dignità del paziente

Dignità del paziente: lesione del diritto e risarcimento

Ultimo Aggiornamento 3 Dicembre 2025

Ogni persona che entra in un ospedale porta con sé non solo la propria malattia, ma anche la propria dignità. Un valore fondamentale che la legge tutela, riconoscendolo come parte integrante del diritto alla salute.

La sua violazione è quindi risarcibile al pari di ogni altro caso di malasanità. Lo sa bene la famiglia di un’anziana signora che, ricoverata in un reparto di geriatria in Abruzzo, ha subito umiliazioni e maltrattamenti da parte del personale. Il Tribunale di Pescara ha condannato l’Azienda Sanitaria al risarcimento, stabilendo un principio importante: la struttura sanitaria risponde sempre del rispetto dovuto ai propri pazienti, anche quando le violazioni provengono da operatori esterni.

Ma quando esattamente si configura una violazione della dignità? E soprattutto, come possono un paziente o i suoi familiari far valere questo diritto fondamentale? La risposta richiede di comprendere sia gli aspetti giuridici che quelli pratici di una tutela che tocca l’essenza stessa del rapporto di cura.

§ 1. Cos’è la dignità del paziente

La dignità del paziente è il diritto di ogni persona malata a essere trattata con rispetto, considerazione e umanità durante tutto il percorso di cura. Non si tratta di un concetto filosofico astratto, ma di un principio giuridico concreto che trova le sue radici nella Costituzione italiana e che genera precise responsabilità per strutture sanitarie e operatori.

Dal punto di vista giuridico, la dignità rappresenta quel nucleo intangibile di rispetto che deve accompagnare ogni atto medico, ogni procedura, ogni interazione tra paziente e sistema sanitario. È il diritto a non essere ridotti alla propria malattia, a mantenere la propria identità di persona anche quando si è vulnerabili, dipendenti dalle cure altrui o in condizioni di debolezza fisica e psicologica.

§ 1.1 I fondamenti costituzionali della dignità del paziente

La Costituzione italiana tutela questo diritto attraverso tre articoli fondamentali:

  1. L’articolo 2 riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, tra cui rientra certamente la dignità. 
  2. L’articolo 3 sancisce la pari dignità sociale di tutti i cittadini, principio che assume particolare rilevanza in ambito sanitario dove non possono esistere pazienti di serie A e di serie B.
  3. L’articolo 32, nel tutelare la salute come fondamentale diritto dell’individuo, implicitamente riconosce che non può esistere vera tutela della salute senza rispetto della dignità della persona malata.

La Corte Costituzionale ha più volte ribadito questo legame inscindibile, affermando che ogni trattamento sanitario deve svolgersi nel pieno rispetto della persona umana.

§ 1.2 Dignità, privacy e consenso: diritti distinti ma interconnessi

È importante comprendere che la dignità del paziente non coincide con altri diritti, seppur collegati:

  • Non è solo privacy, anche se include il diritto alla riservatezza.
  • Non è solo consenso informato, anche se comprende il rispetto dell’autonomia decisionale.
  • Non è solo diritto alle cure, anche se presuppone un’assistenza adeguata.

La dignità è piuttosto il contenitore che racchiude tutti questi aspetti: è il diritto a essere chiamati per nome e non per numero di letto, a vedere rispettato il proprio pudore durante una visita, a non essere infantilizzati solo perché anziani, a ricevere spiegazioni comprensibili sulla propria condizione, a non subire commenti inappropriati sulla propria malattia o sul proprio aspetto fisico.

§ 1.3 La tutela rafforzata per i pazienti vulnerabili

Questo diritto assume particolare forza proprio quando il paziente è più fragile: la persona incosciente, il malato terminale, l’anziano con demenza, il disabile grave mantengono intatta la loro dignità umana, che anzi richiede tutela rafforzata proprio per la loro condizione di maggiore vulnerabilità.

La giurisprudenza ha costantemente affermato che l’incapacità di difendersi o protestare non diminuisce il diritto alla dignità, ma semmai aumenta gli obblighi di protezione da parte della struttura sanitaria.

§ 2. La normativa di riferimento

Oltre ai principi costituzionali, la dignità del paziente trova tutela in un articolato sistema di norme che vanno dalle carte dei diritti internazionali fino ai codici deontologici delle professioni sanitarie. Questo intreccio normativo crea una rete di protezione che rende la violazione della dignità non solo un problema etico, ma una vera e propria violazione di legge.

§ 2.1 La Carta europea dei diritti del malato

La Carta europea dei diritti del malato rappresenta uno dei documenti più importanti per la tutela della dignità in ambito sanitario. Proclamata nel 2002, pur non avendo forza di legge vincolante, costituisce un riferimento imprescindibile che molti tribunali italiani citano nelle loro sentenze.

La Carta dedica particolare attenzione al diritto al rispetto del tempo dei pazienti, al diritto a essere trattati come individui e non come numeri, al diritto alla privacy e alla confidenzialità. Ma soprattutto, stabilisce che ogni violazione di questi diritti può dare origine a un’azione legale per il risarcimento del danno subito, principio che la giurisprudenza italiana ha pienamente recepito.

§ 2.2 Il Codice di deontologia medica e gli obblighi professionali

Il Codice deontologico rappresenta la bussola etica e giuridica di ogni medico. L’articolo 20 stabilisce espressamente che il medico deve improntare la relazione con il paziente al rispetto della dignità e della libertà della persona. Non si tratta di mere indicazioni morali: la violazione del codice deontologico può comportare sanzioni disciplinari che vanno dall’ammonimento fino alla radiazione dall’albo.

Particolarmente importante è l’articolo 3, che impegna il medico a tutelare la vita, la salute fisica e psichica dell’uomo nel rispetto della dignità e libertà della persona. Questo significa che anche il medico più preparato tecnicamente, se manca di rispetto al paziente, viola i propri doveri professionali con tutte le conseguenze del caso.

§ 2.3 La Legge Gelli-Bianco e la responsabilità delle strutture

La Legge 24/2017, nota come Legge Gelli-Bianco, ha ridefinito il quadro delle responsabilità in ambito sanitario, chiarendo un aspetto fondamentale per la tutela della dignità del paziente: la struttura sanitaria risponde sempre per i danni causati dai propri operatori, ma anche da personale esterno che opera al suo interno.

La legge ha anche introdotto l’obbligo per le strutture di dotarsi di adeguati sistemi di gestione del rischio, che includono la prevenzione di comportamenti lesivi della dignità dei pazienti attraverso formazione del personale, protocolli operativi e sistemi di controllo.

La dignità tua o di un tuo familiare è stata violata in ospedale?

Ogni episodio di umiliazione, negligenza o maltrattamento costituisce una lesione grave dei diritti del paziente e può dare origine a un risarcimento. Se hai vissuto o assistito a comportamenti che offendono dignità, privacy o rispetto, è fondamentale agire subito per tutelarti.

§ 3. Caso risolto: anziana umiliata in ospedale, l’Azienda Sanitaria condannata

Il caso deciso dal Tribunale di Pescara rappresenta un precedente importante per tutti i pazienti che subiscono violazioni della propria dignità in ospedale. La vicenda, seguita dalla nostra Avv. Claudia Chiarini di Chieti, dimostra come sia possibile ottenere giustizia anche quando la violazione proviene da personale esterno alla struttura.

§ 3.1 I fatti: quando chiedere aiuto diventa motivo di scherno

La signora, 76 anni, era ricoverata nel reparto di geriatria di un ospedale abruzzese. Durante la degenza, in presenza del figlio che le faceva visita, la paziente avvertì l’impellente necessità di espletare un bisogno fisiologico. Vista la sua condizione di ridotta mobilità, chiese aiuto a un’operatrice presente nella stanza.

Invece di ricevere l’assistenza richiesta, la donna fu oggetto di derisione. L’operatrice, anziché aiutarla o chiamare personale infermieristico, iniziò a insultare e deridere l’anziana davanti agli altri degenti. Una seconda operatrice, presente nella stanza, si limitò a sorridere senza intervenire per fermare l’umiliazione o prestare aiuto.

La paziente venne lasciata nei suoi bisogni, atterrita e umiliata, mentre il figlio assisteva impotente alla scena, impossibilitato a intervenire direttamente, ma sconvolto dal trattamento riservato alla madre.

§ 3.2 La scoperta: non era nemmeno un’infermiera

Le indagini successive rivelarono un particolare significativo: l’operatrice responsabile dell’umiliazione non faceva parte del personale sanitario dipendente dell’ospedale. Si trattava di un’addetta al servizio di rifacimento letti, dipendente di una ditta esterna cui l’Azienda Sanitaria aveva appaltato alcuni servizi accessori.

Questo dettaglio avrebbe potuto rappresentare una scappatoia per l’ospedale, ma il Tribunale ha stabilito un principio fondamentale: la struttura sanitaria è responsabile del rispetto della dignità dei pazienti da parte di TUTTI coloro che operano al suo interno, indipendentemente dal rapporto contrattuale.

§ 3.3 La sentenza: principi che valgono per tutti

Il Giudice Unico Dott. Marco Bortone ha accolto pienamente le argomentazioni dell’Avv. Chiarini, condannando l’A.U.S.L. al risarcimento sia del danno subito dalla paziente (purtroppo deceduta alcune settimane dopo, ma il diritto era già maturato) sia del danno vissuto dal figlio, che aveva assistito all’umiliazione.

La sentenza ha stabilito che la struttura sanitaria non può invocare l’esternalizzazione dei servizi per sottrarsi alle proprie responsabilità. Chi entra in ospedale ha diritto al rispetto della propria dignità, e la struttura ne risponde sempre, salvo poi rivalersi sui diretti responsabili.

La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose.

– Art. 7, comma 1, legge n. 24/2017

§ 4. Quando viene violata la dignità del paziente

Non sempre è facile riconoscere una violazione della dignità, perché spesso si nasconde dietro la routine quotidiana, la fretta, o viene giustificata con presunte esigenze organizzative. Tuttavia, la giurisprudenza ha progressivamente delineato i confini di ciò che costituisce una lesione di questo diritto fondamentale, fornendo indicazioni preziose sia per i pazienti che per gli operatori sanitari.

§ 4.1 Le violazioni più comuni della dignità in ambito ospedaliero

La casistica giurisprudenziale rivela un quadro variegato di comportamenti che possono configurare una violazione della dignità. Non parliamo solo di episodi eclatanti di maltrattamento, ma anche di quelle che potrebbero sembrare “piccole mancanze” e che invece ledono profondamente la persona malata.

La violazione della privacy e del pudore rappresenta una delle forme più frequenti. Il paziente esposto senza necessità durante una visita, lasciato scoperto in corridoio durante il trasferimento, discusso ad alta voce davanti ad altri degenti: sono tutte situazioni che la giurisprudenza ha riconosciuto come lesive della dignità. Secondo la giurisprudenza, anche condotte come lo svolgimento di visite ginecologiche senza adeguata riservatezza (ad esempio con la porta del locale lasciata aperta, nonostante le richieste della paziente) possono integrare una violazione della dignità e della privacy del paziente, fonte di responsabilità risarcitoria per medico e struttura.

L’uso di linguaggio inappropriato o offensivo costituisce un’altra violazione grave. Commenti sarcastici sulla malattia, battute fuori luogo sull’aspetto fisico, toni paternalistici o infantilizzanti verso pazienti anziani perfettamente lucidi: tutti comportamenti che trasformano il paziente da persona a oggetto, violandone la dignità intrinseca.

§ 4.2 L’abbandono terapeutico e la negligenza assistenziale

Particolare attenzione merita l’abbandono del paziente, che non significa esclusivamente lasciarlo fisicamente solo, ma anche ignorarne le richieste di aiuto, non rispondere ai campanelli, rimandare sine die necessità fisiologiche basilari. Il caso dell’anziana paziente del reparto di geriatria abruzzese è emblematico: negare assistenza per i bisogni fisiologici non è solo negligenza, è umiliazione.

La Cassazione ha stabilito che lasciare un paziente nelle proprie deiezioni per ore, non per emergenza ma per indifferenza, configura non solo violazione della dignità, ma può integrare anche il reato di abbandono di incapace. Questo principio vale anche quando il paziente “può aspettare”, secondo il personale: il tempo dell’attesa, quando diventa irragionevole, si trasforma in lesione della dignità.

§ 4.3 La responsabilità della struttura: diretta, indiretta e oggettiva

Un aspetto cruciale riguarda chi risponde delle violazioni. La giurisprudenza ha chiarito che la struttura sanitaria ha una responsabilità contrattuale diretta verso il paziente, che include l’obbligo di garantire il rispetto della sua dignità. Questo significa che l’ospedale risponde non solo per i propri dipendenti, ma anche per il personale di ditte esterne, specializzandi, volontari: chiunque entri in contatto con il paziente all’interno della struttura.

Il principio affermato dal Tribunale di Pescara è chiaro: non importa se l’operatore che ha umiliato la paziente fosse dipendente di una ditta di pulizie in appalto. La struttura aveva l’obbligo di garantire che chiunque operava al suo interno rispettasse la dignità dei pazienti. È poi diritto della struttura rivalersi sull’effettivo responsabile, ma questo non elimina la sua responsabilità primaria verso il paziente.

Clicca qui per visionare la sentenza di condanna dell’Azienda Sanitaria per mancato rispetto della dignità del Paziente.

§ 5. Come ottenere giustizia per la dignità violata

Quando la dignità viene calpestata, molti pazienti restano in silenzio per vergogna o rassegnazione. Eppure, come dimostra il caso dell’anziana umiliata nel reparto di geriatria, ottenere giustizia è possibile e spesso più semplice di quanto si pensi.

La prima regola è agire subito. Nel caso seguito dall’Avv. Chiarini, la presenza del figlio come testimone diretto è stata fondamentale, ma anche senza familiari presenti è possibile tutelarsi. Altri degenti, visitatori, persino il personale sanitario di buona volontà possono testimoniare. L’importante è documentare immediatamente: una segnalazione all’URP fatta lo stesso giorno, un messaggio a un parente che descrive l’accaduto, possono aiutare a ricostruire i fatti. Il tempo che passa non aiuta mai chi cerca giustizia.

La strada del risarcimento non passa necessariamente dal tribunale. Molte strutture sanitarie, messe di fronte all’evidenza di una violazione grave e ben documentata, preferiscono trovare un accordo stragiudiziale. Sanno che una sentenza come quella del Tribunale di Pescara crea un precedente pericoloso e preferiscono evitare la pubblicità negativa. Ma quando serve, il giudice non esita a condannare, stabilendo principi importanti come quello per cui la struttura risponde sempre, anche per il personale esterno.

Il risarcimento per la dignità violata non è simbolico. I tribunali italiani riconoscono che l’umiliazione, la mortificazione, il senso di impotenza provati dal paziente sono danni reali che meritano ristoro economico. Le tabelle giurisprudenziali forniscono parametri di riferimento, ma ogni caso viene valutato nella sua unicità: l’età del paziente, la sua vulnerabilità, la presenza di testimoni che amplifica l’umiliazione, la gravità oggettiva del comportamento subito.

La tua dignità e quella dei tuoi cari hanno valore!

La dignità non è un lusso che il paziente perde varcando la porta dell’ospedale. È un diritto fondamentale che la Costituzione, le leggi e la giurisprudenza tutelano con forza crescente. Il caso dell’anziana signora umiliata in geriatria non è purtroppo isolato, ma la condanna dell’Azienda Sanitaria dimostra che nessuna struttura può permettersi di ignorare questo diritto.

La giustizia è possibile, il risarcimento è concreto, e ogni sentenza contribuisce a costruire una sanità più rispettosa della dignità di tutti.

Hai bisogno di aiuto?

Agisci in modo da trattare l’umanità, nella tua come nell’altrui persona, sempre come fine e mai come mezzo.

Immanuel Kant