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Clienti Direzionali e Agenzia – Conclusione giudiziale vittoriosa per una S.p.a. assistita dallo Studio

Vittoria Giudiziale in tema di Agenzia e Clienti Direzionali

Gli Avv.ti Andrea Sisti e Gabriele Chiarini hanno assistito favorevolmente una Società per Azioni nella vertenza giudiziale intrapresa da un agente per il risarcimento danni conseguenti alla pretesa violazione dell’obbligo di esclusiva gravante sulla preponente. Il Tribunale di Roma ha accolto la prospettazione dello Studio secondo cui la vendita di prodotti destinati al retail differisce da quella di prodotti ideati per la grande distribuzione organizzata, e quindi riservati a clienti direzionali.

Dunque, la promozione dei prodotti venduti alla g.d.o. è stata ritenuta esclusa dall’oggetto del contratto di agenzia e, conseguentemente, altresì estranea all’obbligo di esclusiva di cui all’art. 1743 c.c., che ha il seguente tenore letterale:

Art. 1743. (Diritto di esclusiva). Il preponente non può valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività, né l’agente può assumere l’incarico di trattare nella stessa zona e per lo stesso ramo gli affari di più imprese in concorrenza tra loro.

 

Avv. Andrea Sisti (esperto di diritto del lavoro e agenzia) – Avv. Gabriele Chiarini (esperto di diritto civile)

L’oggetto del giudizio

Un Agente aveva convenuto in giudizio una grande Azienda che produce e commercializza arredi per la casa, lamentando di aver subito un danno per il mancato riconoscimento delle provvigioni, relative agli affari conclusi direttamente dalla Società con la grande distribuzione organizzata (g.d.o.: grandi catene di distribuzione operanti a livello nazionale, con punti vendita sparsi sul territorio). All’Agente, infatti, era devoluta (e retribuita) la sola promozione delle vendite dei prodotti a marchio sociale verso i rivenditori (negozi) tradizionali (Retail), nella zona di competenza.

La società si era costituita regolarmente in giudizio, difesa dallo Studio Legale Chiarini, e aveva contestato ogni pretesa dell’Agente, depositando una memoria difensiva con cui aveva sollevato una numerosa serie di eccezioni. In sintesi, aveva evidenziato che:

  • il contratto di agenzia aveva ad oggetto solamente i prodotti destinati a rivenditori tradizionali (retail), con espressa esclusione dei clienti direzionali;
  • la g.d.o. si affermava solamente nella seconda metà degli anni ’90 e, dunque, in epoca successiva alla stipula del contratto di agenzia con l’Agente (che per tale ragione non la menzionava espressamente);
  • l’Agente, in ogni caso, per tutta la durata del rapporto, si era occupato sempre e solo dei rivenditori tradizionali, così come avveniva per tutti gli altri agenti della Società;
  • i rapporti commerciali con la g.d.o. erano curati direttamente, e centralmente, dalla direzione commerciale della Società, che si interfacciava con gli uffici acquisti centralizzati delle catene in questione, con “validità” dei relativi accordi su tutto il territorio nazionale, e senza alcun elemento di collegamento con la zona affidata all’Agente;
  • tutti gli agenti – incluso il ricorrente – partecipavano a riunioni aziendali, ogni tre mesi, in cui era reso palese e chiaro a tutti i partecipanti, che vi fossero due linee di prodotti, l’una destinata alla g.d.o. e l’altra ai rivenditori tradizionali (Retail), e che solo la promozione delle vendite Retail fosse affidata agli agenti, mentre della promozione verso la g.d.o. si occupava direttamente la direzione commerciale della Società;
  • i prodotti venduti dalla Società alla g.d.o. erano distinti, per caratteristiche tecniche, da quelli venduti, tramite gli agenti, ai negozi tradizionali; solo questi ultimi erano prodotti a marchio sociale ed erano inclusi in appositi cataloghi, diversi dai cataloghi delle varie catene appartenenti alla g.d.o.;
  • i prodotti a marchio sociale, destinati al Retail, erano di fascia più elevata (e di maggior prezzo) rispetto a quelli destinati alla g.d.o.; i primi erano progettati da uno studio di architettura esterno all’Azienda, mentre i secondi erano oggetto di progettazione interna, in base alle indicazioni, soprattutto di prezzo (che doveva essere, ovviamente, contenuto entro certi limiti), ricevute dalla committenza della g.d.o.; pertanto, potevano variare materiali, dimensioni, accessori e, per i prodotti Retail, vi era una maggiore “componibilità” in base alle esigenze dei clienti finali, mentre i prodotti della g.d.o. erano generalmente “bloccati”;
  • la predetta distinzione tra prodotti del retail e della g.d.o. era altresì dimostrata dal fatto che la Società si attivava, anche giudizialmente, per denunciare la contraffazione di propri prodotti a marchio sociale (destinati al retail), da parte della g.d.o. (che, in sostanza, anche avvalendosi di altri produttori, immetteva nel proprio mercato, prodotti molto simili a quelli che l’Azienda commercializzava nel mercato tradizionale).

 

La linea difensiva della Società per Azioni

In Sostanza, la promozione della vendita dei prodotti commercializzati dalla Preponente verso la g.d.o. non rientrava nell’obbligo di esclusiva azionato dall’Agente.

A monte, infatti, la promozione dei prodotti venduti alla g.d.o., ovvero a clienti direzionali, era esclusa dall’oggetto del contratto di agenzia (e, dunque, era altresì estranea all’obbligo di esclusiva: infatti, come affermato dalla Corte di Cassazione, nel contratto di agenzia, la clausola di esclusiva ha un ambito di efficacia coincidente con l’oggetto del mandato, con la conseguenza che gli affari non ricompresi tra quelli che l’agente deve promuovere sono estranei anche al diritto di esclusiva contrattualmente previsto, Cass. 4872/1996).

A tal proposito, giova ribadire che l’oggetto del contratto di agenzia dell’Agente era rimasto sempre immutato e identico a quello originario: egli si era sempre e solo occupato della promozione di affari “presso i rivenditori” indipendenti e mai gli era stata aggiunta, né tanto meno sottratta unilateralmente, la promozione degli affari presso la g.d.o., che del resto nemmeno esisteva al momento della sottoscrizione del contratto di agenzia in questione.

Inoltre, la condotta della Società era stata improntata alla massima correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto di agenzia, laddove è stato dimostrato in giudizio che era noto a tutti in Azienda, e soprattutto era ben noto anche all’Agente, che vi fossero due autonomi canali di vendita e che la g.d.o. fosse esclusa dalla sfera di azione degli agenti di zona, con trattamento uniforme per ciascuno di essi.

L’Agente, dunque, aveva accettato non tanto, e non solo, la deroga all’esclusiva, quanto – a monte – la delimitazione dell’oggetto stesso del contratto (e conseguentemente dell’oggetto del proprio diritto di esclusiva).

Infatti, da un lato il contratto prevedeva, per iscritto ed espressamente, l’esclusione dell’incarico con riferimento ai clienti direzionali; da altro lato, l’interpretazione ed esecuzione – secondo buona fede e correttezza – di tale contratto aveva poi portato all’individuazione, assolutamente condivisa tra preponente e agente, dei clienti della g.d.o. come clienti direzionali.

A ciò deve poi aggiungersi, sempre sotto il profilo della esatta determinazione dell’oggetto del contratto di agenzia in discorso, che i prodotti destinati alla g.d.o., come ampiamente illustrato, erano diversi da quelli destinati al mercato dei rivenditori tradizionali.

 

Sul preteso inadempimento dell’obbligo di esclusiva

Doveva altresì reputarsi insussistente il preteso inadempimento della Preponente rispetto all’obbligo contrattualmente assunto di non “affidare ad altri per la stessa zona identico incarico”, peraltro in linea con il disposto dell’art. 1743 c.c. – parimenti invocato dal’Agente –, che vieta al preponente di “valersi contemporaneamente di più agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività”.

Tuttavia, la Società non aveva violato alcuno di tali divieti, poiché non aveva mai affidato ad altri agenti, né stabilmente, né occasionalmente, la promozione delle proprie vendite nella zona dell’Agente in questione..

Occorre precisare che si può ravvisare un inadempimento ai doveri contrattuali del preponente, ai sensi dell’art. 1743 c.c., solo in caso di nomina di altri agenti nella stessa zona e per lo stesso ramo di attività; anzi, il contratto di agenzia dell’Agente, in deroga all’art. 1743 c.c., risultava più restrittivo, vietando solamente il conferimento di un “identico incarico” ad altro agente.

Pertanto, nel caso di specie, non sussisteva alcun inadempimento contrattuale in violazione dell’esclusiva, poiché il Preponente era libero di effettuare, nell’ambito riservato all’Agente, vendite dirette con qualsiasi modalità, anche stabilmente, avendosi invece una violazione dell’esclusiva solamente qualora il Preponente avesse nominato altri agenti.

La conseguenza della promozione di vendite dirette sarebbe stata non il risarcimento danni richiesto da controparte, ma unicamente le provvigioni indirette ex art. 1748, c. 2, c.c. (cfr. Bortolotti-Bondanini, Il contratto di agenzia commerciale, p. 146).

Tuttavia, le provvigioni indirette non erano state richieste da controparte e non costituivano oggetto del procedimento, che aveva ad oggetto solamente la domanda di risarcimento dei danni contrattuali derivanti dalla pretesa violazione dell’esclusiva.

In effetti, l’art. 1748, c. 2, c.c. (riguardante le provvigioni indirette) è chiaramente diretto a garantire agli agenti un compenso per l’attività continuativa di promozione da essi svolta in un determinato ambito territoriale, con sforzi promozionali di cui si avvantaggia il preponente. Conseguentemente, al riguardo, l’opinione dominante è che a tali provvigioni, c.d. indirette, vada attribuita la natura di corrispettivo (Cass. 156/1985; Cass. SU 2319/1983). Ne discende, tra l’altro, l’applicabilità della prescrizione quinquennale, che si era comunque eccepita in giudizio.

Infine, si è rilevato che ai fini della validità della deroga all’esclusiva (che sarebbe stata comunque perfettamente legittima) non era necessaria alcuna forma particolare, valendo per essa il generale principio della libertà di forma. Pertanto, per la deroga era sufficiente anche una tacita manifestazione di volontà, desumibile anche in via indiretta, purché in modo chiaro e univoco, dal comportamento tenuto dalle parti al momento della conclusione del contratto e anche successivamente, al momento dell’esecuzione del contratto stesso (Cass. 5083/1992).

 

La sentenza favorevole alla Società e la condanna dell’Agente alla rifusione delle spese legali

Accogliendo pienamente la linea difensiva della Società patrocinata dallo Studio, il Tribunale di Roma ha rigettato ogni pretesa avanzata in giudizio dall’Agente, che è stato altresì condannato alla rifusione delle spese di lite in favore della Preponente.

 

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