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Avv. Giovanni Chiarini - Ammissione al gratuito patrocinio

Ammissione al gratuito patrocinio: l’errore nell’autocertificazione del reddito è sempre reato?

Dichiarazioni funzionali al patrocinio a spese dello Stato e rilievo del dolo

L’art. 95 del D.P.R. 115/2002 prevede che chi richiede l’ammissione al “gratuito patrocinio” risponde penalmente in caso di falsità od omissioni nelle dichiarazioni allegate all’istanza. La responsabilità penale presuppone però il dolo e va esclusa in caso di ragionevole dubbio sulla volontarietà e consapevolezza dell’errore.

Analizziamo la questione alla luce di un caso affrontato e risolto positivamente dall’avv. Giovanni Chiarini, cogliendo altresì l’occasione per fare il punto sui nuovi limiti reddituali per la presentazione dell’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato.


INDICE SOMMARIO | Gratuito patrocinio


§ 1. La vicenda: l’errore nell’istanza di ammissione al gratuito patrocinio

Il signor Mario Rossi ha chiesto nel 2017 l’ammissione al gratuito patrocinio (rectius: patrocinio a spese dello Stato) nell’ambito di un procedimento penale nel quale risultava imputato.

Nell’autocertificazione allegata all’istanza, venivano scrupolosamente indicate dal signor Rossi tutte le retribuzioni che aveva percepito nel corso del 2016. Per completezza, il Rossi aveva altresì dichiarato la precisa entità di alcuni accantonamenti di cui disponeva in Posta e delle somme giacenti sul suo conto corrente bancario.

Dagli accertamenti operati dall’Agenzia delle Entrate emergeva, però, che il Rossi aveva omesso di considerare una ulteriore entrata, da lui percepita nel gennaio 2016 in riferimento ad un trattamento di fine rapporto per un impiego svolto negli anni precedenti. Entrata che, ove conteggiata, avrebbe comportato il superamento della soglia prevista per l’accesso al beneficio.

Agli accertamenti era conseguita, da un lato, la revoca dell’ammissione al gratuito patrocinio; dall’altro, l’apertura di un procedimento penale a carico del Rossi, imputato per il delitto di cui all’art. 95 del D.P.R. n. 115/2002 (“Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia“), con l’aggravante di aver conseguito l’ammissione al beneficio.

§ 2. I nuovi limiti di reddito per l’ammissione al gratuito patrocinio (D.M. 23.07.2020, in Gazzetta Ufficiale 30.01.2021)

Il nostro ordinamento assicura il patrocinio a spese dello Stato per la difesa dei cittadini non abbienti nel processo penale (lo stesso beneficio può essere richiesto anche nei processi civile, amministrativo, contabile, tributario e negli affari di volontaria giurisdizione, purché le ragioni che si vogliono far valere non vengano ritenute manifestamente infondate). Si tratta di una delle misure con le quali la Repubblica si propone di rimuovere gli ostacoli di natura economica alla libera estrinsecazione dei diritti dei cittadini, ai sensi dell’art. 3, comma 2, della Costituzione.

La procedura e le condizioni per l’ammissione al gratuito patrocinio sono disciplinate dagli artt. 74 e ss. del D.P.R. n. 115/2002. In particolare, per quanto qui rileva, l’art. 76 prevede innanzitutto dei limiti reddituali per l’accesso all’istituto, disponendo che non possa esservi ammesso chi ha un reddito imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, superiore ad una certa soglia. Con D.M. 23.07.2020, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 30.01.2021, detto limite di reddito è stato da ultimo elevato ad € 11.746,68 (con un aumento di € 252,86 rispetto al precedente).

Detto importo, in sede penale, va aumentato di € 1.032,91 per ciascun familiare convivente. In pratica: se l’istante convive con moglie e 2 figli (nessuno dei quali percettori di reddito), la soglia da considerare sarà pari ad € 14.845,41.

Sempre ai fini della corretta individuazione del reddito di cui tener conto, va altresì precisato che, in caso di convivenza, esso è costituito dalla somma dei redditi di ogni componente della famiglia (a meno che gli interessi dell’istante confliggano con quelli di costoro) e che vanno conteggiati anche i redditi che per legge sono esenti da imposte o soggetti a ritenuta alla fonte (ad es. pensioni di guerra, indennità di mobilità, interessi su titoli di stato, vincite, ecc.).

L’importo del reddito imponibile massimo per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato è pari a 11.746,68 euro.

(D.M. 23.07.2020)

Per inciso: nella determinazione delle soglie di ammissione al “gratuito patrocinio” si deve considerare anche l’eventuale reddito di cittadinanza percepito dal richiedente, come ha recentemente precisato l’Agenzia delle Entrate in sede di risposta a un interpello formulato dall’Ordine degli Avvocati di Isernia.

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§ 3. Il delitto previsto dall’art. 95 del D.P.R. 115/2002 in caso di omissioni o false dichiarazioni del richiedente

L’art. 95 del D.P.R. n. 115/2002 dispone che, in caso di falsità od omissioni nelle dichiarazioni depositate per l’ammissione al gratuito patrocinio, il richiedente risponda penalmente. La norma letteralmente prevede che:

“La falsità o le omissioni nella dichiarazione sostitutiva di certificazione, nelle dichiarazioni, nelle indicazioni e nelle comunicazioni previste dall’articolo 79, comma 1, lettere b), c) e d), sono punite con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da € 309,87 a € 1.549,37. La pena è aumentata se dal fatto consegue l’ottenimento o il mantenimento dell’ammissione al patrocinio; la condanna importa la revoca, con efficacia retroattiva, e il recupero a carico del responsabile delle somme corrisposte dallo Stato”.

(art. 95 D.P.R. n. 115/2002)

Quanto all’elemento soggettivo, per la sussistenza del reato è sufficiente il dolo generico, e quindi la mera consapevolezza e volontà della falsità, senza che assuma rilievo la finalità di conseguire un beneficio che non compete; ma anche il dolo generico deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso derivi da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell’agente (in questo senso si veda Cassazione Penale sez. IV 30.01.2018, n. 4623).

§ 4. La tesi difensiva e l’assoluzione dell’imputato per difetto di dolo

L’avv. Giovanni Chiarini ha evidenziato che i principi espressi dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza 4623/2018 sono perfettamente applicabili al caso in esame. Il signor Rossi, infatti, aveva redatto con scrupolosa sincerità l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, dichiarando tutto quanto riteneva dovuto, ivi compresa l’entità dei risparmi investiti in buoni postali e la giacenza del suo conto corrente. Per quanto concerneva i redditi prodotti nel 2016, egli aveva indicato quanto denunciato col mod. 730/2017 (relativo, per l’appunto, all’anno 2016), come da CUD a lui rilasciati dall’Istituto di Previdenza Sociale, ove risultavano l’indennità di disoccupazione fruita e gli emolumenti percepiti dal datore di lavoro prima del licenziamento.

L’unica omissione riguardava un differente importo, ricevuto sempre dal datore di lavoro nel gennaio 2016, riferibile al trattamento di fine rapporto maturato nei precedenti anni. Importo soggetto a tassazione separata e per questo non riportato nel 730. Questa omissione era però dipesa da un errore commesso in buona fede, senza alcuna volontà né consapevolezza, da parte sua, di fornire una falsa rappresentazione della propria situazione reddituale. Né, in senso contrario, era stata fornita prova alcuna dall’accusa.

Con sentenza n. 78 depositata il 17.06.2020, il Tribunale di Chieti, in persona del Giudice per le Udienze Preliminari dott. Andrea Di Berardino, ha assolto Mario Rossi dal reato ascrittogli perché il fatto non costituisce reato, condividendo le argomentazioni difensive prospettate dall’avv. Giovanni Chiarini circa l’insussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Si riportano qui di seguito alcuni passi del provvedimento:

“Il difensore ha prodotto i documenti fiscali attinenti a quel periodo, dimostrando come la differenza tra i due importi risiedesse nel trattamento di fine rapporto, erogato a gennaio 2016 […] e non preso in considerazione dall’imputato nella dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, in quanto ritenuto – in buona fede, secondo la difesa – non pertinente, giacché afferente a un rapporto lavorativo estinto e a prestazioni lavorative effettuate negli anni precedenti.

La tesi difensiva, affermata dall’imputato nel corso del suo esame (ove ha sottolineato l’aspetto della dimenticanza […] e quello del dettagliato scrupolo con cui, d’altro canto, indicò il possesso di tutti i suoi beni mobili e immobili) e adeguatamente documentata […] può essere accolta. […]

Il signor [Rossi] può dunque essere assolto, potendo nutrirsi un ragionevole dubbio sulla ricorrenza del dolo generico alla base della sua dichiarazione viziata dalla esaminata omissione“.

(Tribunale di Chieti – Gup dott. Di Berardino, sentenza n. 78 dep. il 17.06.2020)

§ 5. Riflessioni conclusive su gratuito patrocinio e dichiarazioni reddituali

L’istanza di ammissione al gratuito patrocino non va mai presentata con leggerezza.

Colui che aspira al beneficio del patrocinio a spese dello Stato deve sottoporre al proprio difensore tutte le situazioni che possano anche solo virtualmente incidere sulla valutazione dei presupposti richiesti dalla normativa, con particolare riguardo all’entità dei propri redditi.

In tal guisa, ove mai dovessero – a posteriori – emergere ulteriori elementi non considerati per mera svista e senza alcuna volontà di aggirare le disposizioni, sarà più agevole sostenere e dimostrare la sussistenza della buona fede e la mancanza dell’elemento soggettivo del reato.

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