da malasanità in favore dei congiunti del paziente deceduto. Tale soluzione è risultata decisamente conveniente per l’interesse della famiglia, considerate le criticità della vicenda in questione ed i pareri negativi espressi da alcuni fra i consulenti (per vero, la maggioranza) in ordine tanto al profilo della colpa quanto – e soprattutto – a quello del nesso causale.

La liquidazione concordata in termini di perdita di chances, peraltro, si è rivelata superiore alla media liquidata dalla limitrofa giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Reggio Emilia, sez. II, 23/02/2014, n. 338, che ha liquidato equitativamente ad un genitore l’importo di euro 60.000,00 per la perdita di chances di sopravvivenza del figlio 47enne).

I tempi di gestione dell’intera vertenza (dalla ricezione della documentazione clinica alla liquidazione del risarcimento) sono stati di circa 24 mesi.

 

 

§ 4. CONTENUTI SCARICABILI

 

 

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