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Guida sotto l’effetto di Sostanze Stupefacenti

Art. 187 D.lg. n. 285/1992 (Codice della Strada)

L’Avv. Giovanni Chiarini ha difeso vittoriosamente un privato, imputato del reato previsto e punito dall’art. 187 Codice della Strada (per guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti), ottenendone l’assoluzione con formula piena.

Com’è noto, ai sensi della norma appena citata, “Chiunque guida in stato di alterazione psico-fisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope è punito con l’ammenda da euro 1.500 a euro 6.000 e l’arresto da sei mesi ad un anno. All’accertamento del reato consegue in ogni caso la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da uno a due anni“.

Approfondiamo in questo articolo la vicenda che aveva condotto all’imputazione e la strategia difensiva utilizzata, con esito favorevole, per conseguire il proscioglimento dalle accuse.

 

I fatti che hanno determinato l’imputazione per il reato di guida in stato di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti (art. 187 C.d.S.)

In una sera di ottobre, mentre si trovava alla guida di una BMW, il sig. Mario (nome ovviamente di fantasia, n.d.r.) è rimasto coinvolto in un incidente stradale con altra autovettura, a seguito del quale il solo Mario ha riportato lesioni che hanno determinato il suo ricovero presso il Reparto di Chirurgia Generale di un Presidio Ospedaliero abruzzese.

Dietro richiesta di ufficiali di polizia giudiziaria del Comando della Stazione Carabinieri, intervenuti sul luogo dell’incidente per i rilievi del caso, i sanitari che hanno tenuto in cura il sig. Mario hanno rilasciato certificazione di esami di laboratorio, indicanti – sotto l’aspetto tossicologico – una generica positività ai “Cannabinoidi”, senza tuttavia alcun riferimento al valore di tale positività.

Valore che, secondo i limiti indicati sulla stessa certificazione, doveva ritenersi negativo con un “Cut off” inferiore a 50, oppure positivo con un “Cut off” superiore a 50.

 

L’imputazione per guida sotto l’effetto di stupefacenti

Sulla scorta di tale (oltremodo generica) certificazione, la Procura della Repubblica ha quindi ritenuto di trarre il giovane a giudizio, per rispondere del reato in rubrica (violazione dell’art. 187, comma 1, del D.lg. 30/04/1992, n. 285, così come modificato dalla legge n. 120 del 29.7.2010).

 

Inidoneità del risultato di analisi a provare che l’imputato si trovasse in stato di alterazione psico fisica derivante dall’uso di sostanze stupefacenti al momento dell’incidente stradale

Per costante e consolidata giurisprudenza, sia di merito che di legittimità (cfr. ex plurimis Tribunale di Torino, 10 marzo 2011 n. 33; Cass. Pen. sez. fer, 11 settembre 2012, n. 36683), la positività ai metaboliti dei cannabinoidi, accertata attraverso l’esame delle urine, non assume una valenza probatoria ai fini della dimostrazione dello stato acuto di alterazione psicofisica, requisito necessario ai fini dell’integrazione della fattispecie del reato di cui all’art. 187 del Codice della Strada.

Ciò in base al presupposto che, persistendo nelle urine le tracce della sostanza stupefacente anche a notevole distanza dal momento dell’utilizzo, una generica positività così rilevata può attestare soltanto la pregressa assunzione della sostanza, ma non anche il tempo dell’effettivo consumo, né la condizione di alterazione psicofisica in un dato momento.

Un valido e approfondito riscontro per indagare la tempistica di assunzione di sostanze stupefacenti potrebbe invece derivare dall’analisi del sangue, che nel nostro caso non risultava essere stata eseguita.

 

La relazione peritale prodotta dalla Difesa in tema di valutazione della concentrazione del metabolita della cannabis

Ad ulteriore conforto di tali osservazioni, la Difesa ha prodotto in giudizio una relazione peritale medica che, dopo avere esaminato la certificazione di esami di laboratorio presenti in atti, con molteplici riferimenti bibliografici alla letteratura medica:

  • aveva censurato il fatto che un presidio ospedaliero quale quello interessato dal procedimento penale avesse fornito un referto “on/off”, cioè con significato positivo o negativo se si supera il “cut off”, ossia senza una corretta valutazione precisa della concentrazione del metabolita della cannabis nelle urine del soggetto sotto esame;
  • aveva indicato come estremamente inattendibile – a fini legali – il referto costituito dalla certificazione di analisi di cui trattasi, proprio perché non vi era indicata l’esatta concentrazione del metabolita della cannabis, la cui escrezione dall’organismo continua fino a circa 45 ore dall’assunzione.

 

La sentenza di assoluzione per mancata dimostrazione dell’attualità dell’uso di stupefacenti

Nell’accogliere integralmente le argomentazioni difensive, il Tribunale ha riconosciuto l’inidoneità del referto di analisi in atti a provare che, al momento dell’incidente, il sig. Mario si trovasse in stato – effettivo ed attuale – di alterazione psicofisica conseguente all’uso di sostanze stupefacenti.

Mancava, dunque, la prova della violazione della norma di cui all’art. 187 del Codice della Strada, pertanto l’imputato è stato assolto dal reato contestatogli.

 

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