Ultimo Aggiornamento 20 Maggio 2024
Il ritardo nell’adempimento comporta l’obbligo di corrispondere gli interessi moratori che, nelle transazioni commerciali, prevedono tassi maggiorati
Vi è mai capitato di pagare in ritardo un debito e vedervi conteggiare, in aggiunta a quanto dovuto, una ulteriore somma a titolo di interessi? Bene, se volete capirne il perché, vi spieghiamo in questo breve articolo la tematica degli interessi moratori e della loro funzione, al pari di quella degli interessi “maggiorati” previsti per il ritardo nelle transazioni commerciali di cui al d.lgs. n. 231/2002 la cui applicazione è stata estesa dal nostro legislatore (art. 1284, commi 4 e 5, c.c.) a tutte le obbligazioni pecuniarie dal momento in cui sia stata proposta la relativa domanda giudiziale o l’arbitrato.
INDICE SOMMARIO
- § 1. Cosa è la mora: funzione, conseguenze e presupposti degli interessi moratori
- § 2. Il termine di pagamento nelle obbligazioni pecuniarie e la decorrenza degli interessi moratori
- § 3. Gli interessi moratori nelle obbligazioni pecuniarie e la loro funzione
- § 4. Gli interessi moratori nelle transazioni commerciali ex d.lgs. n. 231/2002 (c.d. interessi commerciali)
- § 5. Meglio evitare gli interessi moratori, soprattutto quelli c.d. commerciali
§ 1. Cosa è la mora: funzione, conseguenze e presupposti degli interessi moratori
La mora, in diritto, è il ritardo ingiustificato nell’adempimento di un obbligazione, intendendo come tale quel rapporto giuridico in virtù del quale un soggetto (il c.d. “debitore”) è vincolato ad eseguire una prestazione (e cioè a tenere un comportamento attivo di “dare” o “fare” od un comportamento negativo di “non fare”) suscettibile di valutazione economica (c.d. “patrimonialità della prestazione”, indicata dall’art. 1174 c.c.) nei confronti di un altro soggetto (il c.d. “creditore”).
Ogni obbligazione, infatti, deve essere eseguita entro un determinato termine (stabilito dalle parti o dal giudice), e capire quando vi è il ritardo nell’adempimento della medesima è importante, in quanto dalla dichiarazione di mora derivano diverse conseguenze e precisamente che:
- l’impossibilità sopravvenuta di adempiere graverà sul debitore (art. 1221 c.c.);
- il debitore sarà tenuto a risarcire i danni subiti dal creditore a causa del ritardo nell’adempimento (art. 1223 c.c.);
- nelle obbligazioni pecuniarie, saranno dovuti dal giorno della mora i cosiddetti interessi moratori (art. 1224 c.c.).
In alcuni casi la mora è automatica (sono quelli precisati nell’art. 1219 c.c.). In tutti gli altri casi, invece, deve essere dichiarata con un formale atto di “messa in mora“, ovvero con una comunicazione scritta inviata alla parte mediante PEC o raccomandata a.r. (per avere prova del ricevimento), con la quale intimiamo alla medesima di adempiere la propria obbligazione entro un certo termine.
Spiegato che cosa si intende per mora, approfondiamo ora uno degli effetti della medesima ovvero gli interessi moratori dovuti nelle obbligazioni pecuniarie, cioè in quelle obbligazioni che hanno ad oggetto un somma di denaro.
§ 2. Il Il termine di pagamento nelle obbligazioni pecuniarie e la decorrenza degli interessi moratori
Come abbiamo visto sopra, una delle conseguenze della morosità è che, nelle obbligazioni pecuniarie, dal giorno della mora saranno dovuti i cosiddetti interessi moratori (art. 1224 c.c.), i quali, pertanto, iniziano a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento. E’ quindi di fondamentale importanza sapere con esattezza quando scade tale termine, e ciò per evitare di incorrere nel ritardo dell’adempimento.
Bene, se le parti lo hanno previsto, nulla quaestio: il termine è quello pattuito. Qualora, invece, le parti non abbiano stabilito il termine entro cui deve avvenire il pagamento, la legge (art. 1183 c.c.) viene in nostro aiuto, prevedendo che:
- se non è determinato il tempo in cui la prestazione deve essere eseguita, il creditore può esigerla immediatamente (1219 c.c.), perché “quod sine die debetur, statim debetur” (ciò che va pagato senza termine, va pagato subito);
- quando sia necessario un termine, in virtù degli usi, per la natura della prestazione o per il modo o il luogo dell’esecuzione, in mancanza di accordo delle parti, esso è stabilito dal giudice;
- se il termine per l’adempimento è rimesso alla volontà del debitore, spetta ugualmente al giudice di stabilirlo secondo le circostanze;
- se il termine è rimesso alla volontà del creditore, può essere fissato su istanza del debitore che intenda liberarsi.
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§ 3. Gli interessi moratori nelle obbligazioni pecuniarie e la loro funzione
Dal momento in cui scatta la mora, e quindi c’è il ritardo nell’adempimento, scattano anche gli interessi moratori.
Gli interessi, come abbiamo spiegato in un altro articolo, sono, sostanzialmente, delle somme di denaro aggiuntive rispetto alla prestazione principale. Gli interessi moratori, nelle obbligazioni pecuniarie, sono delle somme che il debitore deve corrispondere all’altra parte per il ritardo nell’adempimento della propria obbligazione ed hanno, quindi, la funzione risarcitoria di “indennizzare” il creditore per il ritardo (la mora) con cui ha ricevuto il pagamento (art. 1224 c.c.) della somma a lui dovuta.
Tale funzione risarcitoria, tuttavia, salvo il caso in cui le parti abbiano stabilito concordemente il tasso da applicare (rimanendo comunque al di sotto della soglia dell’usura, la cui disciplina – lo ha stabilito Cass. SU, 18/09/2020, n. 19597 – si applica anche agli interessi moratori), oggigiorno è davvero poco remunerativa. Infatti, in mancanza di tale pattuizione, il saggio da applicare agli interessi moratori sarà quello previsto dalla legge per gli interessi legali che, come si evince dalla tabella sottostante, è praticamente nullo.
TASSO | ANNO |
---|---|
1,50% | 2011 |
2,50% | 2012 |
2,50% | 2013 |
1,00% | 2014 |
0,50% | 2015 |
0,20% | 2016 |
0,10% | 2017 |
0,30% | 2018 |
0,80% | 2019 |
0,05% | 2020 |
0,01% | 2021 |
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Al contrario, qualora il ritardo nel pagamento avvenga nell’ambito di una transazione commerciale, la funzione risarcitoria troverà piena attuazione.
§ 4. Gli interessi moratori nelle transazioni commerciali ex d.lgs. n. 231/2002 (c.d. interessi commerciali)
Nell’ambito delle transazioni commerciali i ritardi nei pagamenti vengono disciplinati da una normativa speciale che è il d.lgs. n. 231/2002.
Tale normativa definisce “transazioni commerciali” i contratti, comunque denominati, tra imprese (compresi i liberi professionisti) ovvero tra imprese e pubbliche amministrazioni, che comportano, in via esclusiva o prevalente, la consegna di merci o la prestazione di servizi contro il pagamento di un prezzo e prevede, per i ritardi nei pagamenti, un saggio di interesse molto più elevato rispetto al tasso ordinario degli interessi legali.
Tali interessi, definiti anche “interessi commerciali”, come previsto dall’art. 4 del suddetto d.lgs. n. 231/2002, decorrono automaticamente (senza che sia necessaria la costituzione in mora) dal giorno successivo alla scadenza del termine previsto per il pagamento. Detto termine viene indicato in maniera puntuale dal legislatore che lo fissa, in linea generale, in 30 giorni (art. 4, comma 2, d.lgs. n. 231/2002) dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, ma che può essere aumentato concordemente dalle parti entro certi limiti e sempre per iscritto.
Il tasso degli interessi commerciali, come sopra detto, è più elevato rispetto a quello degli interessi legali, infatti esso è maggiorato di otto punti percentuali rispetto al tasso di riferimento di cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze dà notizia semestralmente, ed è attualmente pari all’8%, percentuale ben superiore a quella – pressoché inesistente – degli interessi legali “ordinari” (oggi pari, sic!, allo 0,01%).
Per completezza, ricordiamo inoltre che il legislatore ha esteso l’applicazione della disciplina speciale prevista per gli interessi nei ritardi di pagamento relativi alle transazioni commerciali a tutte le obbligazioni pecuniarie dal momento in cui sia stata proposta la relativa domanda giudiziale o l’arbitrato (art. 1284, commi 4 e 5, c.c. introdotti nel nostro ordinamento dall’art. 17, comma 1 del d.l. 12/09/2014, n. 132, convertito con modificazioni nella legge 10/11/ 2014, n. 162). A chi voglia approfondire questo tema, suggeriamo l’opportunità di dare un’occhiata al nostro articolo appositamente dedicato agli interessi legali “maggiorati” ex art. 1284, comma 4, c.c.
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§ 5. Meglio evitare gli interessi moratori, soprattutto quelli c.d. commerciali
Da quanto esposto sopra possiamo quindi concludere che sia senz’altro preferibile evitare di essere morosi perché, se è vero che nelle obbligazioni pecuniarie gli interessi moratori al tasso legale “ordinario” sono pressoché inconsistenti, qualora il nostro creditore, stanco di aspettare, decida di agire giudizialmente (o di proporre l’arbitrato), saremo tenuti a corrispondergli gli interessi moratori “maggiorati” previsti per le transazioni commerciali.
La disciplina prevista per queste ultime, come abbiamo visto, prevede un tasso piuttosto elevato e, quindi, rischiamo di dover corrispondere, in aggiunta alla sorte del nostro debito, anche un’importante somma a titolo di interessi moratori, oltre che di incorrere nelle ulteriori conseguenze derivanti dalla morosità (ad esempio: l’ulteriore risarcimento qualora il creditore dimostri di aver subito un maggior danno ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c.).