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Vendita Immobile Abusivo

Riflessioni in tema di (in)validità del contratto di compravendita di immobili urbanisticamente irregolari

Era affermazione reiterata quella secondo cui gli atti aventi ad oggetto il trasferimento di immobili abusivi (in primis: la vendita) possono essere nulli. La giurisprudenza della Suprema Corte, infatti, aveva talora specificato come, con l’introduzione della legge n. 47/1985 (e, a maggior ragione, dopo il D.P.R. n. 380/2001), il legislatore avesse inteso rendere incommerciabili gli immobili irregolari dal punto di vista urbanistico.

La questione, tuttavia, è stata messa in discussione dalla pronuncia di Cassazione civile, sez. II, 30 Luglio 2018, n. 20061, la quale ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite, al fine di chiarire la natura (formale o sostanziale) della nullità prevista dalla normativa appena citata.

Ebbene, le Sezioni Unite si sono recentemente pronunciate sul tema, con la sentenza Cassazione civile, Sez. Un., 22/03/2019, n. 8230, che ha affermato i due seguenti principi di diritto:

In tema di compravendita di immobili abusivi, la nullità comminata dall’articolo 46 del Dpr 380/2001 e dagli articoli 17 e 40 della legge 47/1985 va ricondotta nell’ambito della nullità testuale del comma 3 dell’articolo 1418 del c.c. Viene in rilievo, pertanto, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve essere riferibile, proprio, a quell’immobile“.

In tema di contratti aventi ad oggetto diritti reali su immobili, sussistendo il requisito di forma richiesto dalla legge, ossia la indicazione degli estremi del permesso di costruire o dell’istanza di sanatoria, l’eventuale difformità sostanziale della costruzione rispetto al titolo abilitativo non comporta nullità del contratto, ma rileva in termini di inadempimento e giustifica la risoluzione del contratto“.

INDICE SOMMARIO

1) La giurisprudenza pregressa in tema di compravendita di immobile abusivo

Muovendo dalla ritenuta intenzione del legislatore di rendere incommerciabili gli immobili irregolari dal punto di vista urbanistico, la Suprema Corte aveva avuto modo di precisare che:

Gli atti di trasferimento di diritti reali su immobili sono nulli, ai sensi dell’art. 40, secondo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, sia nel caso in cui gli immobili oggetto di trasferimento non siano in regola con la normativa urbanistica (nullità di carattere sostanziale), sia quando dagli atti di trasferimento non risulti la circostanza della regolarizzazione in corso (nullità di carattere formale)

Cass. II, 05/12/2014, n. 25811

Nello stesso senso:

È affetto da nullità un contratto che abbia ad oggetto la vendita di un bene immobile irregolare dal punto di vista urbanistico per contrarietà all’art. 40 comma 2 l. n. 47 del 1985

Cass. II, 17/10/2013, n. 23591

Quale corollario della ritenuta incommerciabilità degli immobili abusivi, la giurisprudenza ritiene impossibile pronunciare sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c. di immobili urbanisticamente irregolari, in quanto costruiti in assenza dei necessari titoli abilitativi ovvero in totale difformità dagli stessi (cfr., sul punto, Cass. II, 29/11/2017, n. 28626; Cass. II, 12/03/2012, n. 3892).

In ogni caso, resta fermo che – per giurisprudenza consolidata – la sanzione di nullità prevista in riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita (così, ad esempio, Cass. II, 04/09/2017, n. 20707).

2) Le caratteristiche della nullità del contratto di compravendita di immobili abusivi

Trattasi, ad ogni modo, di nullità pacificamente assoluta (Cass. II, 09/10/2017, n. 23541), che – come tale – è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio (cfr. art. 1421 c.c.).

In proposito, giova ricordare che la nullità deve essere rilevata d’ufficio quando la domanda attorea si fonda sul presupposto della validità del contratto, come accade – ad esempio – in caso di richiesta di adempimento contrattuale (Cass. I, 04/05/2016, n. 8795), di risarcimento dei danni per inadempimento (Cass. III, 23/06/2016, n. 12996), nonché in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (Cass. SU, 12/12/2014, nn. 26242 e 26243).

Il principio della rilevabilità officiosa della nullità si fonda, d’altronde, sulla ratio di impedire che il contratto nullo – alla luce del disvalore che l’ordinamento attribuisce all’assetto di interessi da esso divisato – possa costituire il presupposto di una decisione giurisdizionale che in qualche modo ne postuli la validità o, comunque, la provvisoria attitudine a produrre effetti giuridici (si v. Cass. SU, 04/09/2012, n. 14828).

3) I rimedi esperibili dalla parte in buona fede nel caso di vendita immobile abusivo

Resta inteso che, ove ce ne siano i presupposti, la parte che abbia confidato senza sua colpa nella validità del contratto può essere risarcita dall’altra parte che conosceva – o avrebbe dovuto conoscere – l’esistenza di una causa di invalidità del contratto stesso (art. 1338 c.c.).

Ma va tenuto presente che la domanda ex art. 1338 c.c. è ontologicamente diversa – per petitum e, soprattutto, per causa petendi – da quella avente ad oggetto il risarcimento dei danni ai sensi degli artt. 1667 e/o 1489 c.c. (norme che, non a caso, postulano l’esistenza di un contratto valido, rispettivamente di appalto o di compravendita).

Alla luce di quanto sopra, dunque, il Giudice che si trovi decidere una controversia relativa ad una compravendita di immobile abusivo dovrà adeguatamente valutare la (in)validità del contratto dedotto in giudizio, quand’anche nessuna delle parti abbia sollevato la relativa eccezione, previa eventuale doverosa sottoposizione della questione al contraddittorio in conformità all’art. 101, comma 2, c.p.c.

4) La (sicura) validità del contratto preliminare di vendita di immobile abusivo

A prescindere dalla questione relativa alla natura della nullità per violazione della legge n. 47/1985, artt. 17 e 40 (ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46), su cui torneremo ai due paragrafi che seguono, il più recente indirizzo della Suprema Corte ha esplicitamente escluso l’applicabilità della suddetta nullità ai contratti preliminari ed ai contratti obbligatori in genere.

Ad esempio, da ultimo, Cass. II, ordinanza 07/03/2019, n. 6685 ha specificato che:

L’orientamento alla base dell’estensione della nullità L. n. 47 del 1985, ex artt. 17 e 40 ai contratti preliminari, espresso nelle sentenze n. 23591/13 e 28194/13 di questa Corte, non ha trovato seguito nella successiva giurisprudenza di legittimità (salvo che nella sentenza n. 18621/2015) mentre l’esclusione dei contratti obbligatori dall’ambito di operatività della nullità L. n. 47 del 1985, ex art. 40, costantemente affermata nella giurisprudenza di legittimità anteriore alle citate sentenze nn. 23591/13 e 28194/13, è stata ribadita nelle sentenze di questa Corte nn. 28456/2013, 9318/16, 21942/2017 e 11659/18“.

Dunque, va certamente riconosciuto che la sanzione della nullità in discorso, prevista dalla normativa vigente con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale il preliminare di vendita.

Ciò si desume dal tenore letterale della norma, nonché dalla circostanza che – successivamente al contratto preliminare – può intervenire la concessione in sanatoria degli abusi edilizi commessi o essere prodotta la dichiarazione prevista dalla stessa norma, ove si tratti di immobili costruiti anteriormente al 1° settembre 1967, con la conseguenza che in queste ipotesi rimane esclusa la sanzione di nullità per il successivo contratto definitivo di vendita, ovvero si può far luogo alla pronunzia di sentenza ex art. 2932 c.c.

5) La trasmissione degli atti al Primo Presidente della Cassazione per l’eventuale assegnazione alle Sezioni Unite

Con ordinanza interlocutoria, Cassazione civile, sez. II, 30 Luglio 2018, n. 20061 ha trasmesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione della causa alle Sezioni Unite in ordine alla risoluzione della questione della natura formale o sostanziale della nullità degli atti di trasferimento di diritti reali su immobili, prevista dagli artt. 17, comma 1 e 40, comma 2, della l. n. 47 del 1985 (e, attualmente, dall’art. 46, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001), nonché a proposito della nozione di irregolarità urbanistica rilevante ai fini della declaratoria di nullità.

Ad avviso del Collegio, in particolare, l’orientamento inaugurato dalle sentenze nn. 23591/2013 e 28194/2013 avrebbe meritato una riconsiderazione da parte delle Sezioni Unite.

La tesi della nullità virtuale, infatti, non avrebbe trovato un solido riscontro nella lettera della legge, nella quale si sanziona con la nullità l’assenza di una dichiarazione negoziale dell’alienante avente ad oggetto gli estremi dei provvedimenti concessori relativi all’immobile dedotto in contratto, senza alcun riferimento alla necessità che la consistenza reale di tale immobile sia conforme a quella risultante dai progetti approvati con detti provvedimenti concessori.

Inoltre, essa sarebbe potuta risultare foriera di notevoli complicazioni nella prassi applicativa e, conseguentemente, avrebbe rischiato di pregiudicare in maniera significativa gli interessi della parte acquirente; quest’ultima, infatti, si sarebbe vista esposta, con la dichiarazione di nullità dell’atto di trasferimento, alla perdita dell’immobile (con la conseguente necessità di procedere al recupero del prezzo versato) pure in situazioni nelle quali aveva fatto incolpevole affidamento sulla validità dell’atto.

6) La pronuncia delle Sezioni Unite sulla natura della nullità degli atti di compravendita di immobili urbanisticamente irregolari

Come accennavamo in principio, non si è fatta attendere a lungo la pronuncia delle Sezioni Unite, che ha inteso dirimere definitivamente la questione. Dopo una dotta ed articolata ricostruzione del quadro normativo e degli orientamenti giurisprudenziali esistenti sul tema, la Suprema Corte ha infine condiviso le perplessità manifestate dall’ordinanza di remissione ed ha enucleato i principi trascritti in epigrafe.

Dunque, componendo il contrasto sulla nullità per mancata menzione – negli atti tra vivi di trasferimento di edifici – dei titoli edilizi in forza dei quali sono stati costruiti, le Sezioni Unite della Cassazione (Cass. S.U., 22/03/2019, n. 8230) hanno chiarito che:

  • la nullità comminata dalle disposizioni in esame (artt. 46, comma 5, TU n. 380/2001; 17, comma 5 e 40, comma 5, legge n. 47/1985) non è una nullità cd. “virtuale”, di cui al comma 1 dell’art. 1418 c.c.;
  • trattasi, invece, di una nullità “testuale”, di cui al comma 3 dell’art. 1418 c.c.;
  • in presenza nell’atto della dichiarazione dell’alienante degli estremi del titolo urbanistico, il contratto è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata dal titolo menzionato, sempre che:
    • il titolo urbanistico sia realmente esistente, e
    • il titolo urbanistico sia effettivamente riferibile all’immobile dedotto in contratto;
  • la difformità della costruzione rispetto al titolo urbanistico rileva sotto il profilo dell’inadempimento e può giustificare la risoluzione del contratto;
  • l’interesse superindividuale ad un ordinato assetto di territorio resta adeguatamente salvaguardato dalle sanzioni amministrative (dalla sospensione dei lavori, alla demolizione del manufatto contrario al P.R.G. o al titolo abilitativo, fino alla acquisizione gratuita al patrimonio comunale), nonché da quelle penali (previste dalle relative fattispecie contravvenzionali).

Clicca qui per scaricare la sentenza integrale di Cassazione civile, Sez. Un., 22/03/2019, n. 8230

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