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Avv. Merika Carigi - Garanzia per vizi o difformità nella vendita

Garanzia per vizi o difformità nella vendita: presupposti e rimedi

La compravendita e la garanzia per vizi della cosa venduta

Se acquisto un divano di un certo tessuto e colore, e mi viene consegnato un divano con tessuto e colore diversi rispetto a quelli scelti, posso far valere la garanzia per vizi nella vendita? Posso quindi chiedere la risoluzione del contratto, se del caso addirittura per vendita di aliud pro alio, ovvero la riduzione del prezzo?

Il tema è stato affrontato dalla Sez. II Civile della Corte di Cassazione la quale, con ordinanza del 3 giugno 2020, n. 10456, ha ritenuto che la differenza di colore rientrasse nell’ipotesi di difetto di conformità di lieve entità, previsto dall’ultimo comma dell’art. 130 del Codice del Consumo, che non dà diritto alla risoluzione del contratto, ma solo alla richiesta di riduzione del prezzo di vendita. La stessa pronuncia ha, altresì, formulato il seguente principio di diritto:

L’ipotesi di vendita aliud pro alio sussiste quando il bene consegnato è completamente diverso da quello venduto, poiché appartenente ad un genere differente oppure con difetti che gli impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti“.

Cass. II, 03/06/2020, n. 10456

Approfondiamo insieme il tema, analizzando nel dettaglio quali siano le azioni esperibili dal compratore che voglia far valere la garanzia per vizi della cosa venduta.


§ 1. Nozione di “contratto di vendita”. La garanzia per vizi e la vendita di aliud pro alio

Il contratto di vendita, previsto dall’art. 1470 c.c., è un contratto tra due soggetti, venditore e compratore, che ha ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa e/o un diritto verso il corrispettivo di un prezzo.
Tra le obbligazioni che fanno capo al venditore (art. 1476 c.c.), oltre a quelle di consegnare il bene al compratore e fargli acquistare la proprietà del bene/diritto venduto, vi è anche l’obbligo di garantire il compratore dall’evizione (art. 1483 c.c.) e dai vizi della cosa (art. 1490 c.c.).

In particolare, per quanto riguarda i vizi, il legislatore prevede che la cosa venduta deve essere immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore; pertanto, se il bene presenta dei vizi, il venditore risulterà essere inadempiente all’obbligazione assunta con il contratto e l’acquirente, ai sensi dell’art. 1492 c.c. potrà chiedere, a sua scelta, la risoluzione del contratto (azione redibitoria) o la riduzione del prezzo.

Nel caso in cui la cosa venduta, invece, non abbia le qualità promesse o essenziali per l’uso a cui è destinata il compratore ha diritto di ottenere la risoluzione del contratto, purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi; in difetto, avrà solo diritto ad una riduzione di prezzo (art. 1497 c.c.).

Sia il vizio redibitorio (art. 1490 c.c.) che la mancanza di qualità promesse o essenziali (1497 c.c.) presuppongono entrambi che il bene consegnato sia quello oggetto del contratto, o quantomeno dello stesso genere, e a norma dell’art. 1495 c.c. tali vizi/difformità devono essere denunciati al venditore entro 8 giorni dalla consegna, pena la decadenza dal diritto di garanzia, salvo che il venditore abbia riconosciuto il vizio/difformità o li abbia occultati. L’azione per garanzia, applicabile sia in caso di vizi che in caso di mancanza di qualità, si prescrive, in ogni caso, in un anno dalla consegna (salvo eventuali interruzioni della prescrizione, che fanno decorrere da nuovo il termine annuale).

I vizi e la mancanza di qualità dei beni venduti si differenziano entrambi dalla vendita di “aliud pro alio che, al contrario, si verifica quando il bene consegnato è completamente diverso da quello oggetto del contratto di vendita: il bene appartiene ad un genere differente oppure presenta dei difetti che gli impediscono di assolvere la funzione naturale cui è destinato o quella concreta assunta come essenziale dalle parti. In tal caso l’aquirente potrà chiedere l’esatto adempimento dell’obbligazione oppure la risoluzione del contratto per inadempimento ex art. 1453 c.c., azione quest’ultima che è svincolata dai termini di decadenza e prescrizione previsti dall’art. 1495 c.c. in tema di garanzia nella vendita, essendo invece soggetta, quale ordinaria azione di risoluzione contrattuale, al termine di prescrizione decennale (Cass. I, 05/02/2016, n. 2313).

§ 2. La normativa speciale sulla garanzia per vizi: il Codice del Consumo

Accanto alla disciplina generale prevista dal Codice Civile, in materia di contratti di vendita e garanzia dei beni, qualora si tratti di beni di consumo e l’acquirente sia un consumatore (persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta) è necessario far riferimento alla normativa speciale prevista dal Codice del Consumo (Decreto legislativo 06/09/2005, n. 206), potendosi ricorrere alle norme generali previste dal codice civile esclusivamente in via residuale solo per gli aspetti non espressamente disciplinati dal medesimo.

In tema di contratto di vendita l’art. 129 di tale Codice stabilisce che il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto di vendita ed il successivo art. 130 prevede che il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.

In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, ovvero, ad una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ma solo ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro un termine congruo;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.

L’ultimo comma dell’art. 130 Codice del Consumo prevede, tuttavia, che un difetto di conformità di lieve entità per il quale non è stato possibile o è eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non dà diritto alla risoluzione del contratto: ciò significa che, in tal caso, l’acquirente avrà diritto esclusivamente ad una riduzione del prezzo di vendita.

La tutela prevista per il consumatore dal Codice del Consumo, applicabile solo in caso di vendita di beni di consumo, è più ampia rispetto a quella prevista dal nostro codice civile; infatti l’art. 132 prevede che:

  • il venditore è responsabile, a norma dell’articolo 130, quando il difetto di conformità si manifesta entro il termine di due anni dalla consegna del bene;
  • il consumatore decade dai diritti previsti dall’articolo 130, comma 2, se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto (nel codice civile sono 8 giorni); la denuncia non è comunque necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o lo ha occultato;
  • salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità;
  • l’azione diretta a far valere i difetti non dolosamente occultati dal venditore si prescrive, in ogni caso, nel termine di ventisei mesi dalla consegna del bene (nel codice civile è di un anno); il consumatore, che sia convenuto per l’esecuzione del contratto, può tuttavia far valere sempre i diritti di cui all’articolo 130, comma 2, purché il difetto di conformità sia stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine di cui al periodo precedente.

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§ 3. Un caso concreto di garanzia invocata da un consumatore

Nel caso esaminato dalla Suprema Corte, Tizio aveva ordinato un divano scegliendo una certa stoffa ed un determinato colore, ma il venditore gli aveva consegnato un divano di stoffa e colore diverso (ma sulla stessa tonalità). Tizio inizialmente non lo aveva contestato formalmente, non aveva chiesto né la sostituzione, né la riparazione, né la riduzione del prezzo; tuttavia successivamente aveva chiesto la risoluzione del contratto di vendita per vizi della cosa venduta.

Il giudice di primo grado aveva accolto la domanda di Tizio; il giudice d’Appello, al contrario, aveva riformato la sentenza di primo grado e, in applicazione del Codice del Consumo, aveva rigettato la domanda, ritenendo che la differenza di tonalità tra il colore richiesto e quello consegnato fosse un elemento non essenziale nell’economia del contratto ed integrasse una difformità di lieve entità, inidonea a produrre la risoluzione del contratto così come previsto dall’ultimo comma dell’art. 130.

Da ultimo, la Cassazione Civile, interpellata in ultimo grado dall’acquirente affinché riformasse la sentenza d’appello e dichiarasse la risoluzione del contratto in quanto ipotesi di vendita di aliud pro alio, ha stabilito che tale ipotesi di vendita ricorre solo quando il bene consegnato è completamente diverso da quello venduto, perché appartenente ad un genere differente oppure con difetti che gli impediscono di assolvere la sua funzione naturale o quella concreta assunta come essenziale dalle parti (vedi anche Cass. II, 24/04/2018, n. 10045).

Nel caso di specie, la consegna di un divano dello stesso colore, ma di tonalità diversa da quella pattuita, non costituisce un vizio tale da impedire l’utilizzo del bene secondo la sua destinazione.

La Cassazione ha ritenuto corretto il ragionamento del giudice d’appello che, applicando la disciplina prevista dal Codice del Consumo, aveva qualificato il vizio denunciato sulla base dell’art. 130, ritenendo che fosse ipotizzabile un difetto di conformità di lieve entità che, quando non sia possibile o sia eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non consente di chiedere la risoluzione del contratto. La qualificazione della lieve entità del difetto di conformità è stata basata sia su un criterio oggettivo, in quanto si trattava di diversa tonalità dello stesso colore, sia su un criterio soggettivo, incarnato dal comportamento del compratore, il quale, subito dopo la consegna, aveva inviato i suoi dati per l’emissione della fattura senza svolgere, neanche successivamente, alcuna contestazione del divano al fine di chiederne la sostituzione o la riparazione (anzi, al contrario, l’aveva alienato a terzi).

L’unico rimedio esperibile, dunque, era rappresentato dalla riduzione del prezzo. Tuttavia, poiché l’acquirente, costituendosi nel giudizio d’appello, non aveva riproposto tale domanda, la medesima, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., si intendeva rinunciata.
La Cassazione ha quindi rigettato il ricorso.

§ 4. Conclusione di sintesi: le azioni di garanzia esperibili dall’acquirente

In conclusione, quando acquistiamo un bene che non è perfettamente corrispondente a quello da noi ordinato possiamo far valere la garanzia per i vizi nella vendita e chiedere:

  • la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo se il bene presenta dei vizi che lo rendono inidoneo all’uso a cui è destinato o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore (art. 1492 c.c.);
  • la risoluzione del contratto se il bene non ha le qualità promesse o essenziali per l’uso cui è destinato, qualora tali difformità eccedano i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi (art. 1497 c.c.);
  • la riduzione del prezzo se il bene non ha le qualità promesse o essenziali per l’uso cui è destinato, qualora tali difformità siano lievi (art. 1497 c.c.);
  • risoluzione del contratto o esatto adempimento se il bene è diverso da quello ordinato, cioè appartiene ad un genere differente oppure presenta dei difetti che gli impediscono di assolvere la funzione naturale cui è destinato o quella concreta assunta come essenziale dalle parti (ipotesi di vendita di aliud pro alio, art. 1453 c.c.).

Qualora si tratti di beni di consumo e noi rientriamo nella categoria del cosiddetto “consumatore” in base alla normativa prevista dal Codice del Consumo, se il bene presenti dei difetti di conformità avremo diritto al ripristino, senza spese, della conformità del medesimo mediante riparazione o sostituzione, ovvero, ad una congrua riduzione del prezzo o, infine, la risoluzione del contratto (ma quest’ultima solo se la riparazione e la sostituzione siano impossibili o troppo onerose, oppure il il venditore non vi abbia provveduto entro un termine congruo, oppure infine la sostituzione o la riparazione effettuata ci abbia arrecato notevoli inconvenienti).

Qualora, tuttavia, il difetto di conformità sia di lieve entità, e non sia stato possibile o sia eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non avremo diritto alla risoluzione del contratto, ma solo alla riduzione del prezzo di vendita, come accaduto nel caso oggetto del provvedimento della Suprema Corte che abbiamo esaminato.

Scarica qui l’Ordinanza di Cass. II, 03/06/2020, n. 10456

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