Coronavirus, tutto quello che c’è da sapere sulla quarta autocertificazione

Ultimo Aggiornamento 22 Agosto 2024

La quarta autocertificazione

L’Italia, ma anche il resto del mondo, sta vivendo una situazione difficile per la diffusione del Covid-19. Gestire un’emergenza sanitaria di questo tipo non è facile, anche se uno dei metodi più efficaci, consigliato dagli scienziati di tutto il pianeta, idoneo a contrastare la diffusione del virus è “restare a casa”. Nel nostro Paese, con una serie di provvedimenti, sono state adottate numerose misure restrittive, tra cui moltissimi limiti alla circolazione, oltre all’obbligo di autocertificare il motivo degli spostamenti. Diversi sono stati gli interventi normativi, dapprima il Decreto Legge 23 febbraio 2020 n. 6, poi due decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (dei giorni 8 e 9 marzo) ed infine il Decreto Legge 25 marzo 2020 n. 19.

Sulla legittimità di detta normativa d’urgenza per contrastare il Coronavirus, il costituzionalista Sabino Cassese ha manifestato tutte le sue perplessità nell’intervista rilasciata al quotidiano “Il Dubbio”. Con il susseguirsi delle diverse disposizioni anche i modelli di autocertificazione sono mutati, proprio perché dovevano adeguarsi alle nuove misure di contenimento, sempre più stringenti, a causa del dilagare della pandemia.

Con il presente articolo, tralasciando le questioni teoriche e dottrinali, intendiamo approfondire le problematiche relative all’ultima autocertificazione, ovvero quella diretta a giustificare gli spostamenti dei cittadini, alla luce delle più recenti misure contro la diffusione della pandemia adottate con il Decreto Legge 25 marzo 2020, n. 19.


§ 1. Autodichiarazione per gli spostamenti: il quarto modello

Nel nuovo modello di autocertificazione, scaricabile sul sito del Ministero dell’Interno, sono rimaste invariate molte delle informazioni già richieste nella versione del 17 marzo, anche se si aggiunge l’obbligo di meglio specificare lo spostamento, indicando il luogo di partenza e quello d’arrivo.

Affinché lo spostamento sia lecito permangono le esigenze contemplate nei precedenti moduli (comprovate esigenze lavorative, motivi di salute, situazione di necessità, assoluta urgenza per trasferimenti in un comune diverso). Viene indicata anche una lista esemplificativa di casi di necessità che indurrebbero il soggetto ad allontanarsi dal proprio domicilio: il rientro dall’estero, le denunce di reati, gli obblighi di affidamento di minori, l’assistenza a congiunti o a persone con disabilità. Inoltre, vi è l’obbligo di dichiarare di non essere sottoposti a quarantena e di non essere positivo. Poiché l’art. 3 del d.l. 19/2020 ha legittimato le Regioni, in relazione alle specifiche situazioni di gravità del contagio e del relativo rischio sanitario, ad introdurre ancora più gravi misure restrittive, nel nuovo modello è prevista la dichiarazione di essere a conoscenza delle ulteriori limitazioni disposte coi provvedimenti dei Presidenti delle Regioni, sia di partenza che di arrivo, e che lo spostamento rientra nei casi previsti dai suddetti provvedimenti.

§ 2. Le sanzioni e il cambio di rotta del Governo: dal diritto penale al diritto amministrativo

Nel nuovo modello il sottoscrittore deve dichiarare di essere a conoscenza delle sanzioni previste dall’art.  4 del d.l. n. 19 del 25 marzo 2020. L’ assoluta novità sta proprio in questa norma che, con l’irrogazione di sanzioni amministrative, corregge il tiro rispetto alle precedenti disposizioni sanzionatorie, che prevedevano la configurazione di reati contravvenzionali (come quello previsto dall’art. 650 c.p.). Ovviamente resta salva l’applicabilità delle norme punitive dei delitti più gravi, quali quello di epidemia, puniti con gravi pene detentive.

L’ art. 4 del d.l. n. 19 del 25 marzo 2020 dispone che:

Salvo che il fatto costituisca reato, il mancato rispetto  delle misure di contenimento di cui all’articolo 1, comma 2, individuate  e applicate con i provvedimenti  adottati ai sensi dell’articolo 2, comma 1, ovvero dell’articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a euro 3.000 e non si applicano le sanzioni contravvenzionali previste dall’articolo 650 del codice penale o da ogni altra disposizione di legge attributiva di poteri per ragioni di sanità, di cui all’articolo 3,comma 3. Se il mancato rispetto delle predette misure avviene mediante l’utilizzo di un veicolo le sanzioni sono aumentate fino a un terzo”.

La sanzione amministrativa di cui alla richiamata disposizione, sarà immediatamente pagabile in misura ridotta, come la maggior parte delle sanzioni previste per la violazione del codice della strada. In caso di mancato pagamento, la sanzione sarà irrogata dal Prefetto, con ordinanza ingiunzione, entro cinque anni dal rapporto degli accertatori della violazione, in quanto dette sanzioni seguono il particolare regime del procedimento sanzionatorio disciplinato dalla legge 689/1981.

§ 3. La falsa autocertificazione

Vediamo ora quali imputazioni possano ragionevolmente emergere in caso di dichiarazioni mendaci. Il modulo del Ministero dell’Interno richiama l’art. 495 del codice penale.

Al riguardo è utile richiamare  il  consolidato orientamento giurisprudenziale in materia di dichiarazioni mendaci (Cass. Pen. Sez. V, Sent. 11/01/2019, n. 4054), per il quale la falsa attestazione del dichiarante che abbia ad oggetto “fatti” dei quali l’atto è destinato a provare la verità, configura il reato di “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico”.
Detto reato è previsto dall’art. 483 del codice penale che punisce con la reclusione fino a due anni: “Chiunque attesta falsamente al pubblico ufficiale, in un atto pubblico, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità”.

Attenzione, però, a non dichiarare il falso riguardo alla professione esercitata che, in una recente pronuncia, la Suprema Corte (cfr. Cass. pen. Sez. V, Sent. 05/03/2019, n. 19695) ha considerato una delle qualità che pure contribuiscono ad identificare le persone. Infatti, il caso di falsa attestazione che riguardi le “qualità personali” del dichiarante configura verosimilmente “Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o di altri”; il reato (più grave) è quello previsto dall’art. 495 del codice penale che  punisce con la reclusione da uno a sei anni: “Chiunque dichiara o attesta falsamente al pubblico ufficiale l’identità, lo stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona”.

Dunque, qualora si violi il divieto di spostamento dichiarando falsamente di essere costretti a circolare per esigenze lavorative in realtà inesistenti, perché detto lavoro o professione non vengono effettivamente svolti,  si potrebbe andare incontro alla pena prevista per il più grave reato di cui all’art. 495 del codice penale, che è peraltro la norma menzionata nel modulo autocertificativo fornito dal Ministero dell’Interno.