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Separazione di fatto tra coniugi (e accordi per regolarla)

Quale valore ha la scrittura privata per disciplinare una separazione di fatto?

Se marito e moglie decidono di vivere separati, optando dunque per una separazione di fatto tra coniugi, anziché ricorrere alla separazione legale o agli altri istituti previsti dal legislatore, possono regolare la loro separazione mediante degli accordi privati, non omologati dal giudice, che siano giuridicamente rilevanti?

La giurisprudenza, con sentenza del 2015 (Cass. Civ., Sez. III, n. 24621/2015), ha stabilito che tali accordi sono possibili, però possono riguardare solo i diritti disponibili, ovvero quelli di natura sostanzialmente patrimoniale:

L’accordo tra le parti in materia di regolamentazione delle condizioni di separazione dei coniugi, per la parte disponibile, ha effetto anche se non è stato trasfuso in un atto sottoposto al giudice per l’omologazione, avendo natura negoziale tra le parti“.

(Cass. Civ., sez. III, sentenza 03/12/2015, n. 24621)

§ 1. Separazione legale e separazione di fatto

Quando tra due coniugi sopraggiunge l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza e/o il grave pregiudizio per l’educazione dei figli, i medesimi possono ricorrere al Tribunale per richiedere la separazione legale (art. 151 c.c.), consensuale o giudiziale che sia, all’esito della quale il giudice -con sentenza- provvederà a disciplinare la separazione sotto tutti i profili, personali e patrimoniali, e tali prescrizioni diverranno obblighi tra le parti che saranno, quindi, tenute ad osservarle.

Oltre alla separazione in Tribunale davanti al giudice, il nostro ordinamento ha contempla, attualmente (in passato non era così), altre due modalità per pervenire a separazione legale, e precisamente quella avanti all’Ufficiale di Stato Civile e la convenzione di negoziazione assistita, per le quali sono previsti presupposti e modalità specifiche.

A volte, tuttavia, i coniugi scelgono di non separarsi legalmente mediante gli strumenti previsti dall’ordinamento, ma si separano in via fattuale, nel senso che interrompono volontariamente il loro rapporto matrimoniale e regolano gli aspetti di questa separazione di fatto in maniera del tutto autonoma, mediante accordi privati.

§ 2. Accordi nella separazione di fatto: diritti disponibili e diritti indisponibili

Gli accordi che i coniugi raggiungono nell’ambito di una separazione di fatto sono accordi prettamente privati e, come tali, vanno inquadrati nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti.
Si tratta infatti di veri e propri contratti cui sono, per l’appunto, applicabili le norme generali previste dalla legge per i medesimi (ad es. nullità dell’atto, capacità delle parti, etc.) e che vengono, solitamente, stipulati nella forma della scrittura privata o dell’atto pubblico.

Naturalmente, gli aspetti da disciplinare in una separazione di fatto sono diversi e riguardano sia i coniugi che i figli (mantenimento, convivenza, casa familiare, affidamento dei figli, etc.), però è bene ricordare che non tutti gli aspetti possono essere autonomamente disciplinati, in quanto nel nostro ordinamento esistono due tipi di diritti: disponibili ed indisponibili.

I diritti disponibili sono quelli che l’ordinamento prevede nell’interesse del solo titolare; quindi, si attribuisce al medesimo la piena facoltà di disporne liberamente (trasferimento, rinuncia, etc.).
Al contrario, i diritti indisponibili, oltre all’interesse del titolare, soddisfano anche un interesse pubblicistico e, pertanto, in relazione ai medesimi, l’ordinamento ha escluso la negoziabilità.

Per comprendere quali accordi siano ammissibili o no occorre, quindi, far riferimento ai principi giuridici di ordine pubblico previsti dal nostro ordinamento ed in particolare a quello sancito dall’art. 160 c.c. secondo il quale gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.

Ebbene, tra i doveri reciproci derivanti dal matrimonio, l’art. 143 c.c. prevede: la fedeltà, l’assistenza morale e materiale, la collaborazione nell’interesse della famiglia e la coabitazione, i quali, pertanto, non potranno essere oggetto di negoziazione.

Analogo ragionamento va fatto anche in relazione al rapporto con i figli, relativamente ai quali l’art. 147 c.c. stabilisce che:

Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni“.

Art. 147 c.c.

A tali doveri i coniugi medesimi non possono sottrarsi, risultando quindi non negoziabili.

§ 3. Cosa si può regolare nell’accordo di separazione di fatto (e cosa no)

Oggi, come detto in epigrafe, si è giunti a ritenere legittimo l’accordo dei coniugi pronunciato al di fuori della separazione o del divorzio, privo di omologa del giudice, purché verta su questioni patrimoniali (Cass. Civ., Sez. III, n. 24621/2015). Tale accordo, quindi, è giuridicamente rilevante e, come tale, se ne può chiedere l’adempimento coattivo.

Alla luce di questa sentenza, i coniugi potranno quindi regolare i seguenti aspetti di una separazione di fatto:

  • stabilire la somma dovuta a titolo di mantenimento del coniuge e dei figli;
  • stabilire chi provvederà alle spese ordinarie e straordinarie dei figli;
  • stabilire chi potrà rimanere nella casa familiare (tale dichiarazione non pone però al riparo da eventuali diritti di terzi o aventi diritto qualora il coniuge assegnatario non sia il proprietario) e chi provvederà al pagamento delle bollette;
  • rinunciare al proprio mantenimento (indisponibile è invece il diritto agli alimenti, in quanto presuppone uno stato di bisogno a cui nessuno può rinunciare);
  • stabilire le modalità del diritto di visita per i figli e del loro collocamento (al contrario, non potranno prendere decisioni sull’affidamento dei medesimi -che di norma è condiviso-, né potranno esonerare un genitore dalla responsabilità e dal diritto/dovere di cura, educazione, istruzione e mantenimento della prole, posto nel primario interesse del figlio alla bigenitorialità);
  • disciplinare il trasferimento della proprietà di immobili o altri beni.

Per quanto concerne le questioni non patrimoniali, invece, proprie dello status di coniuge o genitore, queste non possono essere oggetto di valida negoziazione e, pertanto, qualora previste, non se ne potrà richiedere l’adempimento coattivo.
Tuttavia, potranno sortire effetti in un eventuale procedimento di separazione legale, in particolare in riferimento alla questione dell’addebito della stessa.

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§ 4. Esclusione dell’addebito della separazione

Come sopra detto, i doveri reciproci dei coniugi derivanti dal matrimonio non possono essere derogati e, quindi, ogni accordo in tal senso non avrebbe alcun valore giuridico; tuttavia, un accordo di separazione su tali aspetti potrebbe salvaguardare i medesimi da eventuali accuse di responsabilità.

Ricordiamo, infatti, che l’abbandono della casa familiare, posto in essere senza giusta causa -salvo il caso in cui sia stata depositata una domanda di separazione in Tribunale o, quantomeno, sia stato informato il coniuge della volontà di separarsi e di lasciare il domicilio coniugale motivando le ragioni della scelta- determina delle responsabilità sia sul piano civile che su quello penale.
Pertanto, un accordo in cui i coniugi stabiliscono e quindi autorizzano l’allontanamento dalla casa coniugale da parte di uno dei due dimostra senza alcun dubbio che entrambi fossero a conoscenza di tale decisione e delle motivazioni poste a base della stessa. Conseguentemente, il coniuge che è rimasto nella casa familiare, in un futuro giudizio di separazione legale, non potrà richiedere l’addebito della stessa in capo all’altro coniuge.

Del pari, anche l’obbligo di fedeltà può essere motivo di addebito della separazione; tuttavia, un accordo derogatorio (implicitamente compreso nella formalizzazione della separazione di fatto) porrebbe entrambi i coniugi al riparo da un ipotetico addebito fondato sulla violazione di tale dovere.

Ovviamente, sia per quanto concerne la coabitazione che per quanto concerne la fedeltà, si ribadisce che tale accordo non ha una precisa valenza giuridica; pertanto, ogni coniuge potrebbe richiedere in qualunque momento la ripresa della convivenza o il rispetto dell’obbligo di fedeltà.

§ 5. Il rilievo scriminante degli accordi tra coniugi in materia di separazione di fatto

Da ultimo, vale la pena di segnalare che gli accordi intervenuti tra coniugi per disciplinare la loro separazione di fatto possono avere anche efficacia scriminante in relazione all’ipotesi delittuosa di cui all’art. 570 bis c.p. (Violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio).

In proposito, la Suprema Corte ha precisato che:

Non si configura il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare nel caso di separazione o scioglimento del matrimonio ex art. 570-bis c.p., qualora l’agente si sia attenuto agli impegni assunti con l’ex coniuge in sede di accordo transattivo, non omologato dall’autorità giudiziaria, modificativo delle statuizioni sui rapporti patrimoniali contenute in un precedente provvedimento giudiziario“.

(Cass. Pen., sez. VI, sentenza 07/02/2020, n. 5236)

Viene, dunque, ribadita l’efficacia obbligatoria dell’accordo transattivo tra i coniugi per la disciplina della separazione di fatto, in conformità all’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale per cui le intese patrimoniali raggiunte sono efficaci e producono effetti vincolanti tra le parti, salvo il caso in cui contengano clausole lesive degli interessi dei figli beneficiari dell’assegno di mantenimento o condizioni contrarie all’ordine pubblico.

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