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Agenzia e Rappresentanza – Ristrutturazione

Assistenza dello Studio in una operazione di revisione dei rapporti contrattuali tra una Holding e l’intera rete commerciale dei propri agenti

Lo Studio ha assistito una Holding operante nel settore della moda nella ristrutturazione dei rapporti negoziali con i propri agenti, concretatasi nella sottoscrizione di nuovi contratti di agenzia con l’intera rete commerciale e nelle contestuale chiusura dei rapporti pregressi con l’agente generale e con i vari sub-agenti.

 

1. Chiusura dei rapporti pregressi con l’agente generale

Gli agenti di commercio coinvolti nell’operazione erano precedentemente legati ad una società sammarinese (agente generale della Società) da un rapporto di sub-agenzia, peraltro fittizio, poiché di fatto si era venuto ad instaurare un rapporto di agenzia direttamente tra i sub-agenti e la Società italiana.

Si rendeva opportuno evitare, dunque, che i sub-agenti potessero rivendicare la sussistenza di un rapporto di agenzia direttamente con la Società e conseguentemente ottenere, nei confronti della medesima:

a) il riconoscimento, al momento della cessazione del rapporto e con riferimento all’intera durata del rapporto stesso, dell’indennità ex art. 1751 c.c. (pari nel massimo alla media annuale di provvigioni, da calcolarsi con riferimento agli ultimi 5 anni), ove gli agenti avessero apportato nuovi clienti o avessero sensibilmente sviluppato gli affari coi clienti già esistenti e PGH ne continuasse a beneficiare dopo la cessazione del rapporto;
b) in alternativa, l’applicazione degli Accordi Economici Collettivi (d’ora in avanti anche “AEC”), posto che la Società era iscritta a Confindustria, e da tale iscrizione derivava l’obbligo di applicare gli AEC.

 

1.1. L’esigenza di “azzerare” tutti i pregressi rapporti di agenzia

Ciò premesso, si rendeva altresì opportuno “azzerare” tutti i rapporti di agenzia, per evitare che i sub-agenti potessero far valere, nei confronti della Società, la propria anzianità con decorrenza dal momento dell’instaurazione del rapporto con l’agente generale straniero.

Il riconoscimento di una maggiore anzianità, infatti, avrebbe potuto incidere – indirettamente – sui presupposti di applicabilità del suddetto art. 1751 c.c. (visto che la giurisprudenza, in sede di applicazione di tale norma, tende a “premiare” maggiormente gli agenti con rapporti di lunga durata), nonché sul preavviso in caso di recesso da parte della Società (la cui durata aumenta, per legge, all’aumentare dell’anzianità dell’agente).

Appariva necessario, infine, disciplinare ex novo i rapporti di agenzia, anche allo scopo di dettare un chiaro regolamento contrattuale che recepisse le esigenze della Società.

Altra esigenza, come anticipato, era quella di escludere chiaramente l’applicazione degli Accordi Economici Collettivi, particolarmente favorevoli agli agenti, in base al presupposto dell’esser venuta meno l’iscrizione a Confindustria da parte della Società.

 

1.2. Lo strumento contrattuale individuato

Lo strumento migliore per realizzare tali obiettivi è stato individuato nella risoluzione consensuale dei rapporti di sub-agenzia in atto, con la contestuale stipulazione di nuovi contratti di agenzia direttamente tra la Società e gli agenti.

Gli accordi di risoluzione consensuale, contenenti altresì le reciproche rinunce a far valere qualsiasi pretesa in relazione ai rapporti intercorsi, dovevano essere sottoscritti dai sub-agenti in sede protetta (vale a dire dinanzi alla Direzione Provinciale del Lavoro, articolazione periferica del Ministero del Lavoro, o in sede sindacale, con l’assistenza di un sindacalista cui l’agente conferisse mandato).

I rapporti di agenzia commerciale intercorrenti con persone fisiche o con società di persone, infatti, ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 2113 c.c., in base al quale le rinunzie e transazioni a diritti indisponibili previsti dalla legge o dai contratti collettivi (quali sono ad es. gli AEC) devono avvenire in una delle sedi protette sopra indicate (ovvero dinanzi ad un Giudice). In caso contrario, i sub-agenti avrebbero potuto impugnare gli accordi entro il termine di 6 mesi di cui all’art. 2113 c.c. Tale “impugnazione” avrebbe determinato l’annullamento degli accordi.

Il termine di 6 mesi, in particolare, sarebbe decorso dalla data di cessazione del rapporto (o dalla data della rinuncia o transazione, se successiva alla cessazione del rapporto).

Ne consegue che gli agenti avrebbero senz’altro potuto richiedere il riconoscimento della unitarietà dei due rapporti (con l’agente generale e la Società) e per tale via avrebbero potuto impugnare l’accordo di risoluzione con l’agente generale fino a 6 mesi dopo la cessazione del (nuovo) rapporto con la Società.

Si sarebbe trattato, in definitiva, di una minaccia gravante sulla Società a tempo indefinito…

 

1.3. La definizione transattiva dei rapporti di agenzia in sede sindacale

Per tale motivo, si è deciso di procedere alla firma degli accordi in sede protetta e si è attentamente valutata la possibilità di sottoscriverli dinanzi alla Direzione Provinciale del Lavoro di Pesaro (d’ora in avanti anche “DPL”) ovvero, in alternativa, in sede sindacale.

Si è scelta la seconda via per eliminare un problema di competenza territoriale che si poneva in relazione alla sede c.d. “amministrativa” (vale a dire la DPL).

Ai sensi dell’art. 413 c.p.c., infatti, la competenza della DPL si determina con riferimento al domicilio degli agenti. Per rispettare tale criterio, sarebbe stato dunque necessario coinvolgere le DPL delle province in cui operavano tutti gli agenti interessati, con evidenti difficoltà di carattere logistico.

La conciliazione firmata in sede sindacale, in ogni caso, ha il medesimo valore della conciliazione firmata dinanzi alla DPL, a patto che l’agente sia effettivamente assistito da un sindacalista cui abbia conferito mandato. Tale assistenza a favore degli agenti è stata svolta dalla sig.ra A.A., dell’Ufficio Vertenze della CISL di Pesaro.

 

1.4. La struttura trilaterale delle risoluzioni consensuali

Va sottolineato, infine, che le risoluzioni consensuali hanno coinvolto non soltanto l’agente generale ed i sub-agenti, ma anche la Società, nei confronti della quale i sub-agenti hanno espressamente rinunciato a far valere la sussistenza di un rapporto di agenzia per il periodo precedente (durante il quale erano appunto legati all’agente generale da un contratto di sub-agenzia).

Per tutti i sub-agenti, è stato fatto salvo il diritto a percepire le provvigioni maturate sugli affari conclusi dopo una certa data, alle normali scadenze già previste dal contratto con l’agente generale (la quale, ovviamente, sarà obbligata al pagamento di tali provvigioni).

Alcuni sub-agenti – all’esito dei conteggi apprestati dalla Società fino alla fine dell’anno – vantavano un credito nei confronti dell’agente generale. Tale credito è stato liquidato nei verbali di conciliazione, prevedendone il pagamento da parte dell’agente generale a favore dei sub-agenti a titolo transattivo (in occasione della cessazione del rapporto di sub-agenzia).

Altri sub-agenti, invece, risultavano debitori nei confronti dell’agente generale. In relazione a tali posizioni, è stato espressamente fatto salvo il diritto dell’agente generale al pagamento delle somme di cui i sub-agenti risultavano essere debitori, quale residuo non pagato di campionari consegnati nel corso del rapporto.

 

2. I nuovi contratti di agenzia

2.1. Durata e cessazione del rapporto

I nuovi contratti di agenzia sono stati stipulati a tempo indeterminato.
La Società potrà recedere da tali contratti per giusta causa (vale a dire una causa che non consenta la prosecuzione nemmeno temporanea del rapporto) ovvero – in ogni caso – con preavviso, la cui durata è determinata dalla clausola 15 del contratto di agenzia (fino ad un massimo di 6 mesi per i rapporti caratterizzati da un’anzianità di oltre 6 anni). Ovviamente l’anzianità andrà calcolata a partire dalla data di stipulazione dei nuovi contratti.

Abbiamo previsto anche uno strumento ulteriore rispetto al recesso, vale a dire la risoluzione per inadempimento (c.d. clausola risolutiva espressa), che potrà essere fatta valere dalla Società in relazione a determinati inadempimenti contrattuali, espressamente indicati, da parte di ciascun agente (v. clausola 16).

Riguardo alla distinzione tra recesso e clausola risolutiva espressa, va premesso che pur trattandosi di due strumenti diversi tra loro, la giurisprudenza tende un po’ a confonderli ed a trattarli in maniera unitaria.
Alla base di entrambi c’è un inadempimento, ma nel primo caso è la legge ad indicare che cosa si intende per giusta causa (una causa che non consente la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto, nemmeno per il periodo di preavviso, per intenderci).
Nel secondo caso, invece, l’inadempimento deve essere di non scarsa importanza avuto riguardo all’interesse dell’altro contraente. Laddove siano le parti, includendo una clausola risolutiva espressa nel contratto, a stabilire l’importanza dell’inadempimento, è opinione comune in giurisprudenza che il Giudice non possa compiere alcuna indagine sull’entità dell’inadempimento rispetto all’interesse dell’altro contraente, ma deve unicamente accertare se l’inadempimento è imputabile al soggetto obbligato (fermo restando che la colpa in capo al contraente inadempiente si presume ex art. 1218 c.c.).
Va osservato che, nella prassi, la clausola risolutiva espressa è molto diffusa e – se correttamente intesa – è anche più efficace del recesso, perché permette alle parti (ed in particolare alla preponente) di stabilire quali inadempimenti daranno diritto ad ottenere la risoluzione del contratto.

In particolare, abbiamo previsto una clausola risolutiva espressa che impone all’agente il raggiungimento di determinati obiettivi di vendita (clausole 12 e 16).
Precisiamo, peraltro, che al mancato raggiungimento degli obiettivi potrebbe non conseguire automaticamente la risoluzione del contratto, perché si dovrà verificare se il mancato raggiungimento dell’obiettivo è dipeso dalla colpa dell’agente (il quale dovrà dimostrare di essere incolpevole, poiché l’onere della prova è a suo carico).
Per cui, qualora si accertasse, per ipotesi, che gli obiettivi non sono stati raggiunti a causa di un calo inevitabile del mercato, la Società non potrebbe ottenere la risoluzione del contratto.

 

2.2. Responsabilità dell’agente per l’insolvenza dei clienti

La legge (art. 1746, comma 3, c.c.) vieta di pattuire il c.d. star del credere (o meglio pone dei limiti così ampi da renderlo praticamente inutilizzabile). In altre parole, l’agente non può essere responsabile, nei confronti del preponente, del mancato pagamento da parte dei clienti.

L’art. 1746 c.c., tuttavia, pone a carico dell’agente l’obbligo di fornire al preponente le notizie sullo stato di solvibilità dei clienti che l’agente possa agevolmente acquisire con l’uso della normale diligenza.
L’agente, infatti, deve tutelare gli interessi del preponente, nonché fornire al preponente stesso ogni notizia utile per valutare la convenienza dei singoli affari.

In caso di mancato pagamento da parte del cliente, ove si configuri la responsabilità dell’agente nei termini sopra riportati, la Società potrà far valere un inadempimento contrattuale, con conseguente obbligo dell’agente di risarcire il danno.
Tale obbligo è stato ribadito e meglio precisato dalla clausola 3.6. (la cui violazione da parte dell’agente determina la risoluzione del contratto, v. clausola 16.1, punto viii).
Va da sé che per poter ottenere la risoluzione del contratto ed il risarcimento del danno vi deve essere un inadempimento contrattuale, ovviamente colpevole, altrimenti si finirebbe per eludere il divieto dello star del credere.

È stata anche prevista una clausola risolutiva espressa per il caso di mancato raggiungimento – per due semestri anche non consecutivi – dell’obiettivo semestrale dell’avvenuto e puntuale pagamento del 95% dei corrispettivi dovuti al Preponente da parte dei clienti per affari procurati dall’agente.

Ci preme precisare che la tenuta di tale clausola (16.1, punto vii) non può essere senz’altro assicurata, in assenza di specifici precedenti giurisprudenziali sul punto.
Tale clausola, infatti, potrebbe essere considerata in frode al divieto dello star del credere, pur registrandosi in dottrina pareri contrari a tale conclusione.
Si ritiene, in ogni caso, che la clausola in questione possa costituire un valido incentivo nei confronti degli agenti a ricercare clienti solvibili ed a sollecitare il pagamento dei corrispettivi dovuti alla Società.

 

2.3. Maturazione del diritto alla provvigione

Il diritto alla provvigione matura – al più tardi ed inderogabilmente – dal momento e nella misura in cui il terzo ha eseguito la propria prestazione o avrebbe dovuto eseguire la sua prestazione se il preponente avesse eseguito la prestazione a suo carico (art. 1748 c.c.).
È però indispensabile prevederlo nel contratto (altrimenti si applica una disciplina differente e più favorevole all’agente), come abbiamo fatto alla clausola 9.4., richiamando espressamente l’art. 1748, comma 4, c.c.
Se il terzo esegue parzialmente la sua prestazione, salvo che per contratto o per accordo successivo non fosse tenuto ad un adempimento parziale (es. pagamento a rate), tecnicamente il terzo è inadempiente; di conseguenza all’agente non sarà dovuta alcuna provvigione e non una provvigione proporzionale all’adempimento parziale (v. clausola 9.5).
Invece, in caso di pagamento a rate convenuto tra le parti (preponente e cliente), l’agente ha diritto al pagamento della provvigione in proporzione alla parte di prezzo di volta in volta pagata dal cliente (clausola 9.8).

Per quanto concerne, inoltre, gli affari conclusi dopo la cessazione del rapporto di agenzia, la legge prevede che l’agente ha diritto alla provvigione sugli affari conclusi anche dopo la cessazione del rapporto (entro un termine ragionevole) se la conclusione è da ricondurre prevalentemente all’attività da lui svolta. Tale norma (art. 1748, comma 3, c.c.) è considerata derogabile da parte della migliore dottrina.
Nel contratto di agenzia che abbiamo redatto, abbiamo dunque inserito una deroga al criterio legale, in base alla quale l’agente precedente (con cui il rapporto è cessato) non ha mai diritto alla provvigione su affari conclusi dopo la cessazione del rapporto se i relativi ordini sono stati trasmessi alla preponente dal nuovo agente (clausola 10.3). Per gli affari conclusi dopo la cessazione del rapporto, ma in relazione a proposte pervenute dall’agente precedente (prima della cessazione del rapporto), l’agente “cessato” conserva invece il diritto alla provvigione.

 

2.4. Clienti “direzionali” (clausola 2.3)

Abbiamo previsto la facoltà per la Società di concludere affari direttamente con determinati clienti, nella zona affidata a ciascun agente. I clienti c.d. “direzionali” debbono essere nominativamente indicati alla clausola 2.3.

Tale clausola è piuttosto frequente nella prassi ed è stata ritenuta legittima anche in giurisprudenza. Inoltre, nel nostro caso, i criteri della correttezza e buona fede (secondo cui deve essere valutato il comportamento delle parti nell’esecuzione del contratto) appaiono pienamente rispettati, laddove i clienti direzionali sono nominativamente determinati ed all’agente è comunque riconosciuta una provvigione (seppure in misura inferiore rispetto a quella ordinaria).

La facoltà di variare unilateralmente ed illimitatamente la lista dei clienti direzionali sarebbe stata, invece, di dubbia tenuta. Una clausola del genere, infatti, avrebbe fatto venire meno l’efficacia vincolante dell’intero contratto per il preponente.

 

2.5. Variazioni unilaterali dell’oggetto del contratto

Abbiamo poi previsto la facoltà della Società di modificare unilateralmente la lista dei prodotti ovvero la zona di attività dell’agente, previo preavviso, che varia a seconda dell’entità della variazione e non è necessario per variazioni minime (v. clausole 5.2 e 5.3).

Tale facoltà è di per sé legittima ed è espressione della libertà della Società di adeguare il contratto di agenzia alle proprie esigenze organizzative.
Vale peraltro quanto appena esposto in merito agli obblighi di correttezza e buona fede che gravano sulle parti. Si precisa, infatti, che sensibili variazioni dell’oggetto del contratto potrebbero determinare una violazione di tali obblighi, con conseguente diritto di recesso per giusta causa in capo all’agente.
Si ritiene, pertanto, che il potere di variare unilateralmente l’oggetto del contratto debba essere contenuto entro determinati limiti.
Per tale motivo, abbiamo escluso modifiche unilaterali che incidano, a sfavore dell’agente, in misura superiore al 30% delle provvigioni maturate dall’agente stesso nell’anno precedente alla comunicazione della modifica contrattuale.

Si noti che gli AEC (di cui abbiamo escluso l’applicazione, ma che possono costituire un parametro cui fare riferimento per valutare la congruità del limite da noi indicato) prevedono che se la variazione incide per più del 20% del valore delle provvigioni l’agente può recedere (e gli sarà dovuto il preavviso da parte del preponente).
In definitiva, osserviamo che variazioni superiori al 20%, pur ammesse dalla clausola da noi redatta, dovrebbero essere valutate dalla Società con particolare attenzione, poiché non è escluso che, in caso di contestazione, tali variazioni possano essere considerate illegittime in un eventuale giudizio.

Precisiamo, infine, che l’effettuazione di reiterate variazioni di entità inferiore alle soglie previste dal contratto, allo scopo di eludere i limiti ivi previsti, sarebbe senz’altro contraria alla buona fede e pertanto illegittima.

 

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