Danno biologico terminale

Danno biologico terminale: cos’è, come si calcola e chi può chiedere il risarcimento

Ultimo Aggiornamento 22 Maggio 2025

Il danno biologico terminale è il pregiudizio subito dalla vittima nell’arco di tempo che intercorre tra le lesioni e il decesso.

A differenza del danno tanatologico, che non è risarcibile, il danno biologico terminale viene riconosciuto quando la morte non è immediata, ma sopraggiunge dopo un periodo apprezzabile dall’evento lesivo.

Questo tipo di danno è trasmissibile agli eredi come diritto già maturato nel patrimonio della vittima prima della morte (iure hereditatis).

Ma quali sono le sue caratteristiche specifiche? Quando può essere richiesto? Come viene calcolato il risarcimento?

Scopriamo quello che c’è da sapere sul danno biologico terminale e i diritti risarcitori che ne derivano.

§ 1. Cos’è il danno biologico terminale

Il danno biologico terminale è quel danno non patrimoniale che consiste nella lesione del bene salute subita dalla vittima nel periodo compreso tra l’evento lesivo e la morte. Si configura come un danno-conseguenza, rappresentato dai postumi invalidanti che caratterizzano la vita del danneggiato dal momento della lesione fino al decesso (exitus).

Più specificamente, il danno biologico terminale rappresenta:

  • Un danno da invalidità temporanea totale, sempre presente, che si protrae dalla data dell’evento lesivo fino a quella del decesso
  • Un pregiudizio all’integrità psicofisica di natura temporanea ma di massima intensità ed entità
  • Un danno risarcibile indipendentemente dallo stato di coscienza della vittima

In altri termini, si tratta di un danno biologico peculiare, che si concretizza nella perdita della possibilità, durante il periodo di malattia, di attendere alle proprie ordinarie occupazioni, con la particolarità che questa impossibilità culmina con il decesso anziché con la guarigione.

§ 1.1 Requisiti per il riconoscimento del danno terminale

Affinché si possa configurare il danno biologico terminale e riconoscerne la risarcibilità, devono sussistere i seguenti requisiti:

  1. Apprezzabile lasso temporale: tra l’evento lesivo e il momento del decesso deve intercorrere un periodo di tempo significativo, convenzionalmente non inferiore alle 24 ore. Questo requisito temporale è fondamentale per distinguere il danno biologico terminale dal danno tanatologico.
  2. Effettiva produzione delle conseguenze pregiudizievoli: il danno deve essersi concretamente verificato nella sfera della vittima, producendo un pregiudizio alla sua integrità psicofisica.
  3. Nesso causale: deve esistere un collegamento diretto tra l’evento lesivo e il danno subito dalla vittima nel periodo precedente alla morte.

Come chiarito dalla giurisprudenza, in particolare da Cass. civ., sez. III, 08/06/2023, n. 16272, il danno biologico terminale “di regola sussiste solo per sopravvivenze superiori alle 24 ore e deve essere accertato senza riguardo alla circostanza se la vittima sia rimasta o meno cosciente“.

§ 1.2 Differenza tra danno biologico terminale e danno morale terminale/catastrofale

Il danno biologico terminale e il danno catastrofale (o danno morale terminale) rappresentano due componenti distinte del danno non patrimoniale che la vittima può subire prima della morte:

Danno biologico terminaleDanno morale terminale/catastrofale
Lesione del bene salute (danno biologico)Sofferenza morale e spirituale (danno morale)
Consiste nei postumi invalidanti sperimentati dalla lesione fino alla morteConsiste nella sofferenza psichica per la consapevolezza dell’imminente fine-vita
È risarcibile solo se la sopravvivenza si protrae per almeno 24 oreÈ risarcibile anche per brevissimi periodi di sopravvivenza
Non richiede lo stato di coscienza della vittimaPresuppone necessariamente lo stato di coscienza della vittima
Si calcola in base all’invalidità temporaneaSi liquida con criteri equitativi puri

Come specificato in Cass. VI, 06/10/2020, n. 21508, “nel caso in cui tra la lesione e la morte si interponga un apprezzabile lasso di tempo, tale periodo giustifica il riconoscimento, in favore del danneggiato, del c.d. danno biologico terminale, cioè il danno biologico stricto sensu (ovvero danno al bene salute), al quale, nell’unitarietà del genus del danno non patrimoniale, può aggiungersi un danno morale peculiare improntato alla fattispecie“.

§ 1.3 Differenza con il danno tanatologico (non risarcibile)

Il danno biologico terminale si distingue dal danno tanatologico per i seguenti aspetti:

Danno biologico terminaleDanno tanatologico
Danno alla salute sperimentato prima della morteDanno da perdita della vita stessa
Risarcibile e trasmissibile agli erediNon risarcibile secondo la giurisprudenza di Cassazione
Richiede un apprezzabile lasso di tempo tra lesione e morteSi verifica in caso di morte immediata o pressoché immediata
Riguarda un pregiudizio alla saluteRiguarda la perdita del bene vita
Rientra nel danno-conseguenzaÈ considerato danno-evento

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15350 del 22/07/2015, hanno definitivamente escluso la risarcibilità del danno tanatologico, ribadendo che la perdita della vita, bene giuridico autonomo rispetto alla salute, è insuscettibile di essere reintegrata per equivalente. Questo orientamento è stato costantemente confermato, come nella più recente Cass. civ., Sez. III, 27/12/2023, n. 35998.

§ 2. Le basi giuridiche del danno biologico terminale

Non esiste una norma specifica che disciplini direttamente il danno biologico terminale. Il suo riconoscimento è frutto dell’evoluzione giurisprudenziale nel campo della responsabilità civile.

La base normativa su cui poggia il riconoscimento del danno biologico terminale è rappresentata principalmente dall‘art. 2059 del Codice Civile, che disciplina il risarcimento del danno non patrimoniale. Questo si collega al diritto fondamentale alla salute, tutelato dall‘art. 32 della Costituzione, che rappresenta il bene giuridico leso nel caso del danno biologico terminale.

Il riconoscimento di questo particolare tipo di danno riflette la necessità di offrire una tutela risarcitoria anche nei casi in cui la vittima, pur non morendo istantaneamente, subisca un pregiudizio alla propria integrità psicofisica nel periodo che precede il decesso.

§ 2.1 Lo sviluppo attraverso le decisioni della Cassazione

Il percorso giurisprudenziale che ha portato alla definizione del danno biologico terminale è stato graduale e ha conosciuto diverse fasi.

Inizialmente, la giurisprudenza si è concentrata sulla distinzione tra morte immediata e morte avvenuta dopo un certo lasso di tempo. La Corte di Cassazione ha cominciato a riconoscere che, quando tra la lesione e la morte intercorre un periodo apprezzabile, la vittima subisce un danno biologico risarcibile, consistente nell’invalidità temporanea sofferta fino al decesso.

Un momento fondamentale è stato rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 15350 del 2015, che ha definitivamente escluso la risarcibilità del danno tanatologico, cioè del danno da perdita della vita in sé. Questa decisione ha indirettamente confermato la validità dell’orientamento che riconosce invece il danno biologico terminale quando la morte non è immediata.

Nella sentenza n. 21508 del 6 ottobre 2020 la Cassazione ha definito il danno biologico terminale come un “danno biologico stricto sensu (ovvero danno al bene salute)” che viene riconosciuto quando “tra la lesione e la morte si interponga un apprezzabile lasso di tempo“.

La Suprema Corte ha progressivamente affinato i criteri per il riconoscimento di questo danno, stabilendo che:

  • È necessario un “apprezzabile lasso temporale” tra lesione e morte, generalmente non inferiore alle 24 ore
  • Il danno biologico terminale sussiste indipendentemente dallo stato di coscienza della vittima
  • Si tratta di un danno che, essendosi verificato quando la persona era ancora in vita, entra nel suo patrimonio e si trasmette agli eredi

Oggi l’orientamento consolidato della Cassazione riconosce chiaramente il danno biologico terminale come categoria autonoma di pregiudizio risarcibile e trasmissibile agli eredi.

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Il danno biologico terminale rappresenta una delle forme più gravi di pregiudizio risarcibile: riguarda la sofferenza massima vissuta dalla vittima nei giorni tra l’evento lesivo e il decesso. Se hai vissuto una situazione simile, potresti avere diritto a un risarcimento. Contattaci per una valutazione riservata del tuo caso.

§ 3. Come si calcola il danno biologico terminale?

Il danno biologico terminale richiede una liquidazione particolare, che tenga conto della sua natura peculiare: un’invalidità temporanea che culmina con il decesso anziché con la guarigione.

§ 3.1 Criteri di liquidazione del danno terminale

Il Tribunale di Savona nella decisione del 24 giugno 2020 ha precisato che il danno biologico terminale deve essere commisurato all’inabilità temporanea, con una liquidazione adeguata alle circostanze del caso concreto. Sebbene temporaneo, questo danno è massimo nella sua intensità ed entità, poiché la lesione alla salute non è suscettibile di recupero ed esita nella morte.

La Cassazione, sezione III, nella sentenza n. 16272 dell’8 giugno 2023, ha stabilito che il danno biologico temporaneo sussiste solo per sopravvivenze superiori alle 24 ore e deve essere accertato indipendentemente dallo stato di coscienza della vittima.

Il danno biologico terminale viene generalmente liquidato facendo riferimento al criterio dell’invalidità temporanea totale, ma con significativi adattamenti che considerano la particolare gravità del pregiudizio subito.

Quindi per la liquidazione si considerano principalmente due fattori:

  1. La durata della sopravvivenza: il periodo intercorso tra l’evento lesivo e il decesso, generalmente espresso in giorni
  2. L’intensità del pregiudizio: la gravità della compromissione dell’integrità psicofisica durante questo periodo

Il danno biologico terminale va risarcito attraverso un’adeguata personalizzazione del quantum, che consideri la speciale intensità di una invalidità temporanea che esiti nel decesso. Le tabelle dei Tribunali di Milano e Roma forniscono parametri utili per questa valutazione.

§ 3.2 Metodi di calcolo e personalizzazione

Il risarcimento viene commisurato all’inabilità temporanea totale, con un’adeguata personalizzazione che consideri le specifiche circostanze del caso concreto. Il calcolo del danno biologico terminale segue generalmente questi passaggi:

  1. Determinazione del periodo di sopravvivenza in giorni dal momento della lesione al decesso
  2. Applicazione del valore base dell’invalidità temporanea totale secondo le tabelle di riferimento
  3. Personalizzazione del valore base in considerazione:
    • Dell’intensità delle sofferenze fisiche
    • Della gravità delle lesioni
    • Dell’età della vittima
    • Di eventuali condizioni preesistenti
    • Del contesto in cui si è verificato l’evento lesivo

La personalizzazione è un aspetto fondamentale nella liquidazione del danno biologico terminale. 

Come sottolineato dalla Cassazione nella sentenza n. 16780/2024, la determinazione del risarcimento va “parametrata alla menomazione dell’integrità psicofisica patita per quel determinato periodo, con commisurazione all’inabilità temporanea adeguata alle circostanze del caso concreto“.

Questo approccio riflette la necessità di considerare che, sebbene temporaneo, il danno biologico terminale rappresenta il massimo pregiudizio possibile all’integrità psicofisica, culminando con la perdita della vita stessa.

§ 3.3 Criteri di liquidazione secondo le Tabelle di Milano e Roma

Il Tribunale di Milano prevede una liquidazione del danno biologico terminale suddivisa in due fasi:

  1. Primi 3 giorni: importo complessivo fino a € 35.247,00, determinato equitativamente e non soggetto a personalizzazione.
  2. Dal 4° al 100° giorno: importi decrescenti per ciascun giorno, a partire da € 1.175,00 per il 4° giorno fino a € 116,00 per il 100° giorno. Questi importi possono essere aumentati fino al 50% in presenza di circostanze giustificative.

Il Tribunale di Roma, invece, adotta un sistema di liquidazione basato su fasce temporali:

  • Primi 5 giorni: € 11.776,86 per ciascun giorno.
  • Successivi 10 giorni: € 5.888,43 per ciascun giorno.
  • Successivi 15 giorni: € 2.355,37 per ciascun giorno.
  • Oltre i 30 giorni: € 1.177,68 per ciascun giorno.

Anche in questo caso, è prevista una personalizzazione dell’importo in base alle specifiche circostanze del caso concreto.

§ 3.4 Esempi di liquidazione del danno biologico terminale

A titolo esemplificativo, si consideri il caso in cui la vittima sia sopravvissuta per 10 giorni dopo l’evento lesivo, in condizioni tali da integrare un danno biologico terminale risarcibile. Ebbene:

  • Secondo la Tabella di Milano spetterebbero le seguenti somme:
    • Primi 3 giorni: fino a € 35.247,00.
    • Dal 4° al 10° giorno: importo tabellare cumulativo pari a € 7.993,00, aumentabile fino al 50% (€ 11.989,50) in presenza di circostanze giustificative.
    • Totale massimo: € 35.247,00 + € 11.989,50 = € 47.236,50.
  • Secondo la Tabella di Roma spetterebbero invece:
    • Primi 5 giorni: 5 x € 11.776,86 = € 58.884,30.
    • Successivi 5 giorni: 5 x € 5.888,43 = € 29.442,15.
    • Totale: € 58.884,30 + € 29.442,15 = € 88.326,45, aumentabile in presenza di circostanze giustificative.

Naturalmente, gli importi sopra indicati sono da considerarsi a titolo esemplificativo e possono variare in base alle specifiche circostanze del caso concreto e all’aggiornamento delle tabelle di riferimento.

ItaliaOggi Sette 02-11-2020 Danno tanatologico - Avv. Gabriele Chiarini
Leggi l’articolo dell’avv. Gabriele Chiarini su danno terminale e danno tanatologico, pubblicato da “ITALIA OGGI”

§ 4. Chi può richiedere il risarcimento del danno terminale, e come?

Il risarcimento del danno biologico terminale può essere richiesto dagli eredi della vittima, che subentrano nel diritto risarcitorio già entrato nel patrimonio del defunto.

Infatti, la Corte di Cassazione, nella sentenza n. 21508 del 6 ottobre 2020, ha chiarito che, quando tra la lesione e la morte si interpone un apprezzabile lasso di tempo, la vittima acquisisce il diritto al risarcimento del danno biologico terminale. Questo diritto, essendosi già consolidato nella sfera giuridica del defunto, si trasmette agli eredi come qualsiasi altro diritto patrimoniale.

La legittimazione a richiedere il risarcimento spetta quindi a:

  1. Eredi legittimi: coloro che succedono per legge al defunto secondo le norme del codice civile
  2. Eredi testamentari: i soggetti designati come eredi dal defunto attraverso testamento

È importante sottolineare che il diritto al risarcimento del danno biologico terminale viene trasmesso agli eredi in quanto tali, indipendentemente dal loro rapporto di parentela o affettivo con la vittima. Ciò significa che anche un erede che non aveva alcun legame affettivo con il defunto può richiedere il risarcimento di questo danno, poiché esso entra nel patrimonio ereditario.

La richiesta di risarcimento può essere avanzata:

  • In sede stragiudiziale, tramite una formale richiesta risarcitoria indirizzata al responsabile del danno o alla sua compagnia assicurativa
  • In sede giudiziale, attraverso l’azione civile per il risarcimento del danno

Nel caso di sinistri stradali, la Cassazione a Sezioni Unite, nella sentenza n. 35318 del 30 novembre 2022, ha chiarito che l’azione diretta ex art. 141 del Codice delle Assicurazioni è applicabile anche quando gli eredi richiedano il risarcimento iure hereditatis del danno terminale subito dal trasportato a causa del sinistro.

§ 4.1 Documentazione necessaria e onere della prova

Per ottenere il risarcimento del danno biologico terminale, gli eredi devono fornire la prova di:

  1. Qualità di erede: attraverso dichiarazione di successione, testamento pubblicato, o certificato di stato di famiglia storico e atto di notorietà
  2. Esistenza del danno biologico terminale: dimostrando che:
    • La vittima è sopravvissuta per un periodo apprezzabile dopo l’evento lesivo (generalmente, almeno 24 ore)
    • Durante questo periodo ha subito un pregiudizio all’integrità psicofisica
    • Il decesso è stato causato dalle lesioni subite

Per quanto riguarda la documentazione necessaria a dimostrare l’esistenza del danno biologico terminale, è fondamentale produrre:

  • Documentazione medica: cartelle cliniche, referti di pronto soccorso, certificati medici che attestino le condizioni della vittima nel periodo tra l’evento lesivo e il decesso
  • Certificato di morte: per stabilire con certezza la data del decesso
  • Relazione medico-legale: che accerti il nesso causale tra l’evento lesivo e il decesso, nonché l’entità del pregiudizio subito dalla vittima nel periodo di sopravvivenza

L’onere della prova grava sugli eredi che richiedono il risarcimento. Essi devono dimostrare l’esistenza di tutti gli elementi costitutivi del danno biologico terminale, in particolare:

  • La durata della sopravvivenza
  • La gravità delle lesioni e del pregiudizio subito
  • Il nesso causale tra l’evento lesivo e il decesso

Come precisato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 16272 dell’8 giugno 2023, il danno biologico terminale “deve essere accertato senza riguardo alla circostanza se la vittima sia rimasta o meno cosciente“, mentre per il danno o catastrofale è necessaria la prova della consapevolezza della propria sorte e della morte imminente.

§ 5. FAQ sul danno biologico terminale

La morte è una ladra che non si presenta mai di sorpresa.

Oriana Fallaci