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Il demansionamento degli infermieri

Il demansionamento degli infermieri

Riconosciuto il risarcimento dei danni all’immagine professionale e alla dignità morale in favore di alcuni infermieri assegnati a mansioni alberghiere e di cura dell’igiene dei pazienti

La Corte di Cassazione, con le pronunce qui esaminate, n. 21924 e n. 23183 del 2022, ha confermato le decisioni della Corte d’Appello di Cagliari, che aveva accertato il demansionamento posto in essere, ai danni di alcuni infermieri, dall’Azienda Ospedaliera loro datrice di lavoro, per averli adibiti ad attività di natura alberghiera e di cura dell’igiene dei pazienti allettati.

Le decisioni offrono una ricostruzione del ruolo dell’infermiere e delle attività che possono essergli legittimamente richieste. Ne trarremo spunto per individuare gli esatti contorni del cd. demansionamento degli infermieri.


INDICE SOMMARIO


§ 1. La figura professionale dell’infermiere

Giova premettere che l’infermiere è chiamato a svolgere una professione sanitaria, per la quale è richiesta l’iscrizione all’albo professionale e il rispetto di un codice deontologico.

L’infermiere è definito come l’operatore sanitario responsabile dell’assistenza generale infermieristica (art. 1 D.M. 739/1994, regolamento sull’individuazione della figura e del profilo professionale dell’infermiere).

L’assistenza infermieristica preventiva, curativa, palliativa e riabilitativa è di natura tecnica, relazionale, educativa. Le principali funzioni sono la prevenzione delle malattie, l’assistenza dei malati e dei disabili di tutte le età e l’educazione sanitaria.

L’infermiere, tra l’altro, partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività; pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico; garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche; agisce sia individualmente sia in collaborazione con gli altri operatori sanitari e sociali.

Il CCNL comparto sanità colloca l’infermiere nell’Area dei professionisti della salute, attribuendo loro un inquadramento superiore rispetto agli appartenenti all’Area degli operatori, tra i quali vi sono gli operatori sociosanitari, che svolgono attività rivolte alla persona e al suo ambiente di vita, al fine di fornire:

  • assistenza diretta e di supporto alla gestione dell’ambiente di vita;
  • intervento igienico sanitario e di carattere sociale;
  • supporto gestionale, organizzativo e formativo.

§ 2. Demansionamento degli infermieri: la concreta vicenda giudiziaria in esame

Alcuni infermieri agivano in giudizio contro l’Azienda Ospedaliera loro datrice di lavoro, lamentando di essere stati assegnati (anche) a mansioni deteriori, rispetto al proprio inquadramento contrattuale.

Nella specie, gli infermieri allegavano di essere stati continuativamente impiegati in attività quali:

  • il rifacimento dei letti,
  • la pulizia dei letti dei pazienti dimessi, del comodino e dell’armadietto,
  • il trasporto dei degenti all’interno o all’esterno della struttura ospedaliera,
  • la distribuzione del vitto,
  • lo svuotamento ed il lavaggio di padelle e pappagalli,
  • la cura dell’igiene personale dei pazienti non autosufficienti,
  • la movimentazione degli stessi anche in assenza di speciali esigenze cliniche.

I testimoni confermavano che i ricorrenti erano stati adibiti ad un ruolo di sostituzione, sia pure parziale, del personale di supporto delle categorie inferiori, in via non occasionale ma costante ed indispensabile al funzionamento dei reparti. In tale funzione essi erano occupati, per una consistente parte della prestazione lavorativa, delle attività di assistenza alberghiera e di cura dell’igiene.

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§ 3. Le mansioni accessorie dell’infermiere e il suo dovere di collaborazione con gli ausiliari

La sentenza di primo grado accoglieva il ricorso degli infermieri e la Corte d’Appello confermava tale decisione; concludeva, al riguardo, che “La rilevanza quantitativa della prestazione relativa alle qualifiche inferiori era tale da escludere che il loro svolgimento potesse essere considerato come obbligazione accessoria, che per sua natura doveva avere una rilevanza marginale ed essere funzionalmente collegata alla obbligazione principale (ciò che non era per la maggior parte delle attività alberghiere e per tutte le altre non collegate ad esigenze sanitarie specifiche)”.

In altre parole, le prestazioni potevano definirsi accessorie (rispetto ai compiti principali dell’infermiere) solo se collegate ad esigenze sanitarie specifiche, che non venivano ravvisate nel caso di specie; inoltre, proprio perché accessorie, doveva semmai trattarsi di compiti marginali, rispetto ai doveri principali dell’infermiere e non occupare, in ogni caso, una fetta rilevante del loro orario di lavoro.

La Corte di Cassazione, da parte sua, confermava la sentenza della Corte d’Appello, la quale “ha riconosciuto essere compito dell’infermiere professionale la mobilizzazione di degenti con specifiche esigenze cliniche e non ha negato i compiti di collaborazione del personale infermieristico con il personale ausiliario; tuttavia, ha accertato che nella specie fosse stato superato il limite della prestazione esigibile”.

§ 4. Demansionamento degli infermieri: l’irrilevanza delle carenze di organico

Interessante notare come una delle difese dell’Azienda Ospedaliera fosse la necessità di dover fronteggiare una cronica carenza di personale, che legittimava che, talvolta, gli infermieri avessero offerto al paziente una tipologia di assistenza infermieristica tale da sconfinare nelle mansioni affidate agli operatori sociosanitari.

Inoltre, l’Azienda sosteneva di non esserne responsabile, in quanto doveva sottostare a dei limiti di spesa e non disponeva di alcuna autonomia nella determinazione dell’organico del personale, rientrante nella potestà della Giunta regionale.

L’argomento, tuttavia, era rigettato in tutti e tre i gradi di giudizio.

§ 5. I danni da risarcire per il demansionamento e la loro quantificazione

Gli infermieri ottenevano, in primo luogo, la condanna dell’Azienda Ospedaliera all’adempimento in forma specifica, vale a dire all’assegnazione, per il futuro, a mansioni coerenti col loro inquadramento professionale.

Per il passato, era loro riconosciuto il risarcimento dei danni subìti, per la lesione dell’immagine professionale e della loro dignità morale (danni non patrimoniali).

Sul punto, la Corte di Cassazione ha ritenuto corretta la sentenza della Corte d’Appello, secondo la quale dei predetti danni era stata data una prova per presunzioni, fondata su elementi concludenti rispetti al fatto da accertare, quali la rilevanza esterna del demansionamento degli infermieri, la sua gravità e la sua durata.

Infatti, “l’esercizio promiscuo di mansioni proprie del profilo di appartenenza e di mansioni di livello anche assai inferiore era idoneo ad ingenerare nei degenti una confusione di ruoli, per cui l’utente si aspettava (e pretendeva) dall’infermiere anche i compiti dequalificanti: risultavano provati il disagio personale e la sofferenza interiore, per l’apparenza creata all’esterno”.

L’ammontare dei danni era determinato, in via equitativa, in misura pari al 6% della retribuzione fino al 2007 (periodo di maggiore intensità del demansionamento accertato) ed al 3% della retribuzione per il periodo successivo.

La Giurisprudenza citata

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