Home » Media » Revocazione Donazione per Ingratitudine (infedeltà coniugale) – Sequestro Conservativo ottenuto

Revocazione Donazione per Ingratitudine (infedeltà coniugale) – Sequestro Conservativo ottenuto

Autorizzato il sequestro contro la moglie di beni mobili e immobili

L’Avv. Claudia Chiarini ha ottenuto la concessione di un sequestro conservativo nel corso di un procedimento teso alla revocazione per ingratitudine di una donazione tra coniugi.

Decisamente interessante il caso oggetto di giudizio.

 

La vicenda di infedeltà coniugale e la domanda di revocazione della donazione per ingratitudine

Il caso trae origine dalla domanda giudiziale avanzata da un marito tradito nei confronti della moglie, protagonista di reiterati episodi di adulterio. Il marito aveva, dunque, notificato alla moglie un atto di citazione nel quale chiedeva la revocazione per ingratitudine della donazione del diritto di nuda proprietà eseguita in suo favore e la conseguente condanna della moglie alla restituzione del valore del diritto di nuda proprietà donatole tempo addietro.

A sostegno della propria domanda, il marito esponeva che, durante gli ultimi due anni di matrimonio, ed in particolare a partire dalla nascita del primo figlio della coppia, la moglie aveva iniziato a “chattare” su internet, frequentando social network e siti di incontri e trascorrendo molto tempo (fino a 9 ore al giorno) “chiacchierando” con perfetti sconosciuti. Il marito si era da subito opposto a questa “abitudine” della moglie, sia perché le ore trascorse sul web la inducevano a trascurare la cura del bimbo e in generale della famiglia, sia perché le nuove conoscenze virtuali della signora suscitavano nel marito una comprensibile gelosia, giustificata anche dal fatto che la moglie tendeva a nascondere al marito la propria attività su internet, inserendo codici di accesso e password ai siti frequentati e cancellando la cronologia delle pagine internet visitate.

I sotterfugi e la mancanza di trasparenza della moglie avevano chiaramente indotto il marito a ritenere che le conversazioni intrattenute dalla moglie via etere non fossero propriamente innocenti (o perlomeno non fossero di tenore tale da poter essere serenamente lette dal marito). Tuttavia, per amore della famiglia e per quieto vivere, il marito aveva atteso pazientemente che la moglie si stancasse autonomamente del proprio “hobby” (cosa che, purtroppo, non si era mai realizzata).

Da ultimo, di rientro dalle ferie trascorse al mare assieme ad un’amica, la moglie aveva comunicato al marito – di punto in bianco e senza motivazione alcuna – la propria decisione di lasciarlo, e, preso con sé il figlio piccolo, si era trasferita in un albergo in montagna. In un primo momento il marito aveva tentato di dialogare con la moglie per comprendere cosa l’avesse spinta a lasciarlo improvvisamente, operandosi per convincerla a tornare sui propri passi. Ogni iniziativa del marito, tuttavia, si era scontrata contro l’indisponibilità al confronto della moglie.

 

La scoperta del tradimento

Dopo poche settimane dall’abbandono da parte della moglie, il marito – già in uno stato di profonda prostrazione – era stato informato da conoscenti e da amici che la moglie da diverso tempo intratteneva una relazione extraconiugale con un altro uomo, conosciuto in chat. In particolare, era emerso che la moglie aveva frequentato il proprio amante anche durante la villeggiatura estiva, trascorsa dalla convenuta in campagna assieme ad una “amica” di famiglia.

Era emerso inoltre che la moglie – la quale nelle settimane immediatamente successive all’abbandono del marito aveva fatto rientro per un mese nel Paese di origine assieme al figlio – era stata avvistata da un’altra amica e connazionale all’aeroporto lettone di V. in compagnia di un uomo (verosimilmente lo stesso frequentato in campagna), che si era imbarcato assieme a lei sul volo di rientro per R.

 

La richiesta di separazione giudiziale con addebito per infedeltà coniugale

Fortemente e comprensibilmente sconvolto per la triste scoperta dell’infedeltà della moglie, il marito aveva quindi desistito da ogni tentativo di recupero della relazione coniugale, ed aveva presentato ricorso giudiziale per separazione con richiesta di addebito alla moglie. Pendeva, dunque, davanti al Presidente del Tribunale il procedimento per separazione giudiziale dei coniugi.

 

I dettagli dell’adulterio

Poco dopo l’udienza presidenziale, infine, il marito era venuto a conoscenza di fatti ulteriori, estremamente gravi, relativi alla condotta infedele della moglie. In particolare, il marito aveva saputo da un’amica della moglie che quest’ultima già da lungo tempo (dunque ancor prima della nascita del figlio) lo tradiva sistematicamente con diversi uomini.

La testimone aveva infatti riferito al marito di aver prestato più volte il proprio appartamento all’amica, affinché quest’ultima potesse incontrarvisi liberamente con i propri amanti. La signora ha altresì riferito che quando la moglie doveva incontrarsi con qualche amante per un appuntamento galante, domandava all’amica di recarsi a prenderla casa sua, affinché il marito fosse indotto a credere che le due donne uscissero assieme per innocenti passeggiate.

La cosa che maggiormente aveva offeso l’orgoglio e la dignità del marito era stata la rivelazione, da parte della testimone, che la moglie aveva intrattenuto una relazione piuttosto lunga con un vicino di casa, con il quale aveva avuto la sfacciataggine di consumare rapporti intimi nell’abitazione familiare, mentre il marito era fuori per lavoro.

La testimone aveva informato il marito che, nella città di residenza della coppia, tutti sapevano delle infedeltà della moglie (benché nessuno, come sovente accade, avesse sino ad allora avuto il coraggio di metterlo al corrente di quanto stava accadendo), la cui condotta disinvolta era ormai cosa nota.

 

La richiesta di revoca della donazione per ingiuria grave

Le modalità plateali, disdicevoli e gravemente irriguardose con le quali la moglie aveva consumato le proprie relazioni extraconiugali (tanto più gravi se si considera che il marito aveva dovuto combattere a lungo contro i pregiudizi della propria famiglia d’origine, persuasa che la giovane straniera non l’avesse sposato per amore ma per evadere dalla realtà del proprio Paese di provenienza e per “sistemarsi”) hanno indotto il marito a chiedere la revoca della donazione a suo tempo effettuata nei confronti della moglie, per ingratitudine di quest’ultima.

La giurisprudenza di legittimità è ormai unanime nel ritenere che l’ingiuria grave richiesta dall’art. 801 c.c. quale presupposto per la revoca della donazione deve consistere in un comportamento che rechi all’onore e al decoro del donante un’offesa suscettibile di ledere gravemente il patrimonio morale della persona (a tal proposito cfr. Cass. n. 13632 del 5.11.2001; Cass. n. 7033 del 5.4.2005; Cass. n. 5310 del 29.5.1998 e Cass. n. 8165 del 28.8.1997).

Non v’è dubbio che l’atteggiamento della moglie costituisse, oggettivamente, ingiuria grave. La signora aveva infatti commesso plurimi adulteri, peraltro noti agli abitanti del luogo di residenza, tradendo sistematicamente il marito, all’insaputa del quale si univa con gli amanti anche nell’abitazione coniugale.

Nella valutazione della gravità dell’ingiuria si deve infatti tenere conto dell’ambiente e delle condizioni sociali nelle quali viveva il marito, il quale si era sposato con una ragazza straniera di molti anni più giovane di lui, ignorando quelli che riteneva meri pregiudizi dei membri della propria famiglia e di qualche amico, i quali sostenevano che la ragazza non fosse realmente innamorata di lui ma se ne stesse servendo per ottenere una vita più stabile, specialmente dal punto di vista economico (in proposito si consideri che il marito era dirigente nel settore pubblico, mentre la moglie non aveva mai svolto alcuna attività lavorativa).

Le infedeltà della moglie, pubbliche e per giunta consumate nella casa familiare acquistata dal marito con enormi sacrifici economici, avevano quindi, comprensibilmente, offeso in maniera profonda il sentimento di dignità e di autostima dell’attore, rivelando una ingratitudine della moglie che ripugna alla comune coscienza morale.

La moglie donataria, dunque, aveva attuato comportamenti gravemente ingiuriosi del decoro del marito, che con amore le aveva donato la nuda proprietà su un bene immobile. I tradimenti ripetuti sono stati consumati con leggerezza e pervicacia, al punto da esporre il marito ai pettegolezzi ed alle chiacchiere del paese di residenza, ridicolizzandolo. La condotta irrispettosa della moglie – la quale aveva raggiunto il suo culmine con la violazione dell’obbligo di fedeltà commessa nella casa coniugale (e probabilmente nel talamo nuziale) – denotava con evidenza disistima e sprezzo nei confronti del donante, da ultimo infatti abbandonato improvvisamente dalla moglie per poter vivere liberamente le proprie avventure sentimentali (una vicenda tristemente analoga a quella per cui è causa è alla base della pronuncia di Cass. n. 14093 del 25.8.2008).

 

Le conseguenze giuridiche della revoca della donazione

La moglie aveva, medio tempore, alienato a terzi la nuda proprietà donatale dal marito. Atteso che l’art. 808 c.c. stabilisce che i diritti dei terzi acquistati anteriormente alla domanda di revocazione restano impregiudicati, è evidente che la moglie, nell’auspicata ipotesi di accoglimento della domanda attorea, non potesse restituire al marito il bene donato in natura, stante la cessione della titolarità del diritto di nuda proprietà. Pertanto, la moglie avrebbe dovuto restituire il valore del diritto donato, ai sensi dell’art. 807, comma 2, c.c.

 

La richiesta di sequestro conservativo

Nel corso del procedimento di separazione giudiziale pendente fra le parti, la moglie aveva più volte sottolineato le proprie difficoltà economiche e l’assoluta inconsistenza del proprio patrimonio personale, presentando anche ricorso per modifica delle condizioni di separazione con il quale aveva richiesto un aumento dell’assegno per il suo mantenimento.

La moglie, infatti, non svolgeva alcuna attività lavorativa, né pareva intenzionata, al momento, a trovare lavoro: sebbene avesse piena capacità lavorativa (giovane, in ottime condizioni fisiche e perfettamente fluente in lingua italiana), la stessa non aveva neppure cercato un’attività professionale che le consentisse di partecipare economicamente al mantenimento del figlio, ed aveva addirittura rifiutato senza motivo di presentarsi a colloqui di lavoro reperiti dal marito, dichiarando allo stesso di avere l’intenzione di essere “mantenuta” il più a lungo possibile.

A ciò si aggiunga che la moglie pareva saper gestire le proprie risorse economiche con l’oculatezza che ci si aspetterebbe in una situazione di disagio: basti pensare che la signora aveva noleggiato un’autovettura per il costo (esorbitante!) di 700,00 euro ogni 15 giorni (ergo 1.400,00 euro al mese).

Era evidente, dunque, che la moglie, che si dichiarava nullatenente, non esitasse a spendere cifre importanti in maniera alquanto sconsiderata (con l’equivalente di poco più di due mesi di noleggio dell’auto avrebbe potuto infatti acquistare una vettura di seconda mano). Di qui il fondato timore del marito di veder scemare la fruttuosità di future iniziative esecutive nei confronti della convenuta, e l’opportunità di richiedere un sequestro conservativo sui beni mobili, immobili e mobili registrati della moglie.

 

Il fumus boni juris ed il periculum in mora

In relazione al fumus boni juris della pretesa restitutoria azionata, i fatti posti a fondamento della domanda attorea risultavano già allo stato ampiamente suffragati dagli atti e documenti acquisiti nell’ambito del procedimento.

In relazione al periculum in mora, il timore del ricorrente di perdere la garanzia del proprio credito risultava particolarmente fondato nel caso di specie, soprattutto in relazione alla consistenza del patrimonio avversario e al comportamento della convenuta, che rendeva evidente la disinvoltura con la quale la stessa utilizzava il proprio denaro (sostenendo spese mensili che lo stesso marito non avrebbe potuto affrontare neppure trasferendole l’intero importo del suo stipendio).

Nelle more del giudizio, dunque, la moglie avrebbe potuto dissipare totalmente il proprio patrimonio. Era quindi legittimo interesse del marito richiedere ed ottenere in tempi rapidi un provvedimento giudiziale che assicurasse la conservazione dell’integrità del patrimonio della convenuta, a garanzia del proprio credito.

 

La concessione del sequestro conservativo

Accogliendo il ricorso presentato dall’Avv. Claudia Chiarini nell’interesse del marito, il Tribunale ha autorizzato, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 671 c.p.c., il sequestro conservativo di tutti i beni mobili, immobili e mobili registrati della moglie, nonché delle somme e cose a lei dovute, fino alla concorrenza della somma di 23.500,00 euro.

 

CONTENUTI SCARICABILI

Ti è piaciuto l’articolo? Condividilo sui Social